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Il gruppo artistico Der Blaue Reiter
Il contributo alla liberazione dei mezzi linguistici
Se la Brücke contribuì, a sua maniera, alla liberazione dei mezzi linguistici, il Blaue Reiter (cavaliere blu, o cavaliere azzurro) vi agì intenzionalmente ed in modo assai più radicale. Quest’ultimo è una derivazione dalla “Neue Künstlervereinigung München”, un’associazione di artisti fondata a Monaco il 22 gennaio 1909 da Kandinsky.
Tale associazione, costituita da componenti dallo stile alquanto eterogeneo tra loro, dovette affrontare diversi problemi interni sin dai primi momenti della sua nascita. Da quando, infatti, il suo fondatore incominciò a trascurare gli elementi della natura mirando invece alla pura forma ed alla libera coloristica.
Una strada difficile e tutta in salita
I dissensi e le difficoltà fra i membri continuarono a crescere raggiungendo il culmine quando il movente pretestuoso della bocciatura dell’opera “Compassione V” di Kandinsky, da parte della giuria, portò al parziale scioglimento del gruppo. Il riferimento è alla 3° mostra della Neue Künstlervereinigung München del 1911. Le dimissioni annunciate dallo stesso Kandinsky e dal suo stretto collaboratore Franz Marc, che e lo aveva difeso con tutti i mezzi, furono sottoscritte anche da Alfred Kubin e Gabriele Munter. Alcuni mesi più tardi dal gruppo si ritirarono pure Alexej Jawlensky, Marianne von Werefkin, Adolf Erbslöh e Alexander Kanoldt.
La Redaktion Der Blaue Reiter
Nel dicembre del 1911 Kandinsky, insieme all’inseparabile Franz Marc, fondò la “Redaktion Der Blaue Reiter”. I due artisti come primo lavoro prepararono il “Der Blaue Reiter” (in italiano: “II cavaliere azzurro”), un almanacco ove apparvero le priorità programmatiche più importanti. Queste, secondo i fondatori, sarebbero servite a dare un’energica spinta all’arte novecentesca.
Il programma di quattordici saggi
Il programma fu definito dallo stesso Kandinsky come il “bacino di raccolta di quelle aspirazioni che in tutti i campi dell’arte così frequentemente avviene oggi di osservare, e la cui tendenza di fondo è: ampliare gli attuali limiti delle capacità di espressione artistica”.
Esso comprendeva quattordici saggi in cui veniva suggerito come affrontare le questioni legate all’arte ed alla musica in chiave moderna. Tra i testi spicca “Sulla questione della forma” di Kandinsky, quello che senza alcun dubbio contribuì più significativamente alla popolarità dell’almanacco. Il testo ricalca essenzialmente le riflessioni dello scritto “Lo spirituale nell’arte” dello stesso artista apparso soltanto alcuni mesi prima (sempre nel 1911).
L’almanacco e le due polarità: grande realismo e grande astrazione
Grande e pensatore e perspicace teorico, Kandinsky lancia una chiara e dettagliata proposta sulla forma, intesa come espressione finale di un contenuto spirituale. Egli infatti mette in evidenza – distinguendole tra esse – due polarità: il “grande realismo” e la “grande astrazione”.
Nell’almanacco figuravano 141 illustrazioni: opere di arte esotica e primitiva, arte medievale e novecentesca, quest’ultima rappresentata da Picasso, Kirchner, Macke, Kubin, Burijuk, Delaunay, Matisse, Cézanne, Gauguin, Pechstein, Nolde, Marc, Schönberg, Münter, Klee, Kokoschka e dallo stesso Kandinsky.
Figuravano, tra gli altri, il simbolista van Gogh, Rousseau il Doganiere come rappresentante della pittura naif ed El Greco come il precursore dell’espressionismo.
Gli artisti
Molti furono gli artisti che aiutarono Kandinsky alla preparazione dell’almanacco ed all’allestimento parallelo di due importantissime manifestazioni pittoriche che perseguivano gli stessi intenti.
Si sa per certo che molti pittori espositori dettero il loro contributo anche nel lavoro per la strutturazione dell’almanacco. Infatti si rilevano moltissime connessioni tra quest’ultimo e le due mostre, entrambe inaugurate a Monaco (di cui la prima, continuata a Berlino). Quella avviata il 18 dicembre 1911 alla Galleria Heinrich Thannhauser, e l’altra del 12 febbraio dell’anno successivo presso la Bottega d’Arte Hans Goldtz.
