Michelangelo Buonarroti: Affreschi sulla volta della Cappella Sistina
Pagine correlate: Ai dipinti di Michelangelo – Altra serie di opere – La biografia, la vita artistica e la critica – La sua pittura pag 1 – La sua pittura pag 2 – La sua pittura pag 3 – Il periodo artistico – Bibliografia.
Le opere di Michelangelo sotto rappresentate sono le riproduzioni fotografiche eseguite prima e dopo del grande restauro alla Cappella Sistina.
Michelangelo Buonarroti è uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Non tutti gli studiosi di Storia dell’arte si sono trovati in pieno accordo sulle opere nella Cappella Sistina … “a me pare una qualità rude, esteriore, meccanica …” P. B. Shelley, lettera a Leigh Hunt, “… ignorava tutto ciò che riguarda il colore” R. De Piles 1699 .
Il soffitto della Cappella Sistina
Sulla volta della Cappella Sistina appare una celeberrima serie di storie di Michelangelo Buonarroti, eseguite nel periodo compreso tra il 1508 ed il 1512. La decorazione viene considerata come uno dei capolavori più significativi di tutta l’arte occidentale.
Fu papa Giulio II a commissionare l’immane ciclo di affreschi (500 m² di superficie, tutta lavorata) all’artista, il quale accettò la grande sfida pur sentendosi più scultore che pittore.
I lavori furono eseguiti in due tempi con due ponteggi differenti e Michelangelo dovette affrontare, superandole, due grosse incombenze. Le esecuzioni degli affreschi, infatti, iniziarono con gli aiuti a suo seguito ma fu proprio l’artista a rifiutarne l’assistenza perché non adeguata alle proprie esigenze; dovette quindi procedere da solo. L’altra incombenza si manifestò a metà decorazione, quando papa Giulio II incominciò ad esercitare forti pressioni sull’artista per fargli portare a termine il lavoro in tempi rapidissimi.
La decorazione della volta doveva completare iconologicamente il ciclo delle Storie (di Gesù e di Mosè, commissionate da Sisto IV), già sulle pareti, realizzate da artisti quattrocenteschi nel 1481-82 tra cui ricordiamo Ghirlandaio, Botticelli, Signorelli, Perugino e Cosimo Rosselli.
Michelangelo, infatti, eseguì sul soffitto le storie dell’umanità “ante legem”, ovvero quelle prima di quando Mosè ricevette le Tavole della Legge.
Cenni storici
Il primo periodo dei lavori, durato alcuni mesi, Michelangelo lo passò facendo schizzi e disegni preparatori su cartoni, ma non solo. Per poter affrescare il soffitto della cappella dovette costruire un grosso ponteggio che, nonostante le grosse dimensioni, non riusciva a coprire tutta la superficie da decorare. Infatti per poter continuare con gli affreschi fu necessario smontare il primo ponte per poi innalzarlo di nuovo in corrispondenza dell’altra metà della Cappella Sistina.
La preparazione dell’intonaco fu eseguita da Piero Rosselli, che la portò a compimento prima del 27 luglio, data in cui gli venne saldata la commissione.
Per le impalcature era previsto che le stesse non dovessero recare problemi alle varie cerimonie in cappella e quindi il primissimo ponte, ideato dal Bramante e mai utilizzato dall’artista, fu costruito sospeso in aria con sistemi di grosse funi. La cosa non piacque a Michelangelo, che la giudicò del tutto inadeguata alle proprie esigenze di lavoro e, quindi, il pittore costruì da solo la nuova prima impalcatura, tutta realizzata in legno.
Il sistema di ponteggio messo in opera da Michelangelo fu lodato da Giorgio Vasari, ma in realtà era già stato usato in precedenza da altre equipe per la gittata delle volte.
La decorazione del soffitto non fu comunque per Michelangelo una passeggiata, come lui stesso testimoniò: “Sono teso come un arco. Mi è già venuto il gozzo, il ventre me lo sento in gola, i lombi mi sono entrati nella pancia, non vedo dove metto i piedi e il pennello mi gocciola sul viso”.[Viaggio nella Cappella Sistina, pag. 76, di Alberto Angela, Rizzoli, anno 2013].
