Scritto su Rembrandt di Roger de Piles (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)
Pagine correlate all’artista: Il periodo artistico – Le opere – La biografia.
Scritto su Rembrandt di Roger de Piles (Clamecy, 7 ottobre 1635 – Parigi, 5 aprile 1709), autorevole voce della Storia dell’arte: Abrégé de la vie del peintres, avec des réftexions sur leurs ouvrages, Parigi, 1899.
Il nome di Van Rein gli venne dal luogo di nascita, un villaggio situato sul braccio del Reno che passa da Leida. Era figlio d’un mugnaio e discepolo d’un discreto pittore di Amsterdam a nome Lesman; ma non doveva che alla qualità dei suo spirito e alla riflessione la perizia acquisita nella sua professione.
Non bisogna, tuttavia, chiedere alle sue opere ne n» corretto disegno ne un gusto dell’antico: egli stesso anermarea che la sua mira era l’imitazione della natura vivente: e poiché comprendeva in essa ogni cosa che esiste così come tutti possono vederla, possedeva antiche armature, vecchi strumenti, vecchie acconciature e una quantità di antiche stoffe ricamate, e diceva che quelle erano le sue antichità- Nonostante la sua particolare maniera, non cessava mai di mostrarsi curioso dei bei disegni italiani, di cui, così come di belle stampe, aveva gran numero, ma non ne ha mai tratto profitto: il che comprova come l’educazione e l’assuefazione abbiano la principale influenza sul nostro spirito. Ha eseguito, nondimeno, molti ritratti d’una intensità, d’una grazia e d’una verità sorprendenti.
La sua incisione all’acquaforte si approssima molto alla sua maniera di dipingere: espressiva e spirituale, specie nei ritratti, i cui segni sono tanto appropriati da esprimere la carne e la vita. Le stampe di sua mano sono circa duecentottanta : vi si incontrano più volte degli autoritratti, e dalle date che vi sono apposte si può giudicare che egli è nato col secolo: di tutte quelle da lui tracciate sulle stampe, nessuna va prima, del 1628 ne dopo il 1659, e quattro o cinque di esse dimostrano che nel 1635 e 1636 egli si trovava a Venezia.
Si sposò in Olanda, e ha inciso il ritratto della moglie insieme col proprio.
Ha ritoccato parecchie delle sue stampe fino a quattro o cinque volte, per mutarne il chiaroscuro e nella ricerca del migliore effetto. Sembra che la carta bianca non fosse sovente di suo gusto, per la stampa, poiché ha fatto tirare un gran numero di prove su carta a mezzatinta, principalmente carta di dina, che è di color rossastro: e sono prove molto ricercate da^li amatori.
C’è nella sua maniera d’incidere una tecnica non ancora svelata, ch’io sappia; essa ha qualche cosa della maniera nera, che però è venuta solo dopo.
Benché avesse un bello spirito, e avesse guadagnato molto, il suo naturale lo portava a intrattenersi con gente di modesta estrazione; e come qualche interessato alla sua reputazione glielo faceva notare: “Quando voglio dar sollievo allo spirito” rispose “non mi rivolgo agli onori, ma alla libertà”. Come, poi, gli rimproveravano un giorno il suo strano modo d’impiegare i colori, che rendeva gropposi i suoi dipinti, rispose che egli era un pittore e non un tintore. Morì ad Amsterdam l’anno 1668.
riflessioni SULLE OPERE DI REMBRANT
I talenti naturali acquistano il massimo pregio dal modo di coltivarli, e l’esempio di Rembrant è una prova sensibilissima del potere che educazione e abitudine hanno sugli uomini. Questo pittore era nato con un bei genio e con un forte spirito, la sua vena era fertile, i suoi pensieri sottili e originali, espressive le sue composizioni e vivacissimi i sentimenti; ma poiché insieme col latte aveva succhiato il gusto proprio del suo paese, poiché era stato allevato nella visione ininterrotta di una natura greve, poiché troppo tardi aveva conosciuto una verità più perfetta di quella continuamente praticata, le sue opere volsero verso il lato della tradizione, nonostante i buoni semi che erano nel suo spirito.
E così non si ritroverà in Rembrant né il gusto di Raffaello ne quello degli antichi, ne effusioni poetiche ne eleganza di disegno: vi si troverà soltanto ciò che l’indole del suo paese, filtrata da un’accesa immaginazione, è suscettibile di produrre.
Talvolta egli ne riscattò la pochezza mediante una qualche impennata del suo genio; ma non avendo alcuna dimestichezza con le divine proporzioni, ricadde fatalmente nel cattivo gusto che gli è familiare.
È questo il motivo per il quale Rembrant non ha dipinto molti soggetti storici, nonostante abbia disegnato un’infinità di soggetti con non minore acume ne minore mordente di quanto sia nella produzione dei massimi pittori: il grande numero di suoi disegni che ho sottomano possono provarlo a chiunque voglia giudicarli rettamente.
E per quanto le sue incisioni non rivelino il medesimo senso d’invenzione dei disegni di cui parlo, vi si trova nondimeno un chiaroscuro e un’espressione di bellezza non comune.
È vero che il talento di Rembrant non s’è adoperato a una scelta oculata, nel dominio della natura; ma egli aveva una meravigliosa abilità d’imitare i soggetti concreti, come si può giudicare dai differenti ritratti che ha eseguito e che, lontani dal temere paragone con qualsiasi altro pittore, spesso con la loro presenza declassano quelli dei più grandi maestri.
Se i contorni non sono corretti, i tratti dei suoi disegni sono pieni d’intelligenza; e nei ritratti che ha inciso si osserva che ciascuna linea, così come ciascuna pennellata dei suoi dipinti, conferisce ai visi un carattere vivace e veritiero, che fa onore a quello del suo genio.
Egli aveva un senso supremo del chiaroscuro, ove le varie zone cromatiche si prestano l’un l’altra un mutuo soccorso, avvantaggiandosi della loro stessa comparazione.
Nei suoi soggetti, gli incarnati non sono meno veri, meno freschi ne meno raffinati di quelli di Tiziano. Entrambi questi pittori erano convinti che alcuni colori si annullano reciprocamente, per eccesso di mescolanza, e che perciò bisogna confonderli col pennello quanto meno possibile. Essi perciò stendevano con colori tra loro armonici un primo stra’i’o somigliante al massimo al colorito naturale, e mediante leggere pennellate a tinte neutre imprimevano, poi, a fresco, a tale superficie, la forza e le fresch
ezze della natura, riproducendo così quanto venivano osservando nel modello. La differenza esistente, in ciò, tra i due pittori è che Tiziano rendeva queste sue ricerche più fuse e impercettibili, mentre in Rembrant esse si presentano ben distinte, a guardare da vicino; ma a una giusta distanza esse appaiono bene unificate da pennellate appropriate e accordi di colori. È un metodo particolare di Rembrant, ed è una dimostrazione convincente che l’abilità di questo pittore non si affida al caso, poiché egli era padrone dei suoi colori e ne possedeva l’arte da sovrano. roger de piles, Abrégé de la vie del peintres, avec des réftexions sur leurs ouvrages, Parigi, 1899
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