Biografia del Pinturicchio – 2
Pagine correlate all’artista: Opere del Pinturicchio – Elenco completo delle opere del Pinturicchio – Periodo artistico 1 – Periodo artistico 2 – Filippino Lippi, Sandro Botticelli – Girlandaio – Signorelli – Pinturicchio dalle Vite di Giorgio Vasari (pdf) – Bibliografia.
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La decorazione della Cappella Bufalini
La prima grande esperienza artistica di Pinturicchio fu la decorazione a fresco nella “Cappella Bufalini” della chiesa romana dell’Aracoeli, ove vi raffigurò il ciclo con Storie di san Bernardino.
Tali lavori sono generalmente collocati intorno al triennio 1484-1486. Infatti a nella piazza romana, in quel preciso periodo, data la carenza di grandi maestri, si ricercavano validi aiuti esterni per la realizzazione di opere di una certa importanza.
Questo stato di cose favorì certamente l’ascesa di nuovi pittori. Tuttavia è doveroso ricordare che Pinturicchio fu chiamato per il lavori nella chiesa dell’Aracoeli dal committente Riccomanno Bufalini (meglio conosciuto come Niccolò Manno), avvocato concistoriale a Roma e di provenienza umbra (Città di Castello). Questi, che da tempo conosceva le grandiose doti dell’artista, aveva già stabilito con lui un forte rapporto di fiducia, tanto che intorno al 1480 si fece realizzare una Madonna (“Madonna Bufalini”, Pinacoteca comunale di Città di Castello) [Acidini, cit., pag. 175].
Gli affreschi, dedicati alla vita di San Bernardino da Siena, si presentano su tre pareti e sulla volta della cappella. In quel periodo, infatti, era in atto una forte azione di promozione devozionale del santo avviata dall’ordine Francescano. Probabilmente il soggetto venne scelto per tale motivo.
Gli impianti compositivi richiamano quelli impiegati del Perugino negli affreschi della Cappella Sistina ma risultano più vivaci nella coloristica e meno sottoposti alle regole della simmetria, come ad esempio nel riquadro dei “Funerali di San Bernardino“ dove l’edificio a sinistra, le cui linee di fuga corrono verso l’orizzonte, non viene compensato dalle altre due costruzioni raffigurate sullo sfondo a destra, variando e quindi arricchendo lo scenario.
Tuttavia, in questo affresco, sono palpabili le influenze di Pietro Perugino, quali il marcato rispetto della prospettiva di stampo urbinate-perugina e la ricchezza nella varietà degli atteggiamenti nelle figure, ispirata anche ai pittori fiorentini come Ghirlandaio e Benozzo Gozzoli. Inoltre l’intensa caratterizzazione dei pellegrini e mendicanti richiama la pittura fiamminga del contemporaneo periodo [Acidini, cit., pag. 177].
In Vaticano al servizio di papa Innocenzo VIII ed il ciclo delle “Vedute di città italiane”
Subito dopo l’elezione a papa di Innocenzo VIII (Genova, 1432 – Roma, 1492 ), avvenuta nel 1484, Pinturicchio entrò in Vaticano, ove gli fu affidato l’incarico per la decorazione di una loggia del Palazzo Apostolico, nel quale il papa era solito recarsi nel corso delle sue ripetute convalescenze. Si trattava della realizzazione di un ciclo di Vedute di città italiane.
Più tardi la loggia, dopo gli interventi di Bramante per papa Giulio II (Albisola, 5 dicembre 1443 – Roma, 21 febbraio 1513), divenne parte integrante del Belvedere e poi, in corrispondenza temporale della trasformazione della loggia in galleria per l’esposizione della statuaria classica, il ciclo del Pinturicchio fu coperto.
Nel 1750 venne visto dal Taja, che lo definì in “lagrimoso stato”. A partire dagli anni Trenta dello scorso secolo, quando furono portate alla luce vaste zone delle vedute, purtroppo in cattivo stato di conservazione, il ciclo pittorico fu riaperto al pubblico. In ogni caso fu possibile ricostruire integralmente lo schema compositivo, disposto tra pilastri decorati a grisaille in lunette con putti reggistemma (visibilmente rimaneggiati in epoche successive al Pinturicchio).
