La pittura gotica: Giotto in Santa Croce
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Dopo le esperienze di Assisi e di Padova, alla pittura di Giotto è affidata la decorazione delle cappelle Bardi e Peruzzi nella basilica Santa Croce a Firenze (certamente posteriore al 1317, anno in cui viene canonizzato San Ludovico di Tolosa).
Nella cappella Peruzzi vengono narrate le storie di Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, con modelli compositivi obliqui e piuttosto vari, ma sempre costruttivi.
Tra questi non si può non ricordare la Resurrezione di Drusiana, dove in un profondo sfondo in cui si immergono rilievi, cavità, protuberanze e cupole ispirate a Sant’Antonio, vengono integrati due gruppi – uno di fronte all’altro – con simmetrie condizionate dalla candida figura di Drusiana risorta. Qui le figure, elaborate in un linguaggio prosastico classicheggiante, assumono un’importanza solenne.
La scena dei Funerali di San Francesco, narrata in due pitture parietali, rappresenta i funerali del Santo. Qui è certamente meno dettagliata e meno solenne di quella di Assisi, ma è visibile un forte miglioramento in fatto di espressività, sviluppatosi con la maturazione del maestro.
La scena drammatica della morte di San Francesco, collocato in primo piano, è descritta con chiara naturalità, ed i personaggi, uniti intorno al suo corpo esanime e ridotti al minimo, conferiscono alla scena un carattere intimo e familiare.
Nell’opera, contrariamente a quella di Assisi, non vi sono abbellimenti a scopo puramente decorativo come l’accentuazione della luminosità ed i vari effetti chiaroscurali. Negli affreschi della Cappella Bardi i gesti dei personaggi sono più concisi e più carichi di drammaticità.
Quasi tutte le composizioni della cappella Bardi sono centrali e simmetriche, ed hanno una ben ragionata rispondenza di relazione fra narrazioni opposte, concludendosi con una rappresentazione sopra l’arco d’entrata, con San Francesco che riceve le stimmate. Questa scena è ravvivata da sottili e gradevoli effetti di luminosità.
La pittura di Giotto in tarda maturità si arricchisce sull’ornamentale che vedremo nelle opere realizzate per gli Angioini a Napoli (dal 1330 al 1332) e per i Visconti a Milano (come dicono le documentazioni), oggi perdute.
Nel 1332 Giotto è nuovamente in Santa Croce per la realizzazione di un maestoso polittico per la cappella Baroncelli. La parte centrale, nella sua solida compostezza e con gli angeli nel loro fervore, manifesta il nobile linguaggio di Giotto, nonostante la folta schiera di santi che invade i quattro scomparti laterali, i quali perdono solennità diventando quasi una qualsiasi folla idealizzata dalla sua bottega. La pittura di Giotto dell’ultimo periodo è più classica e ricca di ornamentazioni, e si avvicina di più allo spirito dell’arte trecentesca, dai cui aspetti, presto deriverà la pittura fiorentina.
Concludendo, la pittura del Grande maestro ha una chiara ed intuitiva spazialità in un ambiente assai lontano da quello naturalistico: egli crea, in modo semplice, forme di grande senso plastico, ed i suoi personaggi esprimono la loro vitalità legata principalmente ai gesti. Questi gesti sono carichi di umanità e mai casuali, con un cromatismo sempre astratto. Giotto è perciò un personaggio del Medioevo, ma di grandissima importanza, capace di trasferire con una nuova forza e con classicità, nel mondo dell’alta sensibilità, l’essenza della vita umana.