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La pittura a cavallo dei due secoli
La ritrattistica in questo periodo ha molta fortuna ed è sempre più richiesta con lunghissime attese da parte dei committenti.
Non soltanto il ritratto ma anche i cicli di storie sacre, come quelli nella Cappella Sassetti eseguiti dal Ghirlandaio (1449 – 1494) in Santa Trinità a Firenze. C’è in essi una codifica della concezione antropocentrica in cui l’uomo si sente arbitro della realtà, della natura e della storia, e soprattutto forte ed in grado di reggere, con le proprie risorse, le difficoltà quotidiane incontrate nella propria vita.
La rinnovata cultura platonica incoraggiata specialmente a Firenze alla fine del 1400 da Marsilio Ficino – soprannominato “l’intellettuale” – e da Lorenzo il Magnifico – detto “il signore” – condusse queste tendenze verso linguaggi con aspetti più esoterici ed ermetici, nel ritorno alla cultura antica.
Anche il mondo del teatro e delle “feste”, è fortemente interessato agli artisti di questo periodo: Ludovico il Moro infatti, incarica Leonardo da Vinci come esperto di allestimenti lucidi ed a Roma tutti attendono che il cardinale Riaria realizzi un teatro nel suo grandissimo palazzo.
Mentre nel centro Italia abbiamo queste nuove tendenze e nuovi interessi artistici, nella parte settentrionale, il gusto della cultura gotica continua a dominare con tutta la sua forza e la sua vitalità, grazie alle ricche committenze ancora in corso e soprattutto ai lunghissimi periodi di tempo necessari per le monumentali costruzioni, che mantengono sempre vivo il linguaggio di quella cultura anche nella Pittura.
Il linguaggio figurativo in tutto il nord Italia è ancora in piena evoluzione per tutto il Quattrocento, basti pensare alle opere di Paolo Uccello ed Andrea del Castagno, per la realizzazione dei mosaici nella Basilica di San Marco a Venezia, o alla presenza di personalità artistiche rilevanti come Belbello da Pavia, Giacomo Jaquerio e Jacopo Bellini.
Sempre più ci persuadiamo che il nuovo linguaggio, proposto alla metà del Quattrocento da artisti di grandissimo talento come Andrea Mantegna, Giovanni Bellini (1432 – 1516) e Vincenzo Foppa (1427 – 1515), porti con sé moltissimi convincimenti che erano propri nelle precedenti generazioni artistiche: il senso del disegno e della luce, che esaltano in modo rilevante il gusto del ritorno all’antico insieme al sentimento della natura coinvolgente e piena di misteri.
Il dinamismo luminoso e drammatico delle sculture di Donatello influenzano molto queste tendenze. Intanto in Lombardia ed in Veneto si incarna il tradizionale realismo con artisti come Foppa, Bernardo Zenale, Bellini e Giorgione, dove la figura umana assume una notevole importanza, immersa in un ambiente naturale sotto tutti i punti di vista.
L’influenza maggiore in tutte queste tendenze è data da Andrea Mantegna.
Un altro grande esponente della seconda metà del Quattrocento è Piero della Francesca, attivo soprattutto nella sua città natia Sansepolcro, a Rimini e a Urbino, con la sua nuova teoria della prospettiva scientifica, descritta nel suo “De prospectiva pingendi”.
Cenni sui Pittori fiorentini di prima generazione
Pittori fiorentini prima generazione (fonti delle ricerche: “L’arte italiana” di Mario Salmi).
Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai
Il Masaccio, praticamente, non ha lasciato discepoli diretti perché è scomparso troppo giovane, ma i suoi insegnamenti lasciano un solco profondo in tutto il mondo dell’arte. La sua pittura è un grande rinnovamento.
Beato Angelico
Fra Giovanni da Fiesole (1387-1455), meglio conosciuto come l’Angelico, è uno tra i primi a valutare la portata degli insegnamenti del Masaccio. Beato Angelico è da considerarsi inserito nel programma della Rinascita.
Tutte le sue opere, tranne la Madonna custodita nel Museo di San Marco a Firenze, appartengono di fatto al nuovo grande stile, pur scostandosi dal Masaccio con le sue celestiali tematiche.
Beato Angelico raggiunge il “monumentale” attraverso la realizzazione della Madonna dei Linaioli (1433).
I dipinti dell’Angelico sono colmi di umanità. Questa umanità è molto più presente nelle tavole che negli affreschi.
L’Angelico ha una schiera di collaboratori che lo aiutano attivamente acquisendo arte e maestria, ma nessuno di essi riesce ad evidenziarsi ed a continuare la sua opera.
Filippo Lippi
Filippo Lippi (1406-1469) è un altro artista che ama il Masaccio. Rimane incantato nel vedere per la prima volta gli affreschi della Cappella Brancacci.
Il suo temperamento è molto lontano a quello di Beato Angelico e lo dimostra in una sua opera giovanile con la “Conferma della regola” nel chiostro del Carmine: un affresco con molti squilibri ma colmo di volumetricità masaccesca.
Paolo Doni, conosciuto come Paolo Uccello, segue un’altra strada. La sua prima formazione è stata prettamente a carattere gotico e, del nuovo stile accetta di buon grado soltanto l’impiego della prospettiva ma ad una condizione: solo come mezzo per la realizzazione di regolari forme volumetriche, senza nessun intento scientifico, né intesa come unità di composizione.
Andrea del Castagno
Andrea del Castagno (1423-1457) elabora la costruttività masaccesca con un crudo plasticismo, con un tratto nervoso e con un cromatismo senza effetti, da lui stesso considerato come “accessorio”.
Benozzo Gozzoli
Benozzo Gozzoli (1420-1498) è un artista molto operoso. Il suo più alto capolavoro è l’affresco del Palazzo Mediceo (1459) con gli angeli in preghiera.
Francesco Pesellino e Domenico Veneziano
Francesco Pesellino (1422-1457) è un pittore aristocratico e mite, con un temperamento alquanto elevato, che si forma attraverso l’Angelico ed il Lippi. La sua tematica è prevalentemente profana.
Un pittore che si può perfettamente imparentare con i “fiorentini” ed in particolare con Pesellino, è Domenico Veneziano (1410-1461). Inizia la sua formazione fiorentina come aiutante di Piero della Francesca nella cappella Maggiore di S. Egidio, con un grande ciclo di affreschi (purtroppo perduto).