Il complesso decorativo simulava un’illusionistica apertura della parte chiusa della loggia verso la paesaggistica di città italiane che, secondo la tradizione fiamminga, vengono presentate “a volo d’uccello”. In tali vedute venivano rappresentate – ognuna nel suo ambiente circostante – le città di Roma, Genova, Milano, Firenze, Napoli e Venezia [Acidini, cit., pag. 178].
Gli affreschi sono particolarmente importanti per il fatto che con essi viene riproposto per la prima volta l’esempio di paesaggistica nella pittura del secondo stile pompeiano, citato dalle antiche e contemporanee fonti: Vitruvio (80 a.C. circa – 15 a.C. circa), Plinio il Vecchio (Como, 23 – Stabia, 79) e Leon Battista Alberti (Genova, 1404 – Roma, 1472). Successivamente Pinturicchio collaborò con il Mantegna alle decorazioni della cappella e della sua sagrestia del Belvedere (1488-1490), andate completamente distrutte nel Seicento [Acidini, cit., pag. 178].
Nel 1609 vennero distrutti anche gli affreschi di varie sale sopra il cortile di San Pietro, nonché una tavola raffigurante una Madonna tra santi e il papa per la cappella Lancia nella precedente struttura della basilica di San Pietro [Acidini, cit., pag. 178].
L’artista partì per Roma poco dopo essersi iscritto, nel 1481, all’ “Arte dei Pittori a Perugia” ed annullato ogni impegno con la città natale, nella quale vi ritornò soltanto nel 1485. Nel frattempo faceva la spola tra la capitale ed alcune zone dell’Umbria. Nell’anno del suo rientro realizzò il “Padiglione del Sacramento” (opera andata perduta) su committenza delle monache di Monteluce. Nell’anno successivo decorò una lunetta nel palazzo dei Priori a Perugia (testimoniata da una ricevuta di pagamento) che generalmente viene identificata nella “Madonna col Bambino e due angeli”, attualmente custodita nella sala dei Catasti. In questo dipinto emergerebbe, secondo alcuni studiosi, anche la mano del collaboratore Bartolomeo Caporali (Perugia, 1420 – Perugia, 1505). Infatti da una delega, datata 1489 di Pinturicchio al Caporali [Acidini, cit., pag. 180], ove quest’ultimo veniva rappresentato presso la Compagnia di San Giuseppe a Perugia, si ricaverebbe che i due artisti fossero in rapporto di reciproca di fiducia. A questo periodo sono assegnabili anche le cinque miniature rappresentanti le Porte di Perugia e santi protettori (1486) [Acidini, cit., pag. 179].
Le decorazioni nei palazzi dei Della Rovere
Intensa è negli anni Ottanta l’attività di Pinturicchio nei palazzi della nobile famiglia Della Rovere. Per il cardinale Domenico (1442-1501) affrescò diverse sale del palazzo dei Penitenzieri (al tempo, Palazzo del Borgo), tra le quali si evidenzia quella con il cosiddetto “Soffitto dei Semidei” (1490).
In quest’opera l’artista dipinse un soffitto composto da cassettoni lignei ottagonali e dorati. In essi si contano 63 fogli di carta in cui vengono rappresentati soggetti mitologici e allegorici, arricchiti con una simulazione musiva dorata. La grandissima varietà di spunti iconografici, il gusto per l’antico e l’attenzione verso ogni particolare sono qui integrate con la perizia del vero miniatore, tipica del Pinturicchio.
Riguardo a questo si ricorda che il ricorso a immagini di tradizione medievale, soprattutto nella miniatura, era ancora vivo in pieno Rinascimento. Intorno al 1485-1490 il cardinale Giuliano Della Rovere (futuro Giulio II) gli commissionò la decorazione di una sala (pianterreno) della sua residenza: Palazzo Colonna in piazza Santi Apostoli.
Trattasi di un ciclo di vele e pennacchi con candelabri, ove vengono rappresentate scene tratte dalla Bibbia e dalla storia antica entro cornici geometriche. Sullo sfondo appaiono le ricche simulazioni musive dorate. Oggi compaiono, nelle lunette, anche le scene di battaglia realizzate nel corso del Seicento.
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