Intorno all’agosto-settembre 1508 Michelangelo chiamò da Firenze una serie di assistenti, tra cui ricordiamo Giuliano Bugiardini, l’amico Francesco Granacci e Aristotile da Sangallo. Assieme a questi tre ve ne erano altri, tutti provenienti dalle botteghe di Domenico Ghirlandaio o di Cosimo Rosselli. Dalle Vite di Vasari si ricava che Michelangelo rimase alquanto insoddisfatto del loro aiuto e quindi li allontanò in modo brusco. Pare però che gli stessi sopra riportati (Bugiardini, Granacci e Sangallo) avessero continuato la collaborazione con Michelangelo.
Conclusione dell’opera
Così scriveva il Vasari nelle sue Vite (1568): «Questa opera è stata et è veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo, per tante centinaia d’anni in tenebre stato.»
Nell’ultimo periodo dei lavori, papa Giulio II, che già dal 1511 aveva chiesto di ridurre i tempi, divenne sempre più incalzante, premendo su Michelangelo in un ritmo frenetico per portare a compimento l’intera opera. Le ultime composizioni (quelle vicine all’altare) appaiono in uno stile assai conciso, con particolari altrettanto semplificati, pur mantenendo l’efficace stile michelangiolesco. A conferma di ciò esiste uno scritto dell’artista, datato 1512, destinato al padre in cui si legge che «io ò finitta la cappela che io dipignevo: el papa resta assai ben sodisfato, e l’altre cose non mi riescono a me come stimavo; incolpone e’ tempi, che sono molto contrari all’arte nostra». 〈dalla lettera datata 30 settembre 1512, cit. in De Vecchi, pagina 88〉
Dal diario del De Grassis si legge che, il 31 ottobre 1512, gli affreschi vennero scoperti e la cappella riaperta al pubblico. 〈Camesasca, citazione a pagina 89〉.
In seguito al fatto di come apparvero gli affreschi al papa ed allo stesso Michelangelo, subito dopo lo smontaggio dell’ultimo ponteggio, vi fu la comune decisione di entrambi nel rifinire alcuni particolari (panneggi, dorature e altri dettagli) con tecnica a secco.
Tale lavoro non fu però mai eseguito per i forti i dubbi sulla stretta necessità delle rifiniture e per le complicate operazioni per l’innalzamento del nuovo ponte. A tal proposito, sempre dalle Vite di Vasari, legge uno scambio di battute tra l’artista e papa Giulio II: «il Papa vedendo spesso Michelagnolo gli diceva: “Che la cappella si arrichisca di colori e d’oro, ché l’è povera”. Michelagnolo con domestichezza rispondeva: “Padre Santo, in quel tempo gli uomini non portavano addosso oro, e quegli che son dipinti non furon mai troppo ricchi, ma santi uomini, perch’egli sprezaron le ricchezze”».
Descrizione
Michelangelo realizzò la grande decorazione della volta anche su tutto il registro superiore delle pareti, che comprendeva le sedici lunette che attorniano l’arco delle finestre.
Sotto le lunette, e a fianco delle aperture, appaiono i ritratti dei primi papi, entro nicchie, realizzati da artisti quattrocenteschi. Due lunette furono rimosse intorno al 1537 per dare maggior spazio alla raffigurazione del Giudizio Universale, che fu portato a termine dallo stesso Michelangelo nel 1541.
La volta, così nel globale, comprende otto vele sopra le lunette delle pareti lunghe e quattro pennacchi agli angoli sulle lunette di estremità. Sulle vele e sulle lunette appaiono le quaranta narrazioni del Vangelo secondo Matteo, riferite agli Antenati di Cristo.
Tra una vela e l’altra appaiono, su troni architettonici, i profeti e le sibille con assistenti e putti-cariatide, questi ultimi tutti in monocromo. Negli spazi triangolari, limitati dalle punte delle vele, e sotto i quattro pennacchi, spiccano coppie di nudi bronzei.
