La pittura del nord e del centro Italia nel Tardo Rinascimento.
Pagine correlate: Pittura veneta del Cinquecento e Pittori veneti del Cinquecento – Pittura del Cinquecento nord e centro 1 – Pittura del nord e centro del Cinquecento pag. 2 – al primo Cinquecento – al Cinquecento e Manierismo – al Rinascimento europeo – Correggio e i Pittori romagnoli del medio Rinascimento.
Nelle opere di Federico Fiori, di origine urbinate, meglio conosciuto come il Barocci (1528-1615), si evidenzia un linguaggio figurativo un po’ fuori dalle righe e ricco di ripercussioni estetiche.
La sua formazione artistica si compie sotto la guida dell’eclettico Bartolomeo Genga e di Battista Franco (un mediocre pittore imitatore della pittura michelangiolesca).
Il Barocci è molto influenzato dal Correggio, che ama in modo assai particolare, ed ha un cromatismo più morbido e dolce rispetto a quello dei suoi contemporanei attivi in Italia centrale.
Nelle iridescenze delle striature e nei cangianti effetti chiaroscurali, caratteristiche proprie dei fiorentini e dei senesi, si riconoscono anche gli influssi cromatici del Beccafumi, elaborati ed addolciti con delicate gradazioni, frutto della sensibilità settentrionale, tanto che la spettacolarità tendente al barocchesco prende una valenza che molto si avvicina a quella del pastello.
Il Barocci inoltre, evidenzia il movimento in strutture figurative alla stessa stregua di Raffaello e del Correggio.
Si ricorda a proposito la “Deposizione” per il Duomo di Perugia (di sapore preseicentesco) e la pala della “Madonna del popolo” per Pieve di Arezzo (attualmente agli Uffizi), una struttura compositiva alquanto complessa e contrastata, di evidente stampo correggesco, nonostante la manierata raffinatezza dei particolari. L’intelaiatura di quest’opera avrà una grande rilevanza per i toscani.
Frammenti
Il Barocci ha formato moltissimi allievi in Umbria (Felice e Vincenzo Pellegrini), nelle Marche (A. Lilli, Alessandro Vitali, Antonio Viviani detto il Antonio il Sordo), in Toscana (Ventura Salimbeni, F. Vanni, P. Sopri, A. Casolani) e in Romagna (Giovanni Laurentini, conosciuto come Arrigoni).
Nelle regioni del Nord-Italia, compreso naturalmente il Veneto, la pittura di Giulio Romano trasmette una certa formazione “centrale” nel campo della decorazione, come si vedrà in seguito a proposito della pittura veneta di questo periodo. Anche la città di Cremona, dove già dagli inizi del secolo era sbocciato Galeazzo Campi (1475-1536) con suo figlio Giulio (1502-1572), risente il Tardo-Rinascimento, subendo soprattutto gli influssi del Correggio, Giulio Romano e del Parmigianino (affreschi di Santa Margherita, specialmente quelli realizzati nella cupola di San Sigismondo con scorci al limite del verosimile).
Antonio Campi (1524-1587), fratello minore di Giulio, oltre che pittore, è architetto, scultore e storico della sua città. Egli manifesta maggiore versatilità e sente ancor di più l’ambiente raffaellesco mantovano (Pitture di San Pietro a Cremona e Pitture di San Paolo a Milano). Vincenzo (1536-1591), il più piccolo dei fratelli Campi, ha una vita artistica ambivalente perché sceglie di realizzare pale d’altare – per le quali si richiede grande impegno ed alta sensibilità – unite ad un impensabile lato pagliaccesco delle sue famose scene di genere, dove appaiono volti caricaturali e grotteschi, con donne ammiccanti e procaci che richiamano quel genere di pittura fiamminga piena di significato erotico.
Bernardino Campi (1522-1584, altre fonti indicano 1520-1591), cugino dei fratelli sopra menzionati (altre fonti lo escludono), compie la sua formazione nella città di Mantova sotto la guida di Ippolito Costa.
Bernardino sente molto gli influssi di Giulio Romano, e le sue composizioni, meno equilibrate negli affreschi di San Sigismondo, raggiungono una certa eleganza nelle raffinate raffigurazioni delle pale d’altare, dalle quali si evidenziano accenti parmigianeschi.
