Pagine correlate all’arte nelle catacombe: Catacombe pag. 1 – Arte Cristiana: frammenti – Il popolo cristiano nell’Impero – Nasce l’arte bizantina.
L’arte nelle catacombe, sebbene in maniera alquanto sommessa, ebbe consistenti sviluppi nell’arco dei secoli. Agli inizi dei seppellimenti, i defunti avevano sarcofagi decorati sul frontale, prevalentemente con tecniche ad intaglio. Questi, simili in ogni loro particolarità ai sarcofagi pagani di stile puramente classico, venivano inseriti nei loculi e poi ricoperti da una lastra marmorea (mensa).
Le tematiche che venivano rappresentate erano solitamente scene tratte dalla mitologia, alle quali venivano conferite valenze allegoriche (il mito di Amore e Psiche racconta le vicende dell’anima, quello di Prometeo racconta la Creazione, l’Orfeo incantatore di belve è paragonabile al Cristo che conquista gli infedeli).
Anche gli oggetti avevano un significato simbolico che poteva essere interpretato sia alla maniera pagana che a quella cristiana: amorini, genietti funebri ed altri motivi ornamentali, tra i quali certamente le ghirlande.
Più tardi, i cristiani trovarono nei valori simbolici le loro peculiarità. Il “sarcofago degli arieti” ( II – III secolo) custodito nel Museo Lateranense, purtroppo oggetto di troppi restauri, raffigura una lineare composizione che ancora oggi appare di una straordinaria intensità plastica e spaziale, anche negli accenni paesistici. L’ariete sulle spalle del buon pastore è un simbolo del Cristianesimo legato all’Hermes kriophoros (prima metà del secolo V a. C., simbolo pagano). Non mancano però simboli di significato incerto come ad esempio quelli delle due figure isolate e simmetricamente opposte, collocate ai lati.
Un altro sarcofago da prendere in considerazione è quello del “Buon Pastore” con simile tematica, ma con diversa tendenza stilistica (vicina a quella del secolo IV): tre sono le figure del buon pastore con l’agnello sulle spalle, una al centro, contornata da numerosi amorini vendemmianti che rappresentano le anime del Paradiso, mentre le altre due sono collocate ai lati e simmetricamente opposte.
L’arte cristiana, certamente anche quella legata alla scultura, tendeva ad una valenza didattica e dimostrativa, raccontando scene tratte dai grandi episodi biblici. Quello di Noè nell’arca, Il sacrificio d’Isacco, Mosè che fa uscire l’acqua dalla roccia simboleggiando il sacramento battesimale, le vicende di Giobbe, quelle di Giona, I tre fanciulli nella fornace. In essi vi si poteva riscontrare la vita stessa di Cristo (tra le scene più frequenti sono da ricordare il Miracolo del paralitico, la Resurrezione di Lazzaro, la Guarigione del cieco, la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, ecc.).
Talvolta le scene erano largamente articolate, come quelle presenti nel sarcofago di Giona (III secolo) e collegate ad altre in due piani principali, con soggetti paesistici di stile puramente classico, dai quali scaturiva un’intensa armonia di movimento e gradevoli giochi di luci ed ombre.
Le scene del Vecchio Testamento, più tardi si unirono a quelle del Nuovo, disponendosi in perfetto parallelismo, talvolta confondendosi le une con le altre (sarcofago di Giuno Basso morto nel 352) dando così origine ad una caratteristica corrente stilistica che univa un vivo rilievo ad un armonico modellato pittorico.
A questo punto le figure cariche di una forte melanconia, collocate entro spazi ben definiti o intervallate da colonne, hanno la tendenza ad isolarsi e a perdere quell’obliquità prospettica che le caratterizzava: si va verso una posa che troviamo normalmente nella grande scultura statuaria del periodo tardo-romano, che si affermerà con forza nei sarcofagi. Dopo l’editto di Milano, promulgato da Costantino e Licinio (313), questi capolavori monumentali vengono trasferiti dalle catacombe negli interni delle chiese e dei mausolei.