Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine (Narni)
Sull’opera: “Incoronazione della Vergine” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1486, misura 330 x 230 cm. ed è custodito nel Museo Eroli a Narni.
Il committente della pala era Berardo Eroli (Narni, 1409 – Roma, 1479), cardinale e giurista, nonché umanista che, conoscendo bene l’ambiente artistico fiorentino, volle farla eseguire dal Ghirlandaio per il Duomo di Narni.
Il pittore la realizzò nella sua bottega a Firenze, da cui successivamente la fece trasferire in Umbria. Secondo gli studiosi è innegabile il fatto che ci sia stato l’intervento degli assistenti di bottega, anche se non è facile dare la paternità alle singole figure o a più zone della stesura pittorica.
La scena si svolge in un ambiente alquanto arcaizzante, contro un fondo oro che ricorda le pitture sacre dei primi decenni del secolo (si veda a tal scopo l’Incoronazione dell’Angelico degli Uffizi, ad essa assai simile), probabilmente un’integrazione realizzata su esplicita richiesta della committenza.
Inoltre in questa tavola, che risulta come dimensione la più grande fra le tempere dell’artista a noi giunte, è tra le più affollate.
Il supporto pittorico è – un semi-tondo sormontante un rettangolo – con una cornice in oro ancora originale, ove appaiono serafini e cherubini (in alto), santi e fiori (nei pilastrini), palmette (pulvini).
Sotto, a guisa di fascia bassa della cornice, appaiono le tre raffigurazioni della predella: le “Stimmate di san Francesco” (a sinistra), il “Cristo in pietà” (centro) ed il “San Girolamo nel deserto”.
Il pannello principale lo possiamo suddividere in due fasce con in alto la scena dell’Incoronazione fra angeli, santi e beati del paradiso e, sotto, i santi inginocchiati attornianti san Francesco che seguono attoniti il miracoloso evento: Maria incoronata da Gesù, genuflessa, che porta al petto le braccia incrociate in segno di umiltà.
Sopra, due angeli tengono un baldacchino, ricavato tramite incisione nell’oro, ove appare un’iscrizione tratta dal Cantico dei Cantici: “VENI ELECTA MEA, ET PONA[M IN TE THRONUM MEUM]”.