Eugène Delacroix: Apollo vincitore di Pitone (Louvre)
Sull’opera: “APOLLO VINCITORE DI PITONE” è un dipinto autografo di Delacroix realizzato con tecnica ad olio su muro (tela applicata alla parete) tra il 1850 – 1851, misura 800 x 750 cm. ed è custodito nel Palazzo del Louvre.
L’Apollo raffigurato nel soffitto del Louvre
Esattamente il 12 dicembre del 1848 (come da documentazioni esistenti) venivano destinati due milioni di franchi per la restaurazione del Louvre di Parigi, e già nell’aprile del 1849 Delcroix venne a conoscenza della sua designazione per la decorazione del soffitto – parte centrale – della Galleria d’Apollo; ma la commissione doveva costituirsi non prima dell’8 marzo 1850 (18.000 franchi ai quali poi ne furono aggiunti altri 6.000).
Nonostante queste testimonianze non si capisce perché Robaut metta in relazione i bozzetti olio col 1849. (quando la presumibile una cronologia viene assegnata al 1850).
Si sa per via documenti certi che secondo gli accordi preventivi, Delacroix riprese la tematica che fu nel Seicento di Le Brun: Apollo sul carro, ovvero Apollo vincitore di Pitone. In questa somma impresa, Delacroix si cercò un valido assistente nella persona di P. Andrieu, un suo allievo.
La stesura dell’opera fu portata a termine intorno agli ultimi giorni dell’agosto 1851. La grande tela fu applicata sulla parete e ritoccata nei particolari, quindi nei giorni 16-17 ottobre dello stesso anno avvenne la presentazione dell’opera alla critica ufficiale. Nell’invito c’era anche una nota dell’artista relativa al tema, la quale porta a considerare vari ragguagli, e cioè: Apollo – sul carro – ha messo a segno diversi dardi; Diana presenta ad apollo la faretra, il serpente Pitone emette ormai gli ultimi respiri; il rigonfiamento delle acque provocate dal Diluvio comincia a restringersi, trascinando corpi di uomini e carcasse di animali, mentre gli dèi si indignano che la Terra è si sia fatta preda dei mostri: armati – Minerva e Mercurio – si lanciano contro i mostri per distruggerli, Ercole ne fa grande strage, Vulcano dissipa le tenebre, Borea e Zefiro dissipano le brume, le ninfe riscoprono i piacevoli ricettacoli, le divinità più timide osservano la lotta, la Vittoria viene dall’alto per l’incoronazione di Apollo, ed Iride dispiega le ali segnando così la vittoria.
L’entusiasmo del pubblico e degli studiosi di Storia dell’arte fu unanime, tranne quello di Vitet che, sulla “La Revue contemporaine” del 15 settembre 1853, asseriva di aver riscontrato “affettazione” e grande “teatralità”.
Quello in esame è uno fra i dipinti più meditati di Delacroix, e nel tempo stesso quelle partorito con slancio superiore attraverso un eccezionale impianto di prospettive multiple.
Il cromatismo impiegato richiama la pittura di Rubens, Veronese e Tiepolo.