La pittura di Simone Martini Continua dalla pagina precedente
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Simone Martini e la sua pittura
Coadiuvato certamente da numerosi artisti di alto livello nell’affrescare la Cappella di San Martino nella basilica Inferiore di Assisi, con 10 narrazioni sulla vita del Santo, Simone Martini con il suo estro, è portato a cercare un’intelaiatura prospettica molto articolata, di ben equilibrata armonia e di un concreto modellato delle figure.
Molto probabilmente, in tutto questo, influisce in modo determinante la pittura di Giotto. Nonostante ciò, Simone Martini conserva il suo dorato e splendente cromatismo, pieno di meravigliosi effetti nei sontuosi panneggi.
Rimane intatto anche il suo idealizzato modulo formale, dove la favola persevera incontrastata in un elegante ed aristocratico tono. Tono che troviamo in un affresco che intende celebrare, con un’astrazione umanistica, non più l’essere divino ma l’uomo, nella figura di Guidoriccio da Fogliano, il grande condottiero vincente su Castruccio Castracani e conquistatore di Montemassi.
In un paesaggio bigio, spoglio delle cose più naturali, irto di castelli e torri con bandiere sventolanti, con lunghi steccati, sguarnite montagne e con un tetro accampamento nella vallata, il protagonista, più che essere celebrato, è semplicemente raffigurato. Ma questa figura solitaria, viene rappresentata dall’artista come una apparizione di un personaggio nel suo superbo e rigido profilo, inserito in un ampio ambiente irreale dove incombe la sua supremazia.
Una tra le opere più grandiose di Simone Martini è l’Annunciazione (1333, attualmente custodita agli Uffizi di Firenze), parte intermedia di un trittico nel quale sono raffigurati anche San Giulietta e Sant’Ansano, attribuiti a Lippo Memmi, suo convinto seguace e cognato (1290/1300 – 1365).
La Vergine è ritratta con uno scuro manto azzurro ed inserita in un fondo aureo di irreale splendore, che le dà grande risalto. La linea risulta ancora abbastanza astratta ma è scorrevole e segue un elegante ritmo musicale.
Di fronte alla Vergine sta lo splendente angelo con una tunica immacolata, accuratamente broccata d’oro, che emette riflessi azzurrognoli.
Il linguaggio di Simone Martini arriva ad effetti arabeschi, e la stilizzazione si fa più viva anche nei dettagli, come si evidenzia nel vaso metallico e spinoso da cui esce il giglio sottile. In quest’opera la pittura di Simone diventa poesia, di una tale intensità che non riuscirà mai più ad eguagliare.
Nel piccolo capolavoro dell’Allegoria Virgiliana (Biblioteca Ambrosiana di Milano) già appartenuto al grande Petrarca, il poeta latino della Divina Commedia è in meditazione nel bosco delle Muse. La sua figura, molto luminosa ed appariscente, si staglia in uno sfondo di un’intensa tonalità azzurra. Tre alberi collocati sullo stesso piano sembrano ben dettagliati, ma danno la sensazione di un’irreale apparizione.
Alla sinistra di Virgilio stanno Enea ed il suo commentatore Servio, mentre sotto sono collocati un contadino ed un pastore che accudisce le sue pecore. L’opera, che è un’allegoria prelevata dal mondo classico, ha un fresco cromatismo steso alla maniera gotica che richiama lo spirito ellenistico. I personaggi sono la personificazione delle tre opere di Virgilio.
L’arte di Simone Martini segue il tratto ondulato della linea gotica, integrandolo con valori poetici di nobile stilismo, mentre per quanto riguarda il cromatismo, ancora legato a quello bizantino, riesce a staccarsi dagli aspetti deteriori dell’ornamentale.
La fama di Simone è talmente alta che esce dai confini della nostra penisola. Oltre ai suoi affezionati allievi, come suo fratello Donato e suo cognato Lippo Memmi, e molti seguaci senesi e napoletani, egli avrà come continuatori del suo linguaggio, artisti nelle zone di Avignone, di Aragona, delle Fiandre, della Catalogna e della Boemia.