Paolo Uccello: Monumento a Giovanni Acuto
Sull’opera: “Monumento a Giovanni Acuto” è un dipinto autografo di Paolo Uccello realizzato con tecnica a fresco su muro (attualmente su tela) nel 1436, misura 820 x 515 cm. ed è custodito nella Chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze.
L’affresco in esame è stato trasferito su tela nel 1842. Sul sarcofago si legge: “IOANNES. ACVTVS. EQVES BRITANNICVS. DVX. AETATIS. SVAE. CAVTISSIMVS. ET, REI. MILITARIS. PERITISSIMVS EST.”, a cui segue la firma dell’artista, “PAVLI VCCELLI. OPVS”.
Su di un sarcofago che funge da saldo piedistallo, strutturato seguendo regole prospettiche atte ad una perfetta visione dal basso (si consideri gli otto metri in altezza di tutto l’insieme), si erge il maestoso monumento equestre di Giovanni Acuto, contro un fondo scuro, meditato per esaltarne le figure.
Esso segue una prospettiva frontale, diversa da quella del piedistallo (visto dal basso). Il risultato ottenuto è quello che cavallo e cavaliere vengono visti non in scorcio, dando così l’impressione che entrambi stiano cadendo verso l’osservatore. Si noti a tal proposito gli zoccoli delle zampe sinistre del cavallo, che dovrebbero essere nascosti. Inoltre si dovrebbe avere una più ampia visione della pancia dell’animale e della pianta del piede di Giovanni Acuto.
Per l’effigiato, sir John Hawkwood detto l’Acuto, ancor prima della sua morte, avvenuta nel 1394, la Signoria di Firenze aveva deliberato la costruzione di un monumento scultoreo all’interno del duomo, in onore del grande condottiero per i servigi resi, nonché per la vittoria nella battaglia di Cascina del 28 luglio 1364.
Il 2 dicembre 1395 venne affidato l’incarico per la realizzazione ad affresco dell’opera in esame (nel documento si parla anche del monumento di Piero Farnese) ai pittori Giuliano d’Arrigo detto il Pesello (Firenze, 1367 – 1446) ed Agnolo Gaddi (1350 – 1396). All’originario progetto, quindi, si sostituiva una raffigurazione pittorica.
La questione venne poi ripresa dagli Operai del duomo nel 1433, che dopo qualche anno, il 30 maggio 1436, ordinarono a Paolo Uccello di rinnovare completamente in “terra verde” l’affresco dei pittori D’arrigo e Gaddi, ormai irrimediabilmente compromesso. Si pensa che il lavoro, già in stato di avanzata esecuzione, di Paolo non fosse piaciuto alla committenza che, il 28 giugno, gli pregò di rimuovere cavallo e cavaliere “quia non est pictus ut decet”.
L’incarico di dipingere una nuova rappresentazione gli fu affidato il 6 luglio, mentre da un documento si ricava che alla fine di agosto l’opera era già stata portata a termine.
Il pittore ricevette un doppio compenso che comprendeva anche il primo lavoro. Il 17 dicembre dello stesso anno, la stessa committenza ordinò a Paolo di sostituire la grafia della scritta sul sarcofago, redatta da Bartolomeo di ser Benedetto Fortini.
Quando, dieci anni dopo, Andrea del Castagno (Castagno, 1421 circa – Firenze, 1457) realizzava un’analogo affresco con la figura di Niccolò da Tolentino, Paolo Uccello – secondo il Longhi – avrebbe ricorretto il cavallo e rinfrescato varie zone dell’opera in esame, che fu restaurata da Lorenzo di Credi (Firenze, 1459 – 1537) nel 1524.
Il Salmi ipotizza invece che tale restauro fosse limitato al solo cavallo, mentre Reymond lo riferisce esclusivamente alla cornice, il cui schema, in effetti, risale ai primi decenni del Cinquecento.
L’affresco fu sottoposto ad un altro restaurato nel 1688 (fonte: Baldinucci, 1728).
Nel 1842 venne rimosso dal muro e trasferito su tela e, quindi, appeso alla parete interna corrispondente alla facciata del duomo. Nel 1947 fu collocato nella sede originaria, sulla parete ovest.