La parte centrale del soffitto rappresenta, in riquadri sequenzialmente alternati in grandezza, le nove Storie della Genesi. Quelle raffigurate in spazi più piccoli sono incorniciate da medaglioni in monocromia con episodi dell’Antico Testamento e da coppie di ignudi. Quelle grandi, invece, sono limitate soltanto dai pilastri.
Il soggetto generale
La tematica globale della decorazione michelangiolesca richiama il mistero della Creazione. In essa si raggiunge la vetta più alta nella raffigurazione dell’Uomo ad immagine e somiglianza Dio che, incarnando Cristo, riscatta l’umanità dal peccato originale avvicinandola ancor più a Lui. In tal senso appare più chiara la ragione per cui l’artista abbia celebrato la bellezza e l’armonia del corpo umano privo di ogni copertura.
Inoltre Michelangelo, con gli affreschi della volta della Cappella Sistina, mette in relazione i due Testamenti, dove l’Antico prefigura il Nuovo … e non solo! Con le previsioni della venuta di Cristo avvicina i profeti (ambito ebraico) alle sibille (ambito pagano).
Storie della Genesi
I nove affreschi centrali raffigurano le Storie della Genesi. I riquadri, che appaiono in ordine cronologico, procedono dalla parete dell’altare verso l’entrata. Per gli episodi, secondo lo studioso di storia dell’arte E. Steinmann, Michelangelo si ispirò alle dodici “profezie” cantate nel Sabato Santo dal coro della Sistina [De Vecchi, cit., pag. 90.].
Michelangelo, nel procedere con la realizzazione dei riquadri, lavorò a ritroso invertendo così l’ordine cronologico degli episodi. Iniziò con l’ebbrezza di Noè per terminare con la raffigurazione dell’Eterno.
I primi tre riquadri realizzati, riguardanti gli episodi di Noè, non furono proprio invertiti del tutto perché la seconda raffigurazione è il Diluvio e non il Sacrificio.
La ragione di tale scelta, secondo alcuni studiosi di storia dell’arte, è legata a motivi di interpretazione simbolica delle storie della Genesi. Con tale valutazione però non sono d’accordo altri critici, che sostengono la tesi legata allo stesso artista di voler riservare al Diluvio universale uno spazio maggiore. Con l’alternanza sequenziale delle dimensioni dei riquadri (uno grande seguito da uno piccolo), infatti, rispettando l’ordine, il Diluvio avrebbe avuto dimensioni più piccole.
Le storie della Genesi componevano, in un certo modo, un mosaico dei principali avvenimenti dell’umanità, prima Mosè, le cui raffigurazioni, realizzate da artisti quattrocenteschi (fra cui ricordiamo Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino e Cosimo Rosselli), appaiono sulle pareti della stessa cappella.
Ciascuna storia della Genesi poteva essere interpretata in relazione alla Settimana Santa, le cui solenni celebrazioni avvenivano in Sistina con la partecipazione del papa ed il suo seguito.
Nell’ordinare le raffigurazioni l’artista si riferì al neoplatonismo, per cui l’anima ascende al divino partendo dalle due dottrine: ebraica e cristiana. A tal proposito Charles de Tolnay, citato da Giulio Carlo Argan [Storia dell’arte italiana, 1979, Sansoni, vol.3, p. 55-56], scriveva: “il divino appare prima abbozzato nella forma imperfetta dell’uomo imprigionato nel corpo (Noè) per poi progressivamente assumere una forma sempre più perfetta fino a diventare un essere cosmico […]. Al senso biblico della sua opera volle sovrapporre un nuovo significato, un’interpretazione platonica della Genesi”.
Le storie della genesi in ordine cronologico
La Separazione della luce dalle tenebre, 1512, 180 x 260 cm.
Creazione degli astri, anno 1511, 280 x 570 cm.
La Separazione della terra dalle acque, anno 1511, 155 x 270 cm.
Creazione di Adamo, anno 1510-11, 280 x 570 cm. Volta della Cappella Sistina
Creazione di Eva, anno 1511, 170 x 266 cm. Volta della Cappella Sistina
Il Peccato Originale e la Cacciata dall’Eden, anno 1509 (10), Vaticano.
