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ARTE DELL’EGEO ANTICO
Dal 2500 a.C. nell’isola di Creta ed in tutto l’arcipelago delle isole Cicladi (la denominazione deriva dalla loro disposizione a cerchio con Delo pressoché al centro), nascono e si sviluppano civiltà che si espandono rapidamente grazie alle fiorenti rotte commerciali marittime.
Queste nuove popolazioni creano caratteristici modelli artistici che forniranno un preziosissimo contributo alle future civiltà, in modo particolare a quella ellenica. Un’immensa migrazione proveniente dall’entroterra e da tutta l’Asia Minore incomincia a prendere forza nel Mare Egeo.
Il mare Egeo costituisce l’intelaiatura dell’arte pre-ellenica, grazie al suo arcipelago, formato da numerosissime isole strategicamente posizionate, che facilita gli scambi commerciali.
Un intenso sviluppo, che oggi possiamo definire come un vero e proprio boom artistico-culturale, ha origine intorno alla metà del III millennio nelle isole Cicladi: vasi, tavole, bracieri, contenitori di ogni tipo, statuette, teste umane, animali, tutti in ceramica decorati con cerchi a spirale, con simboli marinareschi (dove immancabilmente viene raffigurata la nave come simbolo principale, per la sua importantissima funzione negli scambi commerciali) e puntali di lance, formano la creazione artistica cicladica in questa prima fase.
È soprattutto il marmo, di cui le Cicladi sono abbondantemente fornite, che permette la nascita della forma scultorea: figure femminili, molto probabilmente dee della fertilità, kourotróphoi (donne con l’immancabile figlioletto in braccio), figure umane mentre suonano una piccola arpa poggiata sulle ginocchia o un flauto, sono tra i temi più frequentemente rappresentati.
Le dimensioni di queste opere sono le più disparate e vanno da pochi centimetri fino ad oltrepassare abbondantemente il metro. Le caratteristiche somatiche sono molto semplificate: la testa ed il collo, nel loro insieme, sono rappresentati da un unico cilindro, con un piccolo accenno protuberante ad indicarne il naso. Osservando più reperti appartenenti ai diversi periodi progressivi, si riesce ad intravedere che gli artisti sono in una preliminare fase di indagine, per quanto riguarda le proporzioni dei caratteri somatici.
Intorno al 2000 a.C., la superiorità assoluta dell’espressione artistica nella vasta area dell’arcipelago, è attestata a Creta: qui si costruiscono i palazzi reali di Knossos, di Phaistos e di Mallia che hanno anche caratteristiche templari.
Sin dalla fase prepalaziale (minoico antico, che va da circa il 2500 al 2000 a.C.) i Minoici, il cui nome deriva dal famoso Minosse, avevano dato vita ad espressioni artistiche di nuovo interesse. L’attenzione nella natura si è già rivelata nei rhytà con la testa a forma di toro, nella modellazione plastica dei vasi; il vigore e la forza del colore ornamentale sono nelle chiazze a forma di fiamma policroma della ceramica di Vasiliki (considerato come il più importante centro produttivo) e nei sigilli che presentano variegate forme geometriche del mondo vegetale ed animale.
Molto vaste e di alto interesse sono le creazioni e le elaborazioni vascolari nel periodo delle prime importanti edificazioni (2000-1650 a.C.).
Il linguaggio espressivo è in continuo sviluppo e, dopo l’esperienza dello stile di Kamares, prende forza, specialmente a Knossos, un tipo di decorazione che impiega tinta bianca su fondo scuro tendente al bruno, nel quale viene immancabilmente raffigurata la natura in tutte le sue forme: frastagliati ramoscelli, fragili liliacee, moltissime margherite e delfini in pieno dinamismo.
Nella rappresentazione scultorea, l’uomo è coperto soltanto dal piccolo perizoma, mentre la figura femminile è cinta da un busto aperto, che lascia vedere il petto, e la gonna abbondantemente lunga e voluminosa: il ventre sottile e il torso a sezione quasi perfettamente triangolare, la vitalità negli atteggiamenti nella funzione religiosa o nella danza, alimentano la rigogliosa vivacità alle figure rappresentate.
