Pinturicchio: Dipinti nell’Appartamento Borgia di Pinturicchio
Sull’opera: L’Appartamento Borgia è costituito da sei ambienti di monumentale rilievo, ubicati nel Palazzo Apostolico del Vaticano, facenti attualmente parte del percorso degli omonimi Musei dove viene in parte esposta, dal 1973, la Collezione d’Arte Religiosa Moderna.
Descrizione e storia
L’appartamento Borgia venne ideato dallo stesso Alessandro VI (Xàtiva, 1431 – Roma, 1503) come residenza con la propria famiglia.
L’imponente decorazione interna, costituita da un grandioso ciclo di affreschi, è di Pinturicchio e suoi assistenti, collocabile nel periodo 1492-1494.
Alla morte del papa le stanze del pregiato appartamento furono di fatto abbandonate e poi, soltanto nel corso dell’Ottocento, riaperte al pubblico.
Nel cuore dei Palazzi Vaticani si trova la parte quattrocentesca fatta edificare sotto il pontificato di Niccolò V (Sarzana, 1397 – Roma, 1455). È qui che papa Alessandro VI fece ristrutturare e decorare sei grandi sale, che poi presero il nome di “Appartamento Borgia“. In tale occasione fu aggiunta anche una torre, che più tardi venne ridimensionata in altezza e trasformata.
La decorazione delle pareti venne affidata a Pinturicchio, che la portò a compimento in tempi rapidissimi, grazie ad un articolata ed efficiente equipe di aiuti.
I lavori iniziarono intorno agli ultimi mesi del 1492 e furono portati a compimento nel 1494. Si trattò dell’incarico più impegnativo di tutta carriera artistica del pittore, un progetto monumentale che poteva essere sminuito soltanto di fronte al ciclo della Cappella Sistina.
Pinturicchio dovette integrare – come gli si chiedeva, forse dettato dagli stessi intellettuali presso la corte papale [Acidini, cit., pag. 193] – la strutturazione iconografica della dottrina cristiana con spunti di gusto archeologico in voga a quei tempi nella capitale.
I temi scelti sono ritenuti più o meno tradizionali: vi appaiono Apostoli, Profeti e Sibille, Arti Liberali, narrazioni relative alla vita di Maria con Gesù e Santi, motivi mitologici paganeggianti inseriti appositamente come allegorie atte celebrare il committente.
Tra i numerosi artisti che parteciparono alla grandiosa impresa si ricordano Piermatteo d’Amelia (morto intorno al 1508) o un suo seguace, Raffaellino del Garbo (San Lorenzo a Vigliano, 1466 – Firenze, 1524), Antonio del Massaro da Viterbo detto il Pastura (Viterbo, 1450 circa – Viterbo, prima del 1516), Niccolò di Bartolomeo della Bruggia (1470 – 1538), Tiberio d’Assisi (1470 – 1524) e Morto da Feltre (Feltre, 1480 ca – Zara o Venezia, 1527).
Le stesure autografe del Pinturicchio sono tutte concentrate nelle ultime stanze, indicate come “camere segrete” poiché adibite ad esclusivo accesso al papa ed a pochi suoi intimi: la “Sala dei Santi” e la “Sala dei Misteri” [Acidini, cit., pag. 195]
La bellissima decorazione, citata anche nelle Vite, non suscitò grandi interessi nell’arte romana del primo Cinquecento, probabilmente per la scarsa diffusione dovuta alla difficile accessibilità di quegli ambienti [Acidini, cit., pag. 192].
Giulio II (Albisola, 1443 – Roma, 1513), il successore di Alessandro VI, abbandonò l’Appartamento e chiamò Raffaello per una nuova impresa pittorica con il chiaro scopo di superare qualitativamente il lavoro del proprio predecessore. Lo stesso Vasari, a proposito dell’appartamento abbandonato, scriveva che alla sua epoca (cioè negli anni della seconda edizione delle Vite, 1568) gli stucchi dorati erano già in parte danneggiati. Più tardi Leone X (Firenze, 1475 – Roma, 1521) chiamò i pittori Giovanni da Udine (Udine, 1487 – Roma, 1561) e Perin del Vaga (Firenze, 1501 – Roma, 1547) per affrescare la “Sala dei dei Pontefici” dello stesso appartamento dopo un crollo avvenuto nel 1500 dovuto forse all’incuria.
Nel corso dell’Ottocento i locali furono adibiti a biblioteca personale del cardinale Angelo Mai e la decorazione di Pinturicchio, in gran parte rovinata dall’umidità, fu per la prima volta (1889-1897) sottoposta ad opera di restauro, su iniziativa di Leone XIII (Carpineto Romano, 1810 – Roma, 1903).
L’incarico venne affidato al pittore preraffaellita Ludwig Seitz, che vi intervenne con vaste ridipinture nelle volte e sulle pareti, ove primeggiavano ricchi “trompe l’oeil” raffiguranti armadietti a muro e arredi vari.
Nel 1897 l’Appartamento fu per la prima volta reso accessibile al grande pubblico. Questo stimolò l’interesse degli studiosi a tal punto che si moltiplicarono le ricerche sui pittori che vi parteciparono, soprattutto su Pinturicchio, senza che si giungesse però a una definitiva soluzione sul fatto delle attribuzioni, tuttora del tutto aperto [Acidini, cit., pag. 193].
Nel Novecento, in un nuovo restauro, vennero accuratamente rimosse le varie ridipinture riportando le zone impropriamente ricoperte alle antiche raffigurazioni.
Con l’apertura della Collezione d’Arte Religiosa Moderna oggi rimane però alterato il gracile equilibrio quattrocentesco, nonostante la recente drastica riduzione di opere moderne, rispetto al percorso espositivo originario.
Le raffigurazioni delle decorazioni
Presunto ritratto di Lucrezia Borgia nella Disputa di santa Caterina (particolare), Sala dei Santi, Appartamento Borgia.
Seconda volta, appartenente alla Sala dei Santi: Osiride viene ucciso, Iside ricompone il suo corpo e organizza i funerali, la manifestazione del bue Api e la processione col suo idolo.