Cimabue: Cristo Apocalittico (Assisi)
Sull’opera: “Cristo Apocalittico” è un affresco di Cimabue realizzato nel 1280-83, misura 350 x 30 cm. ed è custodito nella Chiesa superiore di San Francesco (transetto sinistro) ad Assisi.
Il tema della presente composizione è tratto dall’Apocalisse (VIII, 1-5): “E quando venne aperto il settimo suggello, si fece silenzio nel cielo lo spazio d’intorno ad una mezz’ora: / ed lo vidi i sette angeli, i quali stavano in pie davanti a Dio, e furono loro date sette trombe. / E un altro angelo venne, e si fermò appresso l’altare, avendo un turibolo d’oro; e gli furono dati molti profumi, acciocché ne desse alle orazioni di tutti i santi, sopra l’altar d’oro ch’era davanti al trono. / E il fumo dei profumi dati alle orazioni dei santi salì, dalla mano dell’angelo, nel cospetto di Dio. / Poi l’angelo prese il turibolo, e l’empiè del fuoco dell’altare, e lo gettò nella terra; e si fecero suoni, tuoni, e folgori, e tremoto”.
Tematica e strutturazione dell’affresco in esame, sotto qualsiasi punto di vista, sono simili a quelle dei coevi “Giudizi universali” e, proprio per tal motivo, in passato furono male interpretate da più studiosi. Leggendo l’Apocalisse (XX, 11-15) e il Vangelo di Matteo (XXV, 31-46) si ricava che il Cristo apocalittico si trova al centro, entro una mandorla, circondato dai sette angeli tubicini, quattro a sinistra e tre a destra.
Sotto il Cristo sta un altare dai colori gravemente compromessi, sul quale a fatica si possono confusamente intravedere la canna e la lancia, simboleggianti la passione. Sulla zona di centro-sinistra non rimane praticamente alcun dettaglio riconoscibile, mentre sulla destra un angelo agita un turibolo.
La zona bassa è affollata dagli eletti: “ed ecco una turba grande, la quale niuno poteva annoverare, di tutte le nazioni, e tribù e popoli e lingue i quali stavano in pie davanti al trono” (dall’Apocalisse, VII, 9).
Scendendo ancor più verso il basso, celati dalle cuspidi del coro, appaiono due santi in ginocchio: la figura di sinistra è certamente quella di S. Francesco, mentre quella a destra potrebbe verosimilmente essere identificata in S. Bonaventura.
Entrambe le immagini, di esecuzione abbastanza grezza, secondo gli esperti di storia dell’arte, sarebbero da riferire a un collaboratore di Cimabue.
Secondo il Longhi (1948), nella presente composizione si evidenzia l’intervento di Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319), sia nel Cristo, sia negli angeli con le tube.
Tuttavia si può aggiungere che questo modo di rinnovare la storia sacra inserendola nell’attualità, è senza dubbio uno dei più interessanti e moderni aspetti della pittura di Cimabue.
Sul piano puramente stilistico, un significativa valenza assume la figura del “Cristo apocalittico”, il cui armonioso cromatismo, pur ottenuto con forti e taglienti contrasti di luminosità, è classicheggiante e corposo, assai diverso da quello e morbido e pastoso del Cavallini.