Pittore Jackson Pollock

Jackson Pollock (Cody, Wyoming, 1912 – New York 1956)

Biografia

The Key
Sopra, un’opera dell’artista: The Key, 1946, olio su tela, 59 x 84, The Art Institute of Chicago.

Jackson Pollock è stato uno fra i più grandi interpreti della pittura contemporanea statunitense.

Viene considerato – insieme a Arshile Gorky Khorkom (1904 – Sherman, 1948) e Willem de Kooning (Rotterdam, 1904 – New York, 1997) il padre dell'”Action Painting“, ovvero l’ideatore della grammatica della cosiddetta pittura “gestuale” o di “azione” (Action Painting – Dripping Art) dell’Espressionismo astratto: «Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di vetro o altri materiali.» [Jackson Pollok].

L’artista nacque a Cody (Wyoming) nel 1912 [David Piper. The Illustrated History of Art, riferimenti alle pagine 460-461]. Il padre era agricoltore, divenuto in seguito un agrimensore statale.

Trascorsa l’infanzia in Arizona e California, nella seconda metà degli anni Trenta frequentò la Manual High School a Los Angeles ed i corsi del pittore realista Thomas Hart Benton (Neosho, 1889 – Martha’s Vineyard, 1975) presso l’Art Students’ League a New York, città in cui si stabilì dal 1929. Più tardi (periodo 1935-42), nella stessa New York, partecipò al Federal Arts Project.

In un primo tempo fu attratto dal linguaggio visionario di Albert Pinkham Ryder (New Bedford, 1847 – New York, 1917) e dai disegni degli indiani Navaho, ricchi di un’articolata e complessa simbologia.

Nel corso della sua formazione artistica volle orientarsi anche verso la violenta pittura espressionista del messicano José Clemente Orozco (Ciudad Guzmán, 1883 – Città del Messico, 1949) per poi rincorrere i contemporanei sviluppi della pittura europea, soprattutto quelli relativa al surrealismo  di Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976) e alle esperienze di Pablo Picasso. È questo il periodo della “Figura stenografica” (1942), de “La lupa” (1943), entrambe custodite nel Museum of Modern Art di New York, del  Blue (o Moby Dick, 1943, Ohara Museum of Art e de “La donna-luna spezza il cerchio” (1943, Musée National d’Art Moderne di Parigi).

Più tardi, incoraggiato dal critico d’arte Clement Greenberg (1916 – 1994) e dalla collezionista Peggy Guggenheim (New York, 1898 – Camposampiero, 1979), nella cui galleria ebbe costantemente per circa cinque anni (1943-48) uno spazio espositivo tutto a sua disposizione, nella seconda metà degli anni Quaranta, incominciò ad allontanarsi dalle fantastiche e totemiche anatomie, proponendo un astrattismo di forte impronta gestuale, attraverso il quale veniva direttamente proiettata la parte più intima della natura umana: l’inconscio.

Decisiva fu la svolta del 1948 quando il suo stile subì gli influssi del pittore francese André Aimé René Masson (Balagny-sur-Thérain, 1896 – Parigi, 1987), assai più determinanti che non quelli di Joan Mirò (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983) e dello stesso Picasso, nonché del mecenatismo della Guggenheim che regolarmente acquistava le sue tele quando il pittore era ancora sconosciuto al grande pubblico.

Impiegando un nuovo modo di fare arte, ovvero una tecnica che di fatto consisteva nell’applicare il colore al supporto facendolo uscire direttamente dal tubetto o nel far sgocciolare sulla stessa superficie un barattolo contenente una vernice più fluida (drip, dripping), Pollok realizzò composizioni – moltissime delle quali di notevoli dimensioni – di gradevole e raffinato cromatismo, frutto esclusivo del ciclico susseguirsi delle proprie pulsioni inconsce. Si ricordano a tal proposito: Nella profondità del mare, anno 1947, Museum of Modern Art di New York; Numero 7, anno 1949, Staatsgalerie, Stoccarda; Pittura, anno 1948, Musée National d’Art Moderne do Parigi.

