LA PITTURA ROMANICA IN ITALIA
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Pittura romanica in centro Italia: Battistero di San Giovanni a Firenze, chiesa dei Servi di Orvieto, Palazzo Pubblico di Siena, Pinacoteca Nazionale di Siena, chiesa di San Francesco a Pescia.
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Insieme all’iconografia principale, che è quella del Cristo, si sviluppa parallelamente anche quella della Madonna, sempre presente nelle principali pitture delle zone fra Siena e Firenze (città naturalmente comprese).
Qui, prima in forme bizantine alquanto allungate (Madonna di Sant’Andrea a Rovezzano, Firenze) poi, con forme più estese e più cariche di senso plastico (Madonna custodita nel Museo delle Arti decorative di Parigi), la Madonna viene raffigurata in prospettiva rigorosamente frontale, isolata o fiancheggiata dai santi e/o da altre sacre composizioni.
Il pittore Coppo di Marcovaldo, una delle più grandi figure della pittura dell’Italia centrale del XIII secolo – prigioniero dei senesi in seguito alla battaglia di Montaperti (1260) – ricerca un proprio linguaggio “senese” senza scostarsi troppo da quello bizantino, nonostante la sua chiara aspirazione al plasticismo. I suoi colori sono ricchi di luminosità, talvolta sfolgorante come ad esempio quelli stesi nel Giudizio Universale (Inferno) del Battistero di San Giovanni a Firenze, o meglio ancora nella Madonna col Bambino custodita nella chiesa dei Servi di Orvieto.
A Siena, con il modello della rappresentazione frontale, rintracciabile in antichi esemplari, incontriamo la Pala di Guido da Siena, da lui totalmente realizzata, ma in gran parte modificata nella parte mediana dal restauro di un pittore del Trecento, appartenente alla corrente duccesca (o dallo stesso Duccio).
Nasce il modello “Odegitria” (dal greco = guida, cioè colei che indica la via…) che continueremo a vedere nella pittura per oltre un cinquantennio. Nonostante si rilevi nella pala di Guido da Siena una certa dose di macilenza, le fragili ed ideate immagini degli angeli, collocate alla sommità, sono piene di vita, come pure i tre mezzi busti della cuspide finale.
Il XIII secolo è un periodo di grande religiosità, che vede nelle rappresentazioni pittoriche l’immagine sacra unita alle storie della vita. Questo con il tempo stimolerà la ricerca di un linguaggio narrativo, non necessariamente legato alle tematiche religiose.
Il sentimento di umana fratellanza che diffonde la figura di san Francesco aiuta lo stesso Santo a diventare popolare. Infatti, già prima della sua beatificazione nella piccola grotta del Sacro Speco (Santuario di Poggio Bustone) di Subiaco viene dipinto e narrato.
Più tardi Bonaventura Berlinghieri (1210-1287, figlio di Berlinghiero), su commissione della chiesa di San Francesco a Pescia, lo rappresenta nel 1235 su tavola lignea, perfettamente collocato al centro, in piedi, in un atteggiamento rigorosamente ieratico, austero, allungato nella forma, quasi un’improvvisa apparizione, stagliato su un fondo aureo che non riporta le sue ombre, come sospeso.
Il Santo è fiancheggiato dalle narrazioni riguardanti la sua vita. La figura di San Francesco si ritrova in più tavole e spesso accompagnata dalle sue storie, che talvolta si incrementano come nella pala in Santa Croce a Firenze. L’atmosfera che vi si respira è naturalmente quella bizantina.