Particolari del Diluvio Universale.
Il Sacrificio di Noè, anno 1508-1510, 170 x 260 cm.
L’Ebbrezza di Noè, anno 1508-1510, 170 x 260 cm.
Gli ignudi
Come già sopra riportato, i riquadri delle storie procedono alternandosi in maggiori e minori. Ognuno di questi ultimi è attorniato da quattro ignudi, per un totale di venti, in cinque affreschi più piccoli delle Storie. Le loro raffigurazioni, con volti piuttosto angelici, benché rappresentate entro una struttura architettonica simulata, spiccano travalicando il semplice scopo figurativo.
Un Ignudo (particolare) (cornucopia) della coppia sul Geremia, anno 1511, 200 x 395 cm.
Profeti e sibille
I profeti e le sibille appartengono alla serie dei “Veggenti”, raffigurati su ampi ed architettonici troni, sostenuti da peducci.
Ognuno di essi, rappresentato su un ampio scranno marmoreo, è assistito da due giovani aiutanti.
Nei riquadri dei veggenti appaiono anche coppie di putti nei più svariati atteggiamenti.
Il nome di ogni veggente appare in una tabella sotto il plinto (base del trono), sorretta da un putto. Soltanto la scritta che rappresenta il profeta Zaccaria (ZACHERIAS), sotto la quale spicca lo stemma Della Rovere, ne fa eccezione.
Profeta Daniele, anno 1511, 395 x 380 cm.
Particolare di Daniele (particolare di un putto reggi-targa), anno 1511, 395 x 380 cm.
Profeta Giona, anno 1511, 400 x 380 cm.
Storie dell’Antico Testamento
Le raffigurazioni bibliche dei quattro pennacchi angolari, sulla volta della cappella, mostrano eventi miracolosi a favore del popolo di Israele.
Davide e Golia, anno 1509, 570 x 970 cm. (1 Samuele 17,1-54, dai libri di Samuele della Bibbia cristiana)
Giuditta e Oloferne, anno 1509, 570 x 970 cm. (Giuditta 13,1-10, dal Libro di Giuditta riportato dalla Bibbia cattolica)
La Punizione di Aman, anno 1511, 585 x 985 cm. (Ester 7,1-10, dal Libro di Ester riportato nella Bibbia ebraica e cristiana)
Il serpente di bronzo, anno 1511-1512, 585 × 985 cm. (Numeri 21,1-9, dal Libro dei numeri riportato dalla Bibbia cristiana e dalla Torah ebraica).
Le vele e le lunette
Michelangelo, nella decorazione della volta, realizzò anche le raffigurazioni presenti sul registro superiore delle pareti. In esso si contavano 16 lunette, sei sul lato sinistro, sei su quello destro e quattro sui registri frontali delle pareti estreme. Le storie di due di queste – quelle appartenenti alla parete del Giudizio universale – furono rimosse poco dopo per fare spazio a tematiche inerenti al grande affresco parietale dello stesso artista (1537-1541).
Per quanto riguarda la superficie vera e propria del soffitto, in essa essa si contano otto vele: quattro a sinistra e altrettante a destra, adiacenti alle lunette (sopra di esse) lungo le pareti maggiori della cappella. Appaiono anche i quattro pennacchi agli angoli, già sopra dettagliatamente descritti, ognuno in corrispondenza delle due lunette estreme delle quattro pareti, sotto i pennacchi.
Sia sulle vele che nelle lunette vengono rappresentate scene del Vangelo secondo Matteo, relative alle quaranta generazioni degli Antenati di Cristo.
Le vele e le rispettive lunette, anche se molto differenziate nelle raffigurazioni, sono strettamente correlate tra loro in fatto di stile, forma ed iconologia. Trattasi, infatti, di composizioni che Michelangelo realizzò in spazi triangolari non piatti ma moderatamente incavati. Le lunette, comunque, non appartengono alla decorazione della volta della Cappella Sistina ma a quella parietale. Fanno comunque parte dello stesso programma in coincidenza dei tempi, iconografie, committenza (papa Giulio II per entrambe), esecuzione e sue fasi di lavoro.