Molto articolata è la dea dei serpenti, dove l’interesse minoico, che punta sulla molteplicità dei colori, si fonde con l’uso della faìence (ceramica non argillosa invetriata a base di silice). Insieme alle creazioni di artisti di alto livello, ci sono le terrecotte artigianali che raffigurano animali domestici, papere e gazzelle; molto divulgata è la raffigurazione del toro.
La vivace esplorazione della natura sorprende gli animali nelle pose più caratteristiche: nei sigilli, la capra selvaggia è sul cocuzzolo della roccia e il toro in un atteggiamento dinamico per raffigurare la sua corsa.
Nuovi e sontuosi “palazzi reali” vengono edificati nelle città di Knossos e di Phaistos, sulle macerie dei precedenti, tra il 1630 ed 1425 a.C. Nel campo della ceramica, anche in questo periodo, il tema principale è il mondo della natura, per esempio, sono rappresentate grandi distese di mare e con gli abitanti del suo fondale: eleganti polipi che si sgrovigliano, con gli scivolosi tentacoli in prospettiva obliqua sulla superficie del vaso, argonauti, stelle marine di tutti i tipi, coralli, conchiglie e contorni di rocce sinuose.
L’alto livello tecnico della scultura minoica, mancando quella con caratteristiche monumentali, è manifestata nei vasi, anfore, rhytà in steatite, basalto e porfido, decorati generalmente con figure a rilievo. Una fila ordinata e vivace di mietitori con forconi aventi a capo una figura con corsetto, un suonatore di sistro e tre cantanti, si distende sul rhytón piriforme: l’artista ottiene la profondità prospettica mettendo i corpi strato su strato, intersecando i forconi; poco evidente è così lo stacco tra il busto visto di fronte e le gambe di profilo.
L’uomo è soltanto uno dei componenti della tematica realistica, che è fortemente sentita e riprodotta nei suoi più variegati aspetti.
Nella ceramica si nota l’assenza di quell’energia della tematica che aveva contraddistinto la pittura minoica: il polipo viene ora rappresentato disposto sull’asse perpendicolare alla base, gli altri componenti di origine marina, fiori, papiri e edere si combinano in un linguaggio rigoroso e conforme allo “stile di palazzo”.
Dopo i danni provocati dall’eruzione del vulcano di Thera e da altre calamità, che producono la devastazione dei palazzi da poco ricostruiti, nel 1425 a.C., il centro nevralgico si sposta dall’arcipelago alla terraferma, nella Grecia continentale, dove l’apprendimento artistico dalle popolazioni cretesi aveva migliorato di molto la locale cultura elladica.
Approfittando delle difficoltà di Creta, i Micenei si sostituiscono ai Minoici affermando piano piano il loro dominio sull’Egeo e su tutta la parte orientale del Mediterraneo. La pianificazione sociale di Micene, di Orcomeno, di Tirinto e la dominazione di una casta militare, hanno portato ad abbinare ai leggendari Achei, cantati da Omero, i padroni di queste città greche fortificate e tutte costruite su alture.
Le cinta che proteggono l’acropoli di Tirinto hanno una larghezza che varia tra i 5 e i 17 metri. Le grandi torri irrobustiscono le mura, mentre gallerie interne ad esse e passaggi sotterranei l’attraversano internamente per l’intera area. La maestosità viene messa in risalto dai Leoni di Micene nell’ingresso principale, schematica e potente nei massi che la edificano: le due belve in atteggiamento araldico mentre scavalcano la trave principale di sostegno, sorvegliando l’entrata della città, sono le prime più evidenti testimonianze della scultura monumentale prodotte dalla Grecia.
Nodo nevralgico di tutte le fortificazioni è il palazzo del sovrano, accentrato attorno ad una corte molto piccola rispetto a quella minoica.
La diversità dello stile di vita delle due civiltà si manifesta soprattutto sul modo di concepire l’urbanistica, sia sui temi ornamentali che nei modelli architettonici: alla configurazione strutturale del tipo aperto del palazzo cretese si sostituisce quella del tipo chiuso del mégaron, sala di rappresentanza squadrata e coperta, riportata spesso nei canti di Omero.