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Esponenti autonomi che contribuirono allo sviluppo dell’Espressionismo
Il distacco dai canoni accademici
La pittura naturalistica che alla fine dell’Ottocento stava ancora sviluppandosi in Germania fu un presupposto determinante per la nascita dell’Espressionismo.
Gli artisti incominciavano a staccarsi dai canoni accademici costituendo dei gruppi (le cosiddette “colonie artistiche”) come quelli di Dachau, vicino a Monaco di Baviera, e di Worpswede nei pressi di Brema.
Essi si isolavano spesso dalla vita comune e assaporavano l’idillio della natura creando una pittura colma di intenso di significato psicologico. La loro produzione si trasformava, dunque, in un metaforico supporto di intense emozioni.
Il soggetto era quasi sempre la paesaggistica piena d’atmosfera, rappresentata con un cromatismo assai variato e vigoroso, spesso carico di allegorie. Le forme talvolta erano puro frutto di espressiva gestualità. Tuttavia tali creazioni, pur scostandosi dalla pittura tradizionale, rimanevano ancora legate all’ambito convenzionale.
La nascita dell’Espressionismo
Quei pittori, che aprirono la strada all’Espressionismo tedesco, ad eccezione di Paula Modersohn-Becker (Dresda, 8 febbraio 1876 – Worpswede, 21 novembre 1907), non riuscirono ad andare oltre quello sviluppo da essi programmato. Non si accorsero neanche che stavano orientandosi verso arte espressiva intensamente traboccante.
La Modersohn-Becker, che aveva studiato a Londra la tecnica del disegno e frequentato a Berlino una scuola d’arte, fu altresì allieva di Fritz Mackensen (Greene a Kreiensen, 8 aprile 1866 – Brema, 12 maggio 1953), un noto paesaggista di Worpswede.
Il ruolo della Modersohn Becker
Poco più tardi, staccatasi decisamente dallo stile del Mackensen, Paula andò alla ricerca di altri linguaggi figurativi agendo in modo del tutto autonomo.
Essa a quel tempo annotava: “Quando si dipingono dei quadri non si dovrebbe pensare tanto alla natura. Si faccia lo schizzo a colori che corrisponda a quel che nella natura si è avvertito. Ma la cosa principale è la mia sensazione personale. Se per prima cosa l’ho fissata in modo chiaro nella forma e nel colore, allora devo inserirvi, prendendolo della natura, ciò attraverso cui il mio quadro agisce naturalmente”.
La valenza espressiva della coloristica e la semplificazione formale
Paula, a differenza dei membri del gruppo a cui apparteneva, riuscì a riconoscere d’istinto la valenza espressiva della coloristica, che poteva essere ulteriormente sviluppata, e l’importanza della semplificazione formale.
La sua opera diventava così puro oggetto di sensazioni, cosa che la fece annoverare tra i pionieri e precursori di spicco della pittura espressionista.
Mentre nella stessa Germania (soprattutto a Worpswede) il frutto delle sue ricerche erano oggetto di aspre critiche, a Parigi – dove molto spesso si recava sin dai primi anni del Novecento – ella otteneva ampi riconoscimenti.
La pittura di Gauguin e di Cézanne, con la quale era entrata a diretto contatto in occasione della grande retrospettiva del 1906, l’aiutò a capire l’importanza delle sue ricerche.
Ricerche prematuramente interrotte
Gli elementi stilistici delle sue tematiche – paesistiche, nature morte e rappresentazioni di figure, fra cui compaiono numerosi autoritratti – evidenziano un linguaggio sempre più snello. La forma risulta ancor più rigorosamente bidimensionale, mentre il cromatismo viene espressivamente intensificato, senza tuttavia raggiungere quei toni di pura espressività.
L’opera della Modersohn-Becker a causa della sua prematura scomparsa (21 novembre del 1907), rimase purtroppo incompiuta.
Il ruolo di Emil Hansen (Nolde)
Anche Emil Hansen, meglio conosciuto come Emil Nolde (Nolde, presso Burkhall, 7 agosto 1867 – Seebüll, 13 aprile 1956), occupa una sua specifica posizione nell’arte espressionista tedesca.
Il più isolato ed introverso.
