Umberto Boccioni: Elasticità (Collezione Jucker)
Alla pagina della prima serie di opere di Umberto Boccioni
Sull’opera: “Elasticità” è un dipinto autografo di Umberto Boccioni realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1912, misura 100 x 100 cm. ed è custodito nella Collezione Jucker di Milano.
L’opera fu esposta al pubblico nel 1913, a Roma e a Rotterdam; due anni più tardi a San Francisco. Il Boccioni la inserisce nel suo libro “Pittura, scultura futurista“ edito nel 1914.
Anche questa composizione, come le precedenti, rivela che l’artista è ancora occupato a risolvere il problema della dialettica tra figura ed elementi ambientali, e, al centro della sua ricerca sta proprio l’integrale realizzazione del “dinamismo universale” e la preoccupazione di creare il plasticismo simultaneo: il ritmico pulsare dell’animata superficie che assimila in sé quel poco di veristico ormai rimasto nelle figure del cavallo e cavaliere in corsa.
Il Boccioni scriveva:
” ….non c’è nulla di immobile nella nostra moderna intuizione della vita” e poi “…… un cavallo in movimento non è un cavallo fermo che si muove, ma è un cavallo in movimento, cioè un’altra cosa che va concepita ed espressa come una cosa completamente diversa. Si tratta di concepire gli oggetti in movimento oltre che nel moto che portano in sé. Cioè si tratta di trovare una forma che sìa l’espressione di questo nuovo assoluto: la velocità, che un vero temperamento moderno non può trascurare. Si tratta di studiare gli aspetti che ha assunto la vita nella velocità e nella conseguente simultaneità”. e poi sul dinamismo …. ” ….. la concezione lirica delle forme interpretate nell’infinito manifestarsi della loro relatività tra moto assoluto e moto relativo, tra ambiente e oggetto, fino a formare l’apparizione di un tutto: ambiente più oggetto. È la creazione di una nuova forma che dia la relatività tra peso ed espansione, tra moto di rotazione e moto di rivoluzione, insomma è la vita stessa afferrata nella forma che la vita crea nel suo infinito succedersi”: e nella ricerca di tale “infinito succedersi” l’oggetto si sdoppia, si moltiplica, non secondo un meccanico grafico del movimento, bensì nell’incessante proporsi in situazioni emozionali-spaziali, concreti “stati d’animo plastici” diversi. Anziché la traduzione grafica dell’inverarsi del moto nella retina dell’osservatore, abbiamo un martellante rapporto oggetto-spazio: di urti, incastri, tangibili presenze plastiche che ci traggono nel giro della loro coinvolgente spazialità. L’immagine del “moto universale” è raggiunta da Boccioni “attraverso la ricerca intuitiva della forma unica.