Matthias Grünewald: Il trasporto della Croce di Matthias Grünewald
Sull’opera: “Il trasporto della Croce” è un dipinto autografo di Matthias Grünewald, appartenente alla “Doppia tavola di Tauberbischofsheim”, realizzato con tecnica a olio su nel 1523-24, misura 193 x 151 cm. ed è custodito nella Staatliche Kunsthalle a Karlsruhe.
La tavola in esame si presenta come una delle rare composizioni di “movimento” nell’attività artistica del pittore.
La rappresentazione della scena viene circoscritta in un tondo architettonico ai cui lati stanno due archi: uno nel buio (arco di sinistra) ove spiccano un volto d’uomo ed una testa di cavallo, l’altro – nella zona opposta – immerso nella luce solare che lascia intravedere un paesaggio collinare.
Le architetture ricordano approssimativamente quelle del nostro Rinascimento, come nel “Miracolo della neve” custodito a Friburgo, mentre il tempietto (in alto) a pianta centrale richiama alcune pitture del Bramantino.
Cristo, spossato dalla fatica e dal dolore, si accascia lasciandosi travolgere da una croce estremamente grezza e pesante. Lo attorniano turpi carnefici che lo costringono, con le percosse, ad alzarsi ed a proseguire il duro cammino.
Sul cornicione della struttura in primo piano si legge: “ESAIAS / 53 / ER. IST. VMB. VNSER. SVND. WILLEN. GESCLAGEN”. Tale scritta, l’unica presentata in volgare nelle opere di Grünewald, viene in vari modi interpretata dagli studiosi di storia dell’arte ma la cosa che più indirizza al verosimile è il riferimento alla Riforma. Infatti Schmid, notando che la traduzione si presenta molto vicina a quella di Lutero (1527), ipotizzerebbe la stessa data come termine “post quem” per la cronologia della tavola. Zulch invece, osservando che frase è scritta in forma popolare ‘gesclagen’ (battuto), pensa che l’artista abbia tratto spunto dalla rappresentazione del mistero della Passione svoltasi a Francoforte nel 1505, a cui – si ipotizza – avrebbe assistito personalmente.
Nel 1910 la tavola subì un accurato restauro con drastiche ripuliture da parte di Mayer (a Dima), con conseguente perdita delle tonalità cromatiche tendenti al caldo.