L’artista viene considerato come il più isolato ed introverso fra tutti, che con fermezza ha portato avanti senza interruzioni, o ripensamenti, il suo linguaggio stilistico.
La sua opera è sempre strettamente legata al tema paesistico, in particolare quello della Germania settentrionale, da cui proveniva.
Una popolarità che stenta ad ampliarsi
In un primo momento la sua popolarità assai bassa gli impediva di dispiegarsi come libero artista ma, più tardi e per vie traverse, riuscì ad imporsi con forza al grande pubblico.
Particolarmente importanti furono i contatti diretti con la pittura dei neoimpressionisti francesi e, soprattutto, con i dipinti di van Gogh che ebbe modo di vedere nel 1906 grazie al collezionista Karl Ernst Osthaus, fondatore del Museum Folkwang di Hagen.
Gli influssi della pittura di van Gogh
La forza cromatica della scintillante pittura neoimpressionista integrata con l’energia espressiva di van Gogh diede una decisiva spinta espressionista alla produzione del Nolde, assai sensibile ai temi della natura. Il suo modo di percepirla, come egli stesso formulava, ovvero “l’istanza e l’anelito al non mai conosciuto, al non mai veduto, all’inconcepibile” influenzò certamente la sua pittura. Proprio come in van Gogh, la coloristica del Nolde si sviluppò a guisa di strumento configurativo carico ed incalzante di valenza simbolica.
La ricerca sugli effetti coloristici sui fiori, prati e giardini
Dal 1906 iniziò una serrata ricerca sugli effetti coloristici che diventarono il suo principale mezzo d’espressione. Esso, non accontentandosi delle sue ricerche, continuava ad sperimentare il proprio linguaggio espressivo – coloristico e formale – su soggetti assai semplici come fiori, prati e giardini, questi ultimi presenti in abbondanza nella vicina isola di Als (Danimarca).
Una pittura sensuale, carica di emozioni
Con il vigore coloristico delle sue pastose pennellate, cariche di scintillante energia espressiva le composizioni si trasformarono così in un’avventura sensuale, carica di emozioni.
Tra Emil Nolde e gli artisti della Brücke avvennero svariati incontri ed intensi dibattiti sulla pittura di van Gogh (si pensi a soggiorni di Schmidr-Rottluff nell’estate del 1906 ad Asl e del 1907 a Dresda).
L’interesse del Nolde per la Brücke, però, si stava vistosamente affievolendo. Le sue creazioni, infatti, già colme di ebbro cromatismo, acquisirono una più vigorosa solidità formale ed una più controllata disposizione delle superfici, sia nei primi piani che verso le dilatazioni spaziali. Tutto questo conferì maggiore forza agli elementi simbolici, che certamente il Nolde non faceva mancare lasciandosi trasportare dalla sua, talvolta diabolica, genialità.
Christian Rohlfs
Il pioniere dell’Espressionismo
Con qualche divaricazione stilistica, anche Christian Rohlfs (Groß Niendorf, 22 novembre 1849 – Hagen, 8 gennaio 1938) è da considerarsi un pioniere e precursore dell’Espressionismo. Grazie a lui ed alla sua inedita formula espressiva incominciarono ad allentarsi, già dagli inizi del Novecento, quei lacci che impedivano agli artisti il libero rapportarsi a forma e cromatismo.
Anche nel suo caso, come nel Nolde, fu decisivo il contatto con la pittura di van Gogh, da cui trasse molti elementi stilistici senza tuttavia accentuarli, facendo sì che l’immagine non si trasformasse in espressione dell’esistenza.
Un’inedita armonizzazione coloristica
L’artista, a differenza della maggior parte dei precursori dell’Espressionismo, armonizzava la coloristica con una franchezza e una dinamicità fino ad allora sconosciute. Queste conferivano alle sue pitture un certo vigore, sempre accompagnato a forte tensione.
Con le forme, costruite sempre in assenza di regole prospettiche e quindi rigorosamente bidimensionali, Christian Rohlfs nel decennio 1905-14 toccò i limiti dell’Espressionismo tedesco. Tuttavia non riuscì a trarre conseguenze dalle ultime ricerche, perché frenato soprattutto dall’estetica tradizionale che egli stesso mai volle abbandonare.
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