Le prime due manifestazioni
Alla prima manifestazione, il cui catalogo comprendeva 43 opere, parteciparono, tra gli altri, oltre ai principali rappresentanti (Kandinsky e Marc), anche Rousseau il Doganiere, David e Vladimir Burijuk, Albert Bloch, Gabriele Münter, Heinrich Campendonk, August Macke, Arnold Schönberg, Jean Bloé Niestlé e Robert Delaunay. A questi – quando la mostra fu successivamente presentata alla Galerie Der Sturm di Herwarth Walden a Berlino – si aggiunsero Alexej Jawlensky, Marianne von Werefkin e Paul Klee. Nella seconda esposizione, molto più allargata rispetto a quella precedente (il catalogo comprendeva 315 opere) e definita “mostra in bianco nero”, vi erano soprattutto disegni, acqueforti, xilografie ed acquerelli.
Le opere dei cubisti e degli artisti russi superavano di gran lunga quelle degli altri partecipanti. Erano presenti anche esponenti della Brücke, che per la prima volta si presentavano a Monaco grazie agli stretti contatti stabiliti con Franz Marc.
Con il Blaue Reiter, Kandinsky e Franz Marc poterono finalmente vedere realizzato quel che non riuscirono ad ottenere con la “Neue Künstlervereinigung München”.
Blaue Reiter e Brücke a confronto
A differenza della Brücke le aspettative dei due artisti avevano un orientamento teorico assai più preciso ed intenso. Anche in fatto stilistico venivano evidenziate profonde divaricazioni tra Blaue Reiter e Brücke prescindendo, naturalmente, dalla nuova interpretazione della coloristica. Vista dal lato formale l’arte del Blaue Reiter, pur da considerarsi essenzialmente espressiva, non è tuttavia paragonabile a quella espressionista della Brücke. Questo perché, in essa, uomo e natura vengono fusi assieme in una generale connessione ontologica.
La rappresentazione astratta della forma e e della coloristica in termini puri
Negli intenti di Kandinsky di rappresentare astrattamente la forma e la coloristica in termini puri emerge la volontà di destare “l’esperienza dello spirituale nelle cose materiali e astratte”. Egli evidenziava anche delle analogie tra armonia coloristica ed armonia musicale.
Con le sue opere, lontane da rappresentazioni oggettuali ma pregne di intenso e variatissimo cromatismo, Kandinsky traghettò la pittura verso nuovi orizzonti. Riusci pienamente nel suo intento adottando un linguaggio assai più delicato dell’espressionismo riscontrato nella Brücke. Un’affrancata ed autosufficiente configurazione formale e coloristica doveva quindi bastare ad esprimere i fattori simbolici dei suoi dipinti. Fattori quindi ben differenti da quelli di Franz Marc, ove si evidenziava la volontà dell’artista di rendere percepibile il “versante interiore e spirituale” del mondo esterno.
Secondo Kandinsky ogni colore doveva contribuire con efficacia non soltanto all’espressività simbolica, nel cogliere più elementi nella sfera esistenziale, ma ad evidenziare collegamenti tra spirito e materia. Ma non solo: anche tra natura e cosmo, tra la nascita e la scomparsa relative ad ogni cosa.
La concezione di Marc
La concezione filosofica di Marc si scostava invece da quella del collega soprattutto nell’espressione dello spirito del romanticismo tedesco. Con le sue tematiche, spesso riferite al cosmico ed alle interiorità sentimentali, esso intendeva compenetrare il mondo che rappresentò l’arte di Friedrich e di Philipp Otto Punge. Nel triennio 1914-16 le opere di Marc, integrate da un evidente linguaggio stilistico cubista e dall’orfismo coloristico di Delaunay, si orientarono soprattutto su raffigurazioni di intenso vigore visionario.
Blaue Reiter e Brücke insieme nella volontà di cambiamento
Se confrontiamo i contrasti ed i punti in comune tra la Brücke ed il Blaue Reiter possiamo affermarne con certezza assoluta la prevalenza dei primi sui secondi. Gli orizzonti del Blaue Reiter sono soprattutto l’astrazione e la simbologia, mentre quelli della Brücke perseguono l’intuito. Ciò che li collega invece è l’intensa volontà di cambiamento, cioè la rappresentazione della “novità”.
Tuttavia nella “Storia dell’arte” i due gruppi sono immancabilmente, ed a ragione, presentati sotto il concetto di “espressionismo”.
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