Gli affreschi mostrano gruppi di famiglie, stagliati su fondi di contrasto (scuro sulle vele e chiaro sulle lunette), in diversi atteggiamenti, spesso seduti in terra anziché su comodi scaloni. Questo perché l’artista dovette riportare le scene in spazi insoliti ed assai limitati.
Il riconoscimento delle figure riportate sulle vele probabilmente coincide con i nominativi che appaiono sulle tabelle delle lunette. In queste ultime appaiono tre nomi anziché i due generalmente riportati. Gli studiosi di storia dell’arte generalmente non si trovano d’accordo sui nominativi dei vari gruppi, dato che Michelangelo non si soffermò su particolari identificativi. L’artista era forse più interessato agli atteggiamenti delle figure da rappresentare.
Michelangelo riempì gli spazi a triangolo retto, ai lati delle vele, con coppie di nudi bronzei a monocromo, rappresentati in simmetria su fondi violacei e scuri.
Tutti i bronzi sono separati sulla punta della vela da un teschio d’ariete.
Descrizioni delle vele e delle corrispondenti lunette
Per una descrizione più dettagliata e sulla storia si segua il link Le lunette di Michelangelo nella Cappella Sistina
Procedendo da sinistra a destra e dall’ingresso all’altare:
3 – La vela a sinistra della Creazione di Adamo e la sottostante lunetta con Roboamo e Abia.
4 – Vela a destra della Creazione di Adamo e la sottostante lunetta con Asaf, Giosafat e Ioram.
6 – Vela a destra del Peccato originale e la sottostante lunetta con Ezechia, Manasse e Amon.
8 – Vela a destra del Diluvio universale e la sottostante lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel.
Le lunette corrispondenti ai pennacchi
1 – La lunetta di Aminabad sulla parete di sinistra: sotto il pennacchio della Punizione di Aman e senza la corrispondente vela.
2 – Lunetta di Naasson sulla parete di destra: sotto il pennacchio del Serpente di bronzo e senza la corrispondente vela.
3 – La lunetta di Eleazar e Mattan: sotto il pennacchio di Giuditta e Oloferne alla parete d’entrata a destra e senza la corrispondente vela.
4 – Lunetta di Azor e Sadoc: sulla parete lunga sotto il pennacchio di Giuditta e Oloferne all’entrata a destra e senza la corrispondente vela.
5 – La lunetta Giacobbe e Giuseppe: sulla parete dell’entrata a sinistra sotto il pennacchio di Davide e Golia e senza la corrispondente vela.
6 – Lunetta Achim e Eliud: Sulla parete lunga all’entrata a sinistra sotto il pennacchio di Davide e Golia e senza una corrispondente vela.
Le lunette rimosse
Come si ricava dal sottotitolo, le prime due lunette, quelle ai lati della parete dell’altare, furono rimosse nel 1537 per ottenere più spazio per la realizzazione grande affresco del Giudizio universale.
Esistono però le incisioni delle due lunette, realizzate da Adamo Ghissi. Le riproduzioni ci permettono almeno di conoscere le pitture rimosse e, grazie ad esse, oggi possiamo identificare i gruppi delle due composizioni: “Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuda” a destra e “Fares, Esrom e Aram” a sinistra.
Pensando che non sia tanto necessario indugiare su queste due lunette, portiamo a termine la presente pagina con le loro illustrazioni.
1 – La lunetta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda sulla parete dell’altare (rimossa per fare spazio al Giudizio universale): era sotto il pennacchio della punizione di Aman.
2 – Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell’altare (rimossa per fare spazio al Giudizio): era sotto il Serpente di bronzo.
Altri particolari
Particolare di una Vela sopra la lunetta di Iesse, Davide e Salomone e relativi Nudi bronzei, anno 1511, 245 x 340 cm.
Partic. delle figure a destra della lunetta di Iesse, Davide e Salomone, anno 1511 (12), 215 x 430 cm.