Figura di spicco della scuola di New York, il Pollok, nel triennio 1950-52, abbandonò tutte le gradazioni cromatiche che non fossero inerenti al bianco e nero (Eco. Numero 25, anno 1951, Museum of Modern Art di New York; Numero 32, anno 1950, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf), stesi sulla tela a corpose pennellate – dritte ed angolose, ma sempre decise ed incalzanti – per poi tornare nuovamente alle passate forme circolari in un rinnovato approccio con la figura.

L’artista morì nel 1956 a New York in seguito ad un incidente stradale.

La Pittura d’azione, così chiamata in quanto i segni lasciati dal colore sulla superficie del supporto lasciano sempre intuire al fruitore dell’opera i gesti compiuti dall’esecutore. Per ottenere un effetto più incisivo è necessario, quindi, che si crei uno stretto rapporto tra l’artista e la tela, che dovrà essere di grandi dimensioni – meglio se commisurate all’altezza dell’autore – ed appoggiata per terra per dar modo al pittore di girare intorno ad essa e «lavorare» – come dice il Pollok – «da tutti e quattro i lati e letteralmente essere in essa». Così facendo – secondo i sostenitori di questa tecnica – l’opera acquista vita propria, indipendente dalle emozioni dell’artista, il quale avrà il compito di scoprirla e portarla alla luce. Sarà poi il fruitore a ricevere le emozioni, che certamente varieranno da individuo ad individuo.

Le opere principali di Jackson Pollok

  • Stenographic Figure (1942) – Museum of Modern Art, New York.

  • Male and Female (1942) – Philadelphia Museum of Art.

  • Moon-Woman Cuts the Circle (1943) Musée National d’Art Moderne di Parigi.

  • Mural (1943) – University of Lowa Museum of Art.

  • Blue (Moby Dick) (1943) – Ohara Museum of Art.

  • The She-Wolf (1943) – Museum of Modern Art, New York.

  • Troubled Queen (1945) – Museum of Fine Arts, Boston.

  • The Key (1946) – Art Institute of Chicago.

  • Eyes in the Heat (1946) – Peggy Guggenheim collection, Venezia.

  • Shimmering Substance (1946) – Museum of Modern Art, New York.

  • The Tea Cup (1946).

  • Cathedral (1947).

  • (Full Fathom Five 1947) – Museum of Modern Art, New York.

  • Enchanted Forest (1947) – Peggy Guggenheim collection, Venezia.

  • Number 5 (1948) – Collezione David Martinez.

  • Painting (1948).

  • Summertime: Number 9A (1948) – Tate Modern, Londra.

  • Number 8 (1948).

  • Number 10 (1949) – Museum of Fine Arts, Boston.

  • Number 3 (1949).

  • Autumn Rhythm (Number 30), 1950 – Metropolitan Museum of Art, New York.

  • Number 1, (1950) (Lavender Mist) – National Gallery of Art, Washington.

  • One: Number 31, 1950 – Museum of Modern Art, New York.

  • Number 29, 1950 – National Gallery of Canada, Ottawa.

  • No. 32 (1950).

  • Number 7 (1951) – National Gallery of Art, Washington.

  • Blue Poles: No. 11, 1952 – National Gallery of Australia, Canberra.

  • Convergence (1952) – Albright-Knox Art Gallery, Buffalo.

  • Easter and the Totem (1953) – Museum of Modern Art, New York.

  • Portrait and a Dream (1953).

  • The Deep (1953).

  • Ocean Greyness (1953).

Bibliografia

  • Catalogo della mostra, Francis V. O’Connor, Jackson Pollock (Museum of Modern Art di New York, anno 1967) OCLC 165852.

  • Carmine Benincasa, Opere 1930-1956, Marsilio, anno 1983, Venezia. (Mostra di Palazzo Venezia a Roma, 1983, organizzata dal Metropolitan museum of art e la regione laziale).

  • Richard Taylor; Adam Micolich; David Jonas: Fractal Expressionism, Physics World, anno 1999.

  • Pepe Karmel ed. Jackson Pollock: Interviews, Articles, and Reviews. The Museum of Modern Art, New York, anno 1999.

  • Richard P. Taylor. Caos e regolarità nell’arte di Pollock. Le Scienze numero 413, anno 2003.

  • Marika Herskovic, New York School Abstract Expressionists Artists Choice by Artists, (anno 2000, New York School Press).

  • Marika Herskovic, American Abstract Expressionism of the 1950s An Illustrated Survey, (anno 2003, New York School Press.

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