LA PITTURA ROMANICA IN ITALIA
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Pitture nelle chiese: Monastero di Novalesa, Battistero di Parma
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Della pittura romanica piemontese (Novalesa, sec. XIII) ci pervengono resti di rilevante importanza, dai quali si evidenzia una spiccata tendenza espressionistica. Tra questi si ricorda la Lapidazione di Santo Stefano, mentre si possono ancora ammirare in tutta la loro forza i cicli d’affresco (fine secolo XI) nella Cappella dei santi Eraldo e Nicola con le storie della loro vita.
Nel XIII secolo assistiamo ad una nuova fase della maniera bizantina in Italia che diventa più intensa ed influente, specialmente dopo la caduta di Costantinopoli.
La cupola (dal 1260 circa) del Battistero di Parma presenta sedici settori narranti le Storie del Vecchio e Nuovo Testamento e quelle del Battista, immagini di apostoli profeti e santi, intorno alla Deesis (dal greco “intercessione”, “supplica”, è generalmente la tematica iconografica del Cristianesimo di gusto bizantino, diffusissimo nel mondo ortodosso) ed ai simboli che rappresentano gli evangelisti.
Il cromatismo di queste pitture, fortemente influenzate dal linguaggio e dai modelli iconografici bizantini, conferisce alle opere un grande risalto, una vigorosa essenzialità espressiva, ed una monumentale maestosità, soprattutto nelle grandi immagini collocate isolatamente che narrano con il potente linguaggio romanico le storie della regione Emilia, delle quali purtroppo esistono assai poche testimonianze artistiche.
Questi dipinti hanno subìto nel tempo ingenti danni, amplificati soprattutto dall’inadeguata tecnica allora impiegata per tali affreschi, per cui pregiati pezzi di intonaco incominciarono presto a staccarsi dalla loro sede ed a cadere frammentandosi. Per questo motivo il battistero fu restaurato e consolidato nelle sue parti di valore ricorrendo alla tecnica delle infiltrazioni e siringature.
Nell’Italia centrale, soprattutto nelle zone della Toscana, la produzione pittorica è piuttosto limitata.
Le testimonianze giunte fino a noi sono generalmente dipinti su tavola, perché nelle chiese piaceva anzitutto ammirare le bellezze architettoniche ed i marmi pregiati. Invece che grandi croci di legno finemente scolpite o di metallo lavorato si librano, nelle cattedrali del XII secolo, croci dipinte su tavola, secondo alcuni studiosi, derivate da quelle metalliche.
Un esempio di tali croci è costituito dal “Christus triumphans”, un maestoso Cristo, pieno di vita e non succube del dolore terreno, già raffigurato negli avori dell’arte carolingia. Nello stesso tabellone ligneo il “Christus triumphans” è fiancheggiato dalle storie della Passione, ed ha descritta, in alto, l’Ascensione.
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