Pagine correlate a Tardo Rinascimento – La pittura veneta: Pittori veneti del Cinquecento – Pittori toscani del Cinquecento – Pittura del Cinquecento nord e centro 1 – Pittura del nord e centro del Cinquecento pag. 2 – Pittura del nord e centro del Cinquecento pag. 3 – al primo Cinquecento – al Cinquecento e Manierismo – al Rinascimento europeo – Correggio e i Pittori romagnoli del medio Rinascimento.
La pittura nella regione veneta
Come agli inizi del Rinascimento si imposero modelli che provenivano soprattutto da Firenze e dintorni, dove primeggiavano le leggi della prospettiva e della proporzione distribuita sui vari piani, alla stessa stregua, nel Tardo Rinascimento, nella regione veneta prendono forza gli intellettualismi prodotti dalle zone centrali della penisola, specialmente da Roma.
Tutto questo avviene per opera dei precettisti che, equivocando, trasferiscono l’invenzione – ormai fatta divenire il primo dei generi – dal mondo artistico a quello retorico, conferendo all’uomo quella preminenza che è sempre stata la caratteristica principale della pittura toscana, sia nel disegno che negli effetti plastici ottenuti con le variazioni del chiaroscuro.
I pittori veneti, però, avevano già prima ricercato un’altra visione atta ad introdurre l’uomo nell’ambiente, come parte integrante del contesto e non come figura dominante. Tale ricerca portò come risultato un’evidente perdita d’importanza per il disegno e per il chiaroscuro e una conseguente valorizzazione della coloristica.
Vedremo in una frammentata panoramica come abbia reagito l’arte veneta agli immancabili influssi culturali dell’Italia centrale, premettendo che questi non influenzarono la scultura nonostante che un grande personaggio come il Sansovino – originario di Firenze – si fece veneziano.
Nella pittura incomincia ad entrare con forza, principalmente nelle tematiche decorative della stessa Venezia, la maniera di due artisti come Cecchin Salviati e Giovanni da Udine, quindi quella di Battista Franco e di altri minori, finché non entra in gioco, nel tardo Cinquecento, Federico Zuccari (1542/3-1609) nel Palazzo Ducale.
Frammenti
I Pittori veneti
Jacopo Robusti, meglio conosciuto come il Tintoretto (1518-1594), originario di Venezia e di formazione tizianesca, è uno dei primi pittori (il primo fra i grandi) che studia con determinazione intellettualistica, una sistematica integrazione della maniera veneta con quella ormai imperante in Italia centrale, specie negli ambienti fiorentini e romani. Come sopra accennato, nella pittura veneziana domina il cromatismo (tizianesco) per il risalto dei volumi a scapito del chiaroscurale (michelangiolesco), con aggiunta di effetti luminosi ottenuti con forti contrasti che predominano sui fattori chiaroscurali, generando drammaticità. In fatto di luministica, il Tintoretto supera – secondo alcuni studiosi – tutti gli artisti coevi e passati, inclusi gli stessi Michelangelo e Tiziano.
Allievi del Tintoretto sono i figli Marietta e Domenico (anch’essi con lo stesso appellativo del padre), Antonio Vassilacchi (meglio conosciuto come l’Aliense), Andrea Vicentino ed altri ancora, ma data l’alta spiritualità del grande artista, nessuno di essi riuscirà a svilupparne l’arte.
Iacopo (o Jacopo) da Ponte, meglio conosciuto come il Bassano (c.1515-1592), compie la sua prima formazione artistica sotto la guida diretta del padre Francesco (Ponte Seniore un artista assai modesto) nella città di nascita (appunto Bassano) e poi nella bottega di Bonifacio de Pitati (conosciuto anche come Bonifacio Veronese) a Venezia. È per merito di quest’ultimo che il Bassano acquista e sviluppa una splendida coloristica. Testimonianza di questo merito, che troviamo soltanto nel cromatismo, è il “Riposo in Egitto” (Ambrosiana di Milano), dove però domina un impianto figurativo piuttosto personale, alquanto articolato e con un tratto agitato e movimentato che richiama il Parmigianino. La sua coloristica – dal 1550 – si fa ancora più ricca di effetti luminosi, ma allo stesso tempo, si abbassa di tono avvicinandosi quindi al Tintoretto, però mantenendo la sua personale maestria nell’impiego di dolci, pregiati e scintillanti tocchi di pennello (Battesimo di Santa Lucilia nel Museo civico di Bassano). Anche il suo disegno subisce delle influenze ed i suoi modi figurativi vengono accostati al Greco, dove prevale la stilizzazione e la deformazione nelle ampie tele a tematica pastorale e di ambienti interni, questi ultimi considerati a tutti gli effetti come quadri di genere.
Francesco (1548-1598), Leandro (1558-1622) e Girolamo (1560-1622) da Ponte, figli del Bassano, riescono a continuare ed a divulgare l’arte del padre soprattutto nella tematica di genere. Il migliore dei tre fratelli è Leandro che diventa anche un celebre e stimato ritrattista e decoratore di pale d’altare in molte città della regione veneta.
Un grande esponente della pittura veneta è Paolo Caliari, meglio conosciuto come il Veronese (1528-1588), formatosi in una scuola che già prima del Rinascimento aveva la pregevolezza della forma. Egli ha avuto più maestri, con i quali collaborerà portandone avanti la tradizione cinquecentesca, come Paolo Antonio Badile, Battista Zelotti, Giov. Antonio Fasolo (vicentino), Paolo Farinati e il Bruciasorci.
Modesti artisti risultano invece Carletto Caliari e lo zio Benedetto Caliari, rispettivamente figlio e fratello del Veronese. Anche il nipote Alvise Friso non riesce a portare avanti la sua arte.
Nella città lagunare lavorano i discendenti di Tiziano, Cesare Francesco e Marco Vecellio ed altri numerosi artisti amanti dello stile tizianesco, tra i quali si distingue Alessandro Valotari (conosciuto come il padovano) ed altri appartenenti sempre alla regione veneta. Tutti questi artisti sono considerati di scarso interesse artistico.
Non interesse artistico ma valore storico hanno gli artisti che riecheggiano la forma accademica imperante in questo periodo nella Toscana e nel Lazio: Giuseppe Porta detto il Salviati (1520-1575 allievo di Francesco Salviati), il De Mio, Giulio Licinio (nipote di Bernardino Licinio), Battista del Moro e l’India.
Tra i molti merita di essere ricordato Iacopo di Antonio Palma (Jacopo d’Antonio Negretti nato nel 1544/50, morto nel 1628) detto Palma il Giovane. Fra gli epigoni, Palma il Giovane è sicuramente l’artista più animato, appassionato, alla continua ricerca di un proprio stile, avendo come modello quello di Tiziano e del Tintoretto. Un linguaggio fatto interamente di espansività, tanto che diventa celebre anche fuori dalla regione veneta fino a raggiungere la Toscana ed il Lazio. La vetta più alta il Palma la raggiunge con le tele rappresentanti le storie del doge Cicogna (oratorio dei Crociferi a Venezia). Il suo capolavoro in assoluto è quello riguardante la scena in cui Pasquale Cicogna assiste alla messa di Priamo Balbi, suo padre.