Marcel Duchamp (Blainville, Rouen, 1887 – Neuilly-sur-Seine 1968)
La foto sopra raffigurata è a bassa risoluzione ed è stata inserita al solo scopo didattico.
Cenni biografici
Fratello del pittore cubista Jacques Villon (Blainville-Crevon, 1875 – 1963) e dello scultore Maurice-Raymond Duchamp (Damville, 5 novembre 1876 – Cannes, 9 ottobre 1918), anch’esso cubista, Marcel è considerato uno dei massimi esponenti dell’arte novecentesca.
L’artista in esame influenzò pesantemente le avanguardie anticipando anche i vari movimenti artistici che si succedettero nel secondo dopoguerra.
Marcel realizzò dipinti alquanto provocatori, tra i quali ricordiamo il Nu descendant un escalier n. 2 (anno 1912), che alla sua presentazione suscitò la sensibilità del pubblico provocando grande scandalo.
Duchamp è la maggiore figura – più intelligente, provocatoria e controversa – del movimento dadaista e viene considerato come un prototipo di “artista totale”. Il suo contributo nel campo pittorico è assai piccolo se paragonato a quello dato all’intero mondo dell’arte. Nella sua lunga carriera artistica si occupò, infatti, oltre che di pittura (passando attraverso il fauvismo ed il cubismo) anche di scultura.
Fu animatore, oltre che del dadaismo, del movimento surrealista e dette poi origine all’arte concettuale, creando l’assemblaggio ed il ready-made.
Alcune riflessioni di Marcel Duchamp:
La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva.
Volevo far sì che la pittura servisse ai miei scopi e volevo allontanarmi dal suo lato fisico. A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi. Volevo riportare la pittura al servizio della mente.
Il futurismo era l’impressionismo del mondo meccanico. A me questo non interessava.
Di fatto fino a cento anni fa tutta la pittura era stata letteraria o religiosa: era stata tutta al servizio della mente. Durante il secolo scorso questa caratteristica si era persa poco a poco. Quanto più fascino sensuale offriva un quadro – quanto più era animale – tanto più era apprezzato.
Io ero talmente conscio dell’aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare. Per approccio retinico intendo il piacere estetico che dipende quasi esclusivamente dalla sensibilità della retina senza alcuna interpretazione ausiliaria.
Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio.