Piero della Francesca: Storie della vera Croce
Sull’opera: le “Storie della vera Croce” appartengono ad una serie di affreschi, iniziata da Bicci di Lorenzo e realizzata prevalentemente da Piero della Francesca nel periodo 1452 – 1466. Il ciclo murale, uno dei più significativi capolavori della pittura rinascimentale, è custodito ad Arezzo nella cappella maggiore della basilica di San Francesco.
Descrizione e storia
Il ciclo, che narra le vicende leggendarie della vera Croce, viene raffigurato sulle pareti murali del coro della basilica di San Francesco ad Arezzo.
Col testamento datato 6 agosto 1416, lo speziale aretino Baccio di Magio (per altri, Baccio di Maso Bacci) dava disposizioni riguardo la cappella di San Francesco, di cui aveva il patronato, per l’esecuzione di una vetrata ad opera Niccolo Tedesco con le relative decorazioni pittoriche.
Maccio di Magio moriva nel 1417. Un altro documento attesta che, a dieci anni dalla morte dello speziale, il figlio Francesco stanziava una certa somma per la decorazione pittorica delle pareti del coro della stessa basilica (fonte: Mancini, in “Vasari” ed. 1917).
Ancora, da un libro di Francesco Bacci, che raccoglie le sue ricordanze, risulta che nel 1447 lo stesso Francesco, insieme ai suoi nipoti Agnolo di Gerolamo ed Andrea di Tommaso, commissionava l’opera in esame all’artista Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 – 1452), il quale iniziò la decorazione dalla volta e dal sottarco.
Il pittore morì nel 1452 lasciando così incompiuto il lavoro, il quale comprendeva il “Giudizio universale” sull’ingresso, i quattro Evangelisti sulla volta, e due Dottori della Chiesa nel sottarco (fonte: Mario Salmi in “RDA” ed. 1916).
Gli studiosi tendono generalmente ad ammettere, sulla base di chiare considerazioni stilistiche, che Piero della Francesca sia subentrato nel progetto già nel 1452: infatti molte raffigurazioni del ciclo evidenziano similitudini con l’affresco di Rimini (Sigismondo e il Malatesta), opera datata 1451.
Molte sono le ipotesi avanzate sulle ragioni che indussero la committenza a valersi di Piero, tra le quali la più veritiera potrebbe essere quella che Bicci di Lorenzo, avendo collaborato alle decorazioni di Sant’Egidio a Firenze (1439) con Domenico Veneziano, presso il quale si trovavano altri pittori – tra cui l’artista di Borgo San Sepolcro – abbia fatto le sue considerazioni e quindi suggeritone il nome ai committenti.
Per quanto riguarda chi avesse stabilito la tematica, non sussistono prove chiare per stabilire se venne richiesta dalla committenza o suggerita da specialisti di tali programmi, oppure una scelta degli stessi artisti, Bicci di Lorenzo e/o Piero della Francesca.
Il ciclo venne esposto da lacopo da Varazze (altre fonti: Iacopo da Varagine), vescovo di Genova, del quale risultano altre pubblicazioni letterarie di vari altri cicli pittorici – soprattutto quelli delle chiese francescane – assai in voga durante tutto il il corso del Medioevo.
La portata a termine dell’opera
Per quanto riguarda la conclusione dei lavori, gli studiosi propendono generalmente al 1459 (anno in cui si documenta la presenza del maestro a Roma per le decorazioni nei palazzi vaticani). Ma è altresì possibile, da un’interpretazione di un documento datato 1466 in cui si commissionava a Piero la dipintura di uno stendardo, che la realizzazione degli affreschi si fosse protratta fino a tale data. Il 20 dicembre di quell’anno, infatti, i confratelli della Nunziata di Arezzo commissionarono a Piero la dipintura di tale stendardo (purtroppo andato perduto) dichiarando che l’artista era il solo in grado di “fare l’opera più bella che si possa”, dopo aver “praticato a Firenze e qui …….. (sicuro riferimento alle Storie della cera Croce)”. A dire il vero quest’ultimo documento attesta solamente che nel 1466 i lavori erano certamente terminati, e nulla più.