Altri pittori operanti nello stesso ambiente, di cui ricordiamo soltanto il nome, sono: il suo discepolo G. B. Trotti meglio conosciuto come il Malosso, Camillo Boccaccino, il pavese Bernardino Gatti detto il Soiaro, la ritrattista cremonese Sofonisba Anguissola ed il celebre ritrattista G. P. Lomazzo.
Marcello Venusti, inizia con una formazione di stampo lombardo, ma svolgendo la sua attività artistica a Roma, diventa michelangiolesco. Anche Lelio Orsi da Novellara, che aveva impostato la sua formazione orientandosi decisamente verso il Correggio, finisce col il diventare michelangiolesco.
Pellegrino Tibaldi (1527-1596) oltre che pittore è un celebre architetto. Compie la sua prima formazione presso la scuola Bagnocavallo di Bologna e prosegue, come pittore, negli ambienti romani. Nei suoi scorci egli inserisce indifferentemente, in un largo stile, gli accenti della pittura di Raffaello, Correggio e Michelangelo (affreschi dell’Archiginnasio e del palazzo Poggi a Bologna e della Biblioteca dell’Escuriale).
Niccolo dell’Abate di origine modenese, sente molto gli influssi dei ferraresi e del Correggio, e soprattutto del Dosso. Il suo smagliante cromatismo subisce una grossa trasformazione quando, recandosi in Francia, sente le influenze di una pittura virtuosa e fredda, appartenente al bolognese Primaticcio.
Fra i molti pittori minori degli ambienti emiliani e romagnoli (ricordiamo alcuni come i Fontana, Scarsellino, Ercole Procaccini) Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540) è certamente il più celebre.
Nonostante la sua formazione di stampo correggesco, egli gode di un vitale dinamismo artistico proprio entro l’ambito di questo eccezionale periodo, tentando di integrare il tronco correggesco con il raffaellismo, dal quale si nutre direttamente nei suoi soggiorni romani dal 1523 al 1527. Egli dà origine ad un suo linguaggio altamente intellettualistico (che ha poco a che fare con quello accademico) in raffinate composizioni con allungate figure, realizzate con tratto preciso e sciolto (egli è anche un abile incisore), colorate con un morbido biondo, mosso da vibrante luminosità.
Il Parmigianino possiede una grande abilità decorativa come dimostrano gli affreschi nella chiesa della Steccata a Parma con santi, profeti e allegorie e quelli nel castello dei Sanvitale a Fontanello (realizzati intorno agli anni 1534-36) col mito di Diana e di Atteone.
Grandi doti di disegnatore e di vigoroso colorista, il Mazzola lo dimostra nel campo della ritrattistica (Schiava turca della Pinacoteca di Parma, l’autoritratto agli Uffizi, il Cavaliere di Calatrava alla Galleria Tadini a Lovere, il supposto Malatesta Buglioni nel Museo di Vienna, l’Antea del Museo Nazionale di Napoli). Il suo linguaggio artistico, quello cioè delle tematiche religiose delle pale e degli affreschi, è assai apprezzato nelle regioni del Nord-Italia durante tutto tardo Rinascimento.
In Liguria è da molto tempo che continua la tradizione di Perin del Vaga (1501-1547) con pittori come Lazzaro Calvi, Andrea ed Ottavio Semino ecc. nonché la tradizione del Beccafumi e di altri pittori senesi che operavano a Genova insieme a pittori venuti da altre regioni italiane. Nel gruppo locale si evidenzia Luca Cambiaso (1527-1585) originario di Moneglia, formatosi sotto la guida del padre Giovanni e del Bergamasco (al secolo G.B. Castello). Nella sua pittura egli combina la propria maniera con accenti diversi, da Michelangelo al Correggio, dal quale trae gli effetti di luce notturna come testimoniano l’Adorazione del Bambino nella Pinacoteca di Brera ed il Cristo davanti a Caifa all’Accademia Ligustica a Genova. Ma il Cambiaso diventa famoso soprattutto per la sua maniera decorativa, decisa e largamente spaziata (affreschi del palazzo Imperiale e del palazzo Parodi a Genova). L’ultimo periodo della sua vita lo passa in Spagna per decorare l’Escuriale.