Goya (Fuendetodos, Saragozza, 1746 – Bordeaux 1828)
Pagine correlate: Le sue opere – Il periodo artistico e la sua pittura – Bibliografia.
Nel 1763 all’età di 17 anni Goya si reca con il padre, modesto artigiano doratore, a Madrid. Alcuni anni dopo, nel 1770, si trova in Italia.
Nello stesso anno ottiene la nomina di “Accademico di San Fernando”, quindi di pittore principale di re Carlo IV.
Nel 1792, un’aggressiva quanto non precisata malattia gli rovinerà in modo permanente l’udito.
Nel 1811 riceve dal re Giuseppe Bonaparte l’Ordine reale di Spagna. In seguito alla disfatta napoleonica, nel 1815, il pittore viene riammesso alle sue mansioni e retribuzioni, dopo avere superato con successo un vasto processo di epurazione.
Nel 1825 Ferdinando VII restaura l’assolutismo, e proprio per questa ragione Francisco Goya y Lucientes lascia Madrid e si trasferisce a Bordeaux, dove porterà a termine la sua proficua attività.
In Goya si coordinano i due aspetti principali del movimento romantico, cioè la visione e l’approfondimento della conoscenza oltre confini della vita più profonda, e l’integrazione storica.
Il Colosso (1808-12) è un “deus ex machina” che rasenta le sommità estreme del cielo e domina un orizzonte pieno di gente che scappa in ogni direzione: l’uomo è lasciato indifeso in preda alle forze devastatrici degli istinti.
Saturno mangia ferocemente il proprio figlio (olio su tela, 146 x 83 cm. Madrid, Museo del Prado, 1821-23), proprio come agisce la Spagna con la propria gente.
Alla favola si aggiungono le carneficine, le brutalità, le violenze carnali, gli omicidi, le empietà e i delitti, le cui responsabilità erano condivise sia dai francesi che dagli spagnoli, nel corso l’occupazione napoleonica.
Ebbene, Goya tra il 1810 e il 1820 raffigura in una varietà di “reportage” le sciagure della guerra! Nelle incisioni dei “Capricci” nel 1799, l’artista si svuota della gaiezza di sovente presente nelle sue opere aventi gli stessi titoli di quelle di Fragonard, di Tiepolo, del Guardi. L’elemento tenebroso, immaginario e irrazionale, predomina in lui. Egli stesso si domanda il perché della sovrabbondanza di immaginazione nel 43° “Capriccio”, dove addirittura esegue la propria immagine nel momento in cui è oppressa dal «sonno della ragione». Il Goya posa il capo su un basamento ben solido, simbolo dell’ordine del mondo, mentre è in preda ad orribili incubi notturni.
«Il sonno della ragione genera mostri», è scritto; ma Goya aggiunge in un’annotazione: «L’immaginazione abbandonata dalla ragione genera mostruosità; insieme costituiscono la madre delle arti e l’origine delle meraviglie». Questa espressione riassume l’ideale artistico di tutto il Romanticismo, per il quale l’arte non “redime” niente di ciò che nella vita è sofferenza, malattia, morte, pazzia, irrazionalità, incoerenza, ma al contrario deriva dalla stessa origine, come fossero una cosa unica. Goya controlla il suo periodo con una competenza artistica straordinaria, sia nel disegno sia nella pittura.
L’artista è un mirabile realizzatore di tematiche armoniose cui viene lasciato un marchio di trepidazione mai conosciuto nelle iconografie settecentesche.
Anche dipingendo scenari alla luce del sole, ragazzi mentre stanno giocando, giovanotti innamorati e deliziose giovinette che fanno le smorfiose sotto l’ombrellino, simpatiche principesse nell’intimità del clima familiare, nel dipinto circola sempre un senso alto e virile d’intensa osservazione sulla gracilità, sulla bellezza e sulla gioia che pur dovranno terminare.
Il processo riassuntivo del paesaggio è fra le altre tematiche che la sua pittura adotta; la serie di ritratti rivela che Goya è un eccellente psicologo che scruta tutte le pieghe dell’anima – l’arroganza e la superficialità, il fascino e la sensazione di vuoto – anche laddove dovrà eseguire opere ufficiali tipo quella riservata alla Famiglia di Carlo IV (Madrid, Prado, 1800-01).
La sua tecnica impiegata per il carnato (sua è la “Maja desnuda”, forse il nudo di donna più famoso in tutta la storia dell’arte, 1800) ispirerà in modo decisivo la pittura tardo-romantica e quella impressionistica. Tutte le tematiche, tutte le forme e il lessico integrale del Romanticismo, conoscono in Goya un genere di sintesi insuperata per l’ampiezza del corpus pittorico e l’intensità attinta dalle sue forze tecniche ed espressive.