Masaccio: Il tributo (o Pagamento del tributo) – chiesa del Carmine
Sull’opera: “Il tributo” è un dipinto del Masaccio, realizzato (con aiuti) nel 1425 impiegando la tecnica a fresco su muro, misura 255 x 598 cm. ed è custodito nella Cappella Brancacci (chiesa del Carmine, Firenze).
La composizione in esame è la più famosa di tutto il ciclo degli “Affreschi della Cappella Brancacci”, così considerata – e non solo attualmente ma già dai tempi del Vasari – “tra l’altre notabilissima”.
In primo piano assistiamo alla narrazione dell’episodio (San Matteo XII, 23) del gabelliere Levi (l’unico ripreso completamente di schiena) che tratta la parcella per il pedaggio con Cristo ed i suoi apostoli; alla destra di Cristo sta San Pietro che ripete esattamente il segno del suo Maestro indicando le acque che appena s’intravedono.
Con la seconda fase della narrazione – sulla sinistra in secondo piano – si rafforza il prodigio della storia in cui “Pietro … il quale nell’affaticarsi a cavare i danari dal ventre del pesce, ha la testa focosa per lo stare chinato” (Vasari).
La terza ed ultima scena si svolge di nuovo in primo piano sulla destra, dove San Pietro – questa volta visto di spalle in tre quarti – paga il gabelliere nei pressi di alcuni edifici che corrono in prospettiva (in riferimento alla “domus” riportata dal Vangelo). Sullo sfondo, la pianura prosegue in profondità incontrando le montagne che s’innalzano maestosamente verso un cielo che pare scuro e tempestoso.
Sul significato proprio del “Tributo” sono state avanzate diverse ipotesi dagli studiosi di storia dell’arte, tra le quali ne elenchiamo solo alcune, come ad esempio quella di Steinbart (1948) che vede Martino V (papa dal 1417 al 1431) conferire alla Chiesa l’autorità perduta mettendo in relazione l’estrazione del danaro dal pesce con i rinnovati interessi marittimi di Firenze, istituiti proprio da Felice Brancacci che in quel periodo esercitava l’importante incarico di “console del mare”. Altre ipotesi come quelle di Meiss e di Berti (rispettivamente 1963, 1964), i quali lo riferiscono al Catasto che, già prima di essere istituito (1427, due anni più tardi rispetto al compimento dell’opera), era già favorevolmente accolto dagli amministratori fiorentini intorno agli anni 1424-25, come già affermava il Procacci nel 1954. Tuttavia, riguardo la prima ipotesi – quella più accettata – il console Brancacci, qualche anno prima, era decisamente contrario a tale riforma tributaria.
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