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Le più importanti teorie nascono nel secolo VI. Le immagini cariche di evidente impassibilità e prive di plasticità, divengono anime e vengono eseguite alla stregua di intarsi dal fondo dorato, attraverso decisi contorni.
Il colore diviene vivo ed acceso insieme ai panneggi – soprattutto quelli delle Madonne, generalmente realizzati con gemme di madreperla – e ciò crea effetti cromatici eccezionali.
In queste opere musive, la pittura bizantina influenzata ai suoi inizi da quella tridimensionale romana, raggiunge il suo estremo risultato sostituendo la plasticità delle forme con la decorazione realizzata in superficie: l’esaltazione del cromatismo, sapientemente impostato nonostante l’assenza del senso plastico, dà origine a eccezionali capolavori.
Nel periodo di Teodorico, altre opere musive possono essere collegate per forme e linguaggio alle decorazioni delle zone alte della navata di Sant’Apollinare (pag. precedente), a quelle della Cappella di Sant’Andrea all’Arcivescovado e a quelle azzurrine della cupola del Battistero degli Ariani.
Alla basilica di San Vitale, verso la prima metà del Cinquecento, viene realizzata nel presbiterio un’opera musiva grandiosa per il suo splendore, per la sua ricca articolazione e per la tematica raffigurata: Le storie di Noè e di Abramo, profeti e Evangelisti, rappresentano il rapporto diretto tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento, mentre il simbolismo paleocristiano fa il suo ritorno con uno stile ancor più raffinato.
Nei mosaici dell’abside, una maestosa scena di teofania raffigura il Cristo ancora adolescente su un globo azzurro che rappresenta l’universo, immerso in uno sfondo paesistico molto profondo dal quale nascono i quattro fiumi del Paradiso. Agli estremi sono raffigurati due angeli, san Vitale che riceve la corona di gemme dal Cristo, e l’arcivescovo Ecclesio recante il modello della chiesa.
Qui, come del resto in molti altri mosaici del ravennate, il senso della forma è assai accentuato. Fanno eccezione i mosaici sottostanti raffiguranti Teodora e Giustiniano con a seguito i loro accoliti. In una visione di perfetto frontale, insieme ad un marcato senso statico, scaturisce dalle immagini quel tipico carattere astratto che più tardi si vedrà nelle opere musive di Sant’Apollinare Nuovo, accompagnato da un sontuoso gusto decorativo.
La compostezza e l’orgoglio che esprimono le figure imperiali vengono trasfigurate in estasi, altrettanto statiche, sia in Sant’Apollinare che nell’abside della Basilica di Classe. Il Santo che prega, si leva sulla verde pianura di un eccezionale paesaggio, tranquillo e mesto, con piante e piccoli alberi stilizzati. Qui la simbologia sostituisce la figura: significative sono le immacolate pecorelle, tre delle quali si identificano con altrettanti Apostoli che presenziano alla Trasfigurazione. La grande croce gemmata, circoscritta in un grande disco, rappresenta il Cristo. Ai lati del grande cerchio contenente la croce, su nel cielo, si evidenziano le figure di Noè ed Elia.
Con questa meravigliosa opera musiva di Sant’Apollinare in Classe si chiude il periodo bizantino dell’arte ravennate, arrivata ad un nobile livello di astrazione. Gli artisti ed i tecnici del mosaico seguono le orme dei grandi architetti e, nel Cinquecento, l’opera più maestosa è quella della decorazione nella Basilica di Parenzo, eseguita ad intarsi in policromia e mosaici. Spicca fra questi quello nel catino con la Madonna recante il Bambino, circondata dagli angeli ed dai santi con l’offerente, una composizione assai più ricca, ma che ripete il catino absidale di San Vitale.
A Milano, presso San Lorenzo, le opere musive di Sant’Aquilino, raffiguranti il Cristo circondato dai suoi Apostoli e da uno scenario pastorale, sono state realizzate seguendo il linguaggio tardo antico e con la tecnica comprendiaria; mentre quelle presso Sant’Ambrogio, che decorano la cappella di San Vittore in ciel d’oro, hanno già le caratteristiche dell’arte bizantina.
A Napoli le frammentarie opere musive del Battistero, dove vengono descritte scene della vita di Gesù con i Santi e con la simbologia degli Evangelisti, sono la testimonianza di uno stile classicheggiante. Lo stesso gusto classico si evidenzia nei mosaici nel sacello di San Prisco a Santa Maria Capua Vetere , sempre con Gesù e con gli stessi elementi simbolici (Quattrocento). Nelle opere musive in entrambe le chiese regna un’intonazione coloristica chiara ed atmosferica, che si evidenzierà in seguito anche nelle opere pittoriche della Basilica di Noia e di Fondi, celebrate da San Paolino. In San Gennaro extra moenia sono affrescate le figure di tre Santi, realizzate con la tecnica comprendaria forse in un periodo più antico, che viene portata avanti proprio per creare effetti monumentali.
Non soltanto Roma, Ravenna, Milano e Napoli, ma tutte le zone della nostra penisola aderiscono a questo linguaggio figurativo. Spiccano ad Albenga (Savona), le opere musive recanti i simboli cristiani ed il monogramma del Cristo; nell’Oratorio di Casaranello (Lecce), nei mosaici della cupola azzurra stellata si distingue la croce d’oro.
In tutta Italia è ben definito il caratteristico linguaggio dell’arte cristiana che, a Roma e soprattutto a Ravenna, raggiunge le vette più alte dell’espressività.