Tobiolo e l’angelo: Bottega del Verrocchio
Sull’opera: “Tobiolo e l’angelo,” è un dipinto attribuito a Andrea del Verrocchio ed alla sua bottega, realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1470-80, misura 84 x 66 cm. ed è custodito nella National Gallery di Londra.
Dal Libro di Tobia si ricava che l’angelo Raffaele – riportato come arcangelo solamente nelle scritture apocrife – venne implorato da Tobi, un uomo povero, onesto e cieco, affinché conducesse suo figlio Tobiolo in un luogo lontano da casa per la riscossione di dieci talenti d’argento, che contrattò dieci anni prima.
L’angelo, senza mai rivelarsi come tale, assistette il ragazzo per tutto il viaggio indicandogli punto per punto la via più sicura da seguire, salvandolo più volte. Alla fine della vicenda Tobiolo seppe dallo stesso Raffaele che egli era un angelo.
Tobia – questo è il vero nome del fanciullo – è raffigurato a destra mentre viene accompagnato a braccetto dall’angelo Raffaele, come nel dipinto di Piero (o probabilmente di Antonio) del Pollaiolo realizzato circa un decennio prima (1465-1470). Nelle due composizioni l’angelo ha già rivelato la sua natura, mostrando le ali, ed il fanciullo ha già un approccio di confidenza con lui. Tobiolo è vestito elegantemente con abito succinto, mantello blu scuro mosso dal vento, calzoni di un rosso acceso ed aderenti stivali da viaggio.
Come descritto nel Libro, esso reca ancora il pesce catturato nel Tigri con il sostegno dell’angelo. Il pesce è destinato al padre che per guarire la sua cecità vi estrarrà la bile. Anche il cagnolino – come compagno di viaggio di Tobia, ma raffigurato al lato dell’angelo – è stato tratto dall’episodio tradizionale.
Sulla paternità autografica della composizione, ove è ancora vivo il dibattito, c’é la tendenza a a riferirla alle opere di bottega del Verrocchio: alcuni studiosi hanno ipotizzato che ci fosse stato almeno un intervento di Leonardo [Articolo del Corriere della Sera del 17 agosto 1998: “Ma qui c’ è la mano di Leonardo”], così come fu nella realizzazione del “Battesimo di Cristo“. In particolare risaltano varie zone con elementi tratti dallo studio dal vero, come il realistico atteggiamento – scattante – del cagnolino e le perfette squame del pesce di Tobia, che sono state ipotizzate come come dipinte dal grande allievo, anche se non proprio del tutto condivise [Magnano, cit. pag. 14].