Giorgione: Le tre età dell’uomo (Palazzo Pitti)
Sull’opera: “Le tre età dell’uomo” è un dipinto attribuito al Giorgione con molte riserve (oggi più attenuate, ma c’è ancora contrasti con parte della critica che l’assegna a Tiziano), realizzato con tecnica ad olio su tavola, misura 62 x 77 cm. ed è custodito a Palazzo Pitti a Firenze.
La prima citazione dell’opera in esame risale al periodo in cui apparteneva alla collezione del principe Ferdinando (1663-1713), attribuita però alla scuola lombarda.
Più tardi, nel 1832, l’Inghirami l’assegnò a Lorenzo Lotto (1480- 1556), con la piena approvazione del Cavalcaselle, mentre il Gronau (1895) ipotizzava il riferimento al Morto da Feltre (Lorenzo o Pietro Luzo, 1480-1527). Nel 1927 il Longhi propose il Giambellino (1430-1513), con la concordia del Berenson che vi integrava un Giovanni Bellini ottuagenario.
Il Ritcher avanzava l’ipotesi di P. M. Pennacchi, mentre il Fiocco pensava a Francesco Torbido (1482-1562). Finalmente, con il Morelli per primo – seguito da Kook, Morassi e Suida – si incominciò timidamente a parlare della mano di Giorgione. Oggi si parla anche di Tiziano.
Il quesito dell’assegnazione coinvolge perciò una vasta schiera di artisti che abbraccia soprattutto il Giambellino, il Tiziano, il Giorgione ed i giorgioneschi.
Ancor oggi gli studiosi di Storia dell’arte sono abbastanza divisi, tanto che Adolfo Venturi (1928) si arrese alle ricerche già prima di aver trovato i nomi da mettere a confronto. Il Pallucchini (1949), a proposito dell’opera, scriveva: “uno dei problemi attributivi più appassionanti della critica d’arte”. Il dipinto sopra raffigurato è stato inserito tra quelli del Giorgione ma, alla stessa stregua, può essere integrato con quelle del Giambellino, o del Tiziano.