Pisanello: Ritratto di Lionello d’Este
Sull’opera: “Ritratto di Lionello d’Este” è un dipinto autografo di Antonio Pisano detto il Pisanello, realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1441, misura 28 x 19 cm. ed è custodito nell’Accademia Carrara a Bergamo.
La figura del pregiato dipinto è stata identificata, con pochi margini di errore, nella persona di Lionello d’Este. La tavola venne realizzata dal Pisanello a Ferrara nei primi sei mesi del 1441, in concorrenza con Jacopo Bellini.
In quella gara, probabilmente a causa dell’intromissione di Nicolò III, padre di Lionello, vinse il pittore veneziano. Infatti il “poeta Ulisse” (probabilmente il notaio Ulisse degli Aleotti di Padova) concludeva così il suo famoso sonetto (Ferrara, Biblioteca estense, codice III, D. 22, riportato da Adolfo Venturi in “ARV” ed. 1885 e 1896) acclamando Jacopo Bellini “… summo pictore … la sua vera effigie feze viva ala sentencia del paterno amore onde lui primo et poi il pisan secondo”.
Il conte Laderchi nel 1841 inseriva l’opera pisanelliana fra quelle della collezione Costabili di Ferrara, facendo notare che “dei tanti ritratti dipinti dal Pisano, questo sarebbe l’unico conservato a’ dì nostri; e ci fa ragionevolmente confermare nella credenza, che i ritratti in medaglie o medaglioni, sieno stati preceduti dai ritratti degli stessi personaggi dipinti sopra tavole. I ritratti dipinti facilitarono al Pisano lo studio di modellarli in cera”.
Il Chiarelli [1966] metteva in evidenza che la “tecnica medesima della pittura sembra giovarsi dell’esperienza del bronzo, specie in quei capelli singolarmente trattati e disposti in piccoli ciuffi filiformi e ricurvi che ravvivano plasticamente quella curiosa mezza parrucca, in aderenza al modo di trattare la materia nei corrispondenti particolari delle medaglie”.
Il Magagnato nel 1958, parlando del ritratto, affermava che “per una volta tanto il Pisanello sembra il più veneziano dei pittori, con un carico di energia che fa ad un tratto pensare ai ritratti più alti di Piero della Francesca e di Antonio del Pollaiolo“.