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La pittura segue la sua strada, ma partecipa con forza anche al miglioramento estetico dell’architettura contemporanea. Non fa certamente eccezione quella del periodo paleocristiano nel quale l’arte decorativa deve creare, insieme alle bellezze architettoniche, effetti di grande magnificenza.
La tecnica dell’affresco impiegata nelle catacombe va a sostituire quella con caratteristiche più durevoli nel tempo come il mosaico, perché molto più versatile e spontanea. Per un mosaico creato ad arte è necessaria la partecipazione ed il coordinamento di più artefici, tra i quali l’indispensabile “pictor imaginarius” che crea la composizione, il “parietarius” che esegue il disegno sulla parete e il “musivarius” che guida l’equipe della mano d’opera specializzata nell’applicazione delle tessere vitree (o di altra sostanza).
La tecnica del mosaico, già praticata dai greci e dai romani per la decorazione dei pavimenti, trovava la propria armonia e la propria fusione cromatica specialmente nelle realizzazioni che permettevano una visione da lontano per i principi della mescolanza dei colori nell’iride, che oggi ben conosciamo.
La tecnica del mosaico può essere avvicinata a quella divisionista, impressionista, macchiaiola ed è quindi adatta soprattutto per le absidi e per le decorazioni parietali delle chiese.
Andando indietro nel tempo, la decorazione musiva cristiana più antica che possiamo trovare è quella nella volta anulare del Mausoleo di Costantina (o Mausoleo di Santa Costanza) a Roma in via Nomentana (340 d.C.), che per alcune sue tematiche simboliche fu supposto, nel periodo rinascimentale, un tempio a Bacco. Infatti scene mitologiche di pittura cimiteriale come quelle di “Amore e Psiche” e altre raffiguranti la vendemmia, si uniscono a busti umani, ad anfore, a vasi ed agli avanzi della mensa, come nelle decorazioni delle pavimentazioni ellenistico-romane (gli “asarota”).
Tutte le scene sono raffigurate su sfondo chiaro, con una illuminazione a giorno alquanto mobile e con un marcato rilievo. Qui viene ripetuta la tecnica “comprendaria” dove il colore risulta a zone staccate; insieme a questa tecnica ritornano il simbolismo e le tendenze pittoriche che decoravano le catacombe.
Nel Battistero Lateranense (San Giovanni in Fonte, 315 d.C.), un’esedra dell’atrio raffigura brillanti racemi dorati in un fondo blu intenso e cupo. La raffigurazione dei grappoli, nonostante derivi dalla decorazione romana, risulta già quantomeno stilizzata.
L’intonazione è di un cromatismo ad effetto notturno che esce fuori da ogni regola naturalistica, mentre le figure delle quattro colombe e dell’agnello conferiscono all’opera un significato puramente simbolico, rappresentando il Cristo con le anime nel giardino celeste. Il mosaico absidale di Santa Pudenziana (Roma, 390 d.C.) raffigurante il Cristo con gli Apostoli che lo circondano, assume un aspetto di grandiosa monumentalità.
Gesù è presentato alla maniera orientale (certamente siriaca) con una folta barba e riccamente drappeggiato, mentre gli apostoli (soltanto dieci perché parte del mosaico è andato distrutto), ammantati alla stregua di filosofi classici, personificano le due Chiese (ex circumcisione ed ex gentibus). Nel cielo, la croce gemmata, che spicca tra le raffigurazioni simboliche degli Evangelisti, toglie all’opera parte dell’aspetto naturalistico nonostante che l’ariosa spazialità, frutto di un rigoroso senso architettonico, richiami lo spirito dell’antichità.
Il significato della presenza di due figure femminili è stato da sempre oggetto di grande discussione. Potrebbero essere le sante Prassede e Pudenziana oppure soltanto i simboli della Chiesa e della Sinagoga, cioè i luoghi di culto dei cristiani e degli ebrei. Dietro l’ambiente ad emiciclo, sullo sfondo, degradano vistosi edifici, che potrebbero essere chiese costruite da Costantino a Gerusalemme oppure le nobili costruzioni della stessa città.
Altre opere musive presenti lungo le pareti della navata mediana di Santa Maria Maggiore incominciano a rappresentare isolatamente tendenze di tipo narrativo, naturalmente con il linguaggio dell’arte cristiana, che si ricollega decisamente alla pittura del periodo classico come indirettamente testimoniano due opere monumentali della miniatura appartenenti al periodo Tardo Romano (intorno ai secoli IV e V) con ariose composizioni: i primi libri dell’Eneide e le Georgiche (Biblioteca Vaticana) e l’Iliade ((Biblioteca Ambrosiana di Milano), opere che sentono certamente l’influenza dello stile comprendario, dove si evidenzia freschezza e rapidità di esecuzione.
Le opere musive in Santa Maria Maggiore raccontano scene di patriarchi e valorosi eroi tratte dal Vecchio Testamento, come quelle di Giacobbe, di Abramo, di Giosuè e di Mosè. Le immagini, di gusto puramente classico, sono collocate su piani concreti in una dimensione spaziale definita dal paesaggio e dagli edifici ad esso appartenenti.
Nei mosaici spiccano colori vivaci ed equilibratamente digradanti che conferiscono una certa trasparenza atmosferica, in una visione che può ancora essere considerata tardo-antica, alla quale viene unita una severa rigidezza compositiva che anticipa gli schemi medioevali.
Il ciclo parietale delle opere musive, probabilmente ancora del secolo IV , è seguito da un altro importante mosaico dell’Arco Trionfale, nel quale è presente lo scritto “Xistus episcopus plebi dei” che lo colloca nel periodo di Sisto III (31 Luglio 432 -440). In tale opera le immagini simboliche degli Evangelisti, che alludono al Cristo (la croce ed il trono con la corona), rappresentano gli apostoli Pietro e Paolo nelle città religiose di Betlemme e Gerusalemme. Non mancano le storie che raccontano l’infanzia di Gesù estratte dagli evangeli apocrifi, come l’Adorazione dei Magi, l’Annunciazione, la Fuga in Egitto e la Presentazione al Tempio.
La tecnica ed il linguaggio classicheggiante impiegati nella realizzazione delle opere pittoriche continua a persistere a lungo, ma ad onta di questo, il mosaico si distacca con decisione dal classicismo, essendo la simbologia inserita in tematiche narrative nelle quali si ricerca l’importanza religiosa dando solennità alle figure – generalmente con prospettive frontali – rispettandone la simmetria, l’equilibrio compositivo, nella semplificazione e snellimento e talvolta nella riduzione della spazialità.
Questo andamento porta ad un linguaggio che toglie importanza al movimento ed all’azione: nella scena dell’adorazione dei Magi, il Cristo, di dimensioni superiori e seduto su un comodo trono, è decisamente distaccato dai personaggi che gli sono intorno, tra i quali l’importante scorta d’onore formata da quattro angeli. I costumi e l’iconografia si avvicinano alla pittura orientale, mentre la vivace coloristica e la dolce attenuazione delle forme appartiene alle peculiarità proprie del periodo, che prenderanno ancora più forza nel VI secolo.