Filippino Lippi: Pala degli Otto
Sull’opera: “Pala degli Otto” è un dipinto di Filippino Lippi realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1486, misura 355 x 255 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
La Pala degli Otto pervenne agli Uffizi nel 1782. Venne commissionata a Leonardo da Vinci (da documentazioni certe risulta che l’artista ricevette, il 10 gennaio 1478, l’anticipo di quindici fiorini) per la sala degli Otto di Pratica di Palazzo Vecchio. Più tardi la commissione si spostò su Domenico Ghirlandaio (Firenze, – Firenze, 1494) e poco più tardi su Filippino Lippi, che la porto a compimento nel 1485.
Per stimare il valore dell’opera, e quindi stabilire la somma che spettava all’artista, fu interpellato Lorenzo il Magnifico, che la valutò 1200 lire. Della presente pala, che nel corso dei secoli venne confusa con quella che realizzata in sostituzione dell’Adorazione dei Magi di Leonardo, oggi sappiamo che invece venne eseguita in sostituzione dell’Adorazione dei Magi (Uffizi) dello stesso Filippino.
Il tema del dipinto è riferito alla “Sacra conversazione”. La Vergine è assisa trono con il Bambino in braccio entro una nicchia con sopra la conchiglia di capasanta (simboleggiante alla nuova Venere, Maria), mentre sta sfogliando con il figlioletto un piccolo libro. Ai lati di Maria, in un semicerchio attorno al trono, con atteggiamenti diversificati, appaiono i quattro santi, protettori della città e degli “Otto”. Da sinistra incontriamo: San Giovanni Battista, San Vittore, San Bernardo di Chiaravalle e San Zanobi. Il primo – con il corpo magro, la barbetta e l’asta con la croce – indossa una veste con pelo di cammello, tipica per l’eremitaggio. Sopra la pelle di cammello, il patrono di Firenze, ha un vasto manto color rosso acceso, che si armonizza con il manto azzurro di Maria al centro della composizione (si noti la stella sulla spalla, antico attributo che riporta alla cometa dell’Epifania) e col piviale violetto (assai raro nella pittura rinascimentale ai tempi di Lorenzo il Magnifico) di San Zanobi sulla estrema destra. Accanto a San Giovanni Battista, il protettore dei Guelfi, San Vittore con una mitria vescovile fatta da eleganti decorazioni auree, gemme e perle, da cui si evidenzia l’influenza fiamminga nella capacità di far emergere elementi brillanti. Ad esso segue San Bernardo, che reca un libro aperto contenente un’omelia per la Madonna, da lui stesso scritta, dove viene riportata anche la parola “MEDICA” in onore alla famiglia de’ Medici. Infine, San Zanobi, patrono della diocesi fiorentina, figura più riccamente vestita della composizione, con un ampio manto decorato da sinuosi ricami dorati e perle, mentre tiene un decoratissimo bastone pastorale ove è allacciato un velo, a cui l’artista conferì trasparenza con grande maestria; sul suo petto spicca un gioiello con il giglio rosso, emblema di Firenze.
Il viso della Vergine evidenzia una certa affinità con le Madonne leonardesche (si veda ad esempio l’incompiuta Adorazione dei Magi), che in in tempi passati fece ipotizzare un intervento del grande genio toscano, rigettato poi dalla critica successiva. Nella zona alta appaiono angeli recanti ghirlande di rose (il tipico fiore mariano), con appesa la corona di Maria. S
opra gli angeli, infine, uno stemma della Croce del Popolo, altro emblema di Firenze, tra nastri svolazzanti, che danno l’impressione di essere ancorati alla volta a botte.
Sul primo gradino, entro il quale viene riportata la data, si trova un libro con sopra due drappi che lo coprono completamente (una chiara allusione all’attività della magistratura degli Otto).
Sulla base del trono vengono più volte ripetuti alcuni fregi, che l’artista ripropone sul motivo della conchiglia sopra la nicchia.