Carpaccio: La vocazione di San Matteo
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Sull’opera: “La vocazione di San Matteo” è un dipinto autografo di Carpaccio, appartenente al “Ciclo di S. Giorgio degli Schiavoni”, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1502, misura 141 x 115 cm. ed è custodito nella Scuola di San Giorgio a Venezia.
La composizione in esame è firmata e datata sul cartellino situato nell’angolo basso a sinistra con la scritta “C(ar)PATIVS / (Ve)N(e)T(us) / MDII”.
Cristo fa cenno al futuro apostolo di lasciare il banco della gabella per seguire con lui la nuova avventura. A sinistra, oltre le due colonne, si vede l’interno d’una bottega, tipicamente medievale, con un’apertura in legno per parasole.
Nella zona di destra la prospettiva va gradatamente in profondità, tramite le figure e le costruzioni, avendo come principale riferimento la linea di fuga basale del Redentore.
Sul fondo gli edifici civili, le mura e la torre conferiscono alle porte della Cafarnao evangelica la valenza d’una città veneta di provincia, verosimilmente Castelfranco o Treviso. A proposito di ciò, il Bòhm (“BM”, edd. 1909-10) ipotizzava invece il ghetto veneziano.
Fra le figure in primo piano, oltre a quella del Cristo, spicca il profilo di Matteo, che alcuni studiosi identificano in Sebastiano Michiel, presente in alcuni dipinti di Gentile Bellini.
Lo stemma sulla prima colonna di testata è verosimilmente quello di Andrea Vendramin, come Matteo, cavaliere gerosolimitano, l’ipotetico commissionario e donatore dell’opera (fonte: Perocco, 1961).
Lo stesso simbolo ricompare nel “telero” successivo, poi sparisce. Questo lega “esternamente” le due opere, che diversi studiosi di storia dell’arte ipotizzano di affrancare dal ciclo, anche per presenza di elementi stilistici più arcaici, testimonianti probabilmente d’una cronologia anteriore.