Piero di Cosimo: Incarnazione di Cristo e santi (Uffizi)
Sull’opera: “Incarnazione di Cristo e santi” è un dipinto autografo di Piero di Cosimo (Piero di Lorenzo), realizzato con tecnica a olio su tavola intorno al 1500-05, misura 206 x 172 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
L’opera venne commissionata dal cardinale Leopoldo de’ Medici per la propria raccolta, quindi venne ubicata nella cappella della chiesa dei Frati de’ Servi, dalla quale venne rimossa — e fu l’affronto più violento fatto a Piero di Cosimo in tre secoli — nel 1670. Tale leggerezza nei confronti dell’artista comportò anche la perdita della predella.
Il Vasari così descrive la tavola: “[…] fu allogata a Piero una tavola alla cappella de’ Tedaldi nella chiesa dei Frati de’ Servi […] nella quale finse Nostra Donna ritta che è rilevata da terra da un dado, e con un libro in mano, senza il figliuolo, che alza la testa al cielo e sopra a quella è lo Spirito Santo che la illumina. Ne ha voluto che altro lume che quello che fa la colomba lumeggi lei e le altre figure che le sono intorno, come una Santa Margherita e una Santa Caterina che la adorano ginocchioni, e ritti sono a guardarla S. Pietro. S. Giovanni Evangelista insieme con S. Filippo, frate de’ Servi e S. Antonino arcivescovo di Firenze; oltra vi fece un paese bizzarro e per gli alberi strani e per alcune grotte. E per il vero ci sono parti bellissime, come certe teste che mostrano e disegno e grazia oltra il colorito molto continovato; e certamente che Piero possedeva grandemente il colorire a olio. Fecevi la predella con alcune storiette piccole molto ben fatte; ed in fra l’altre ve n’è una quando S. Margherita esce dal ventre del serpente, che per aver fatto quello animale contraffatto e brutto, non penso che in quel genere si possa veder meglio, mostrando il veleno per gli occhi, il fuoco e la morte in un aspetto veramente pauroso”.
La maggior parte degli studiosi di storia dell’arte mette in relazione il presente dipinto con la pittura di Leonardo, evidenziando soprattutto le affinità nella “sfumatura” (il colore “continovato” di cui parla il Vasari) e collocandola quindi nel primo quinquennio del nuovo secolo.