Giovanni Segantini: L’Ave Maria a trasbordo
Sull’opera: “Ave Maria a trasbordo“ è un dipinto autografo di Giovanni Segantini realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1886, misura 120 x 93 cm. ed è custodito (Proprietà privata San Gallo).
Non si è mai saputo perché il Segantini nella lettera-catalogo (Maloja, 29. 5.1898) a Domenico Tumiat non abbia citato la presente opera; nel 1889 fu menzionata dal critico d’arte Primo Levi in occasione del quinquennio 1886-90 sull'”Applicazione del divisionismo per aumentare la luminosità” specificando la “rifacitura della prima del 1882 in formato maggiore”; nel 1902 il Servaes la catalogò con il numero 70 e, come appartenente a Ernst Konigs a Colonia.
La tela fu interamente realizzata a Savognino mentre l’artista soggiornava presso la residenza di Vittore Grubicy, lo studioso che per primo considerò l’“Ave Maria a trasbordo” come la prima pittura divisionista di Segantini, avendolo egli stesso incitato nella nuova tecnica. In una lettera di Grubicy del 24/5/1910 indirizzata a Benvenuto Benvenuti si legge: “E qui cominciò lo studio e l’allenamento lungo per impossessarmi del maneggio dell’istrumento nuovo (parlando appunto del divisionismo), come avevo fatto fare a Segantini nell’86 a Savognino quando gli feci rifare a divisionismo il quadro dell’Ave Maria deperito. Ma in effetti in questa seconda “Ave Maria a trasbordo”, nonostante il palpabile mutamento della tecnica nella stesura dei colori, che diventa frammentata e mossa, sono appena percepibili gli effetti dei colori complementari, necessari per poter considerare l’opera come appartenente alla pittura divisionista. Grubicy continuava nella lettera: “Ricordo che in quel tempo io avevo la visione chiara e sicura di questo procedimento in pittura: ma ero in pari tempo convinto che — nell’applicazione pratica di esso — ogni artista doveva trovarsi il proprio mezzo di estrinsecazione. In modo che, mentre stavo guardando Segantini a distendere i suoi filamenti di colori netti, costruendo con dei tratti circolari [qui la lettera porta un disegno composto di semicerchi concentrici superiori a un grosso punto] il cielo della sua Ave Maria, ricordo perfettamente che nel mio spirito dicevo: va benissimo anche così, ma sono certo che se la facessi io, la strada che io farei — per arrivare allo stesso scopo — sarebbe tutta diversa; che le mie pennellate sarebbero messe giù in tutt’altro modo, senza che io lo sapessi in quale modo, ma avendo solo la cortezza che sarebbe stato fondamentalmente diverso per la semplice ragione che in quello dell’amico vedevo già un procedimento premeditato, mentre io sentivo che mi sarei abbandonato alla casualità, pur riconoscendo che la sua era una strada più rapida e sicura per arrivare allo scopo ma non dubitando che la mia avrebbe avuto per risultante quel mistero d’esecuzione che invece in Lui [sic] era decifrabile perché appunto da lui fatto con procedimento o metodo”.
Il dipinto fu esposto nel 1956 a San Gallo con il numero 59; nel 1958 ad Arco.