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La pittura veneta del Quattrocento
Pittura veneta del Quattrocento: una certa attenzione merita lo sviluppo della pittura rinascimentale negli ambienti veneti e, in particolare in quello veneziano, per la valenza universale e paradigmatica di autorevole polo rinascimentale, indipendente da Roma e Firenze, e non meno importante di queste ultime.
Il livello artistico – culturale, in questo territorio, risulta essere alquanto eccelso ed i personaggi di spicco sono molti.
Venezia ha un governo oligarchico mercantile legato da lunga tradizione all’oriente e continua a mantenersi distaccata dagli influssi provenienti dall’esterno, tanto che l’arte bizantina, cultura dominante a Venezia, vi aveva posto le sue radici conoscendo una grande fortuna.
Nella vicina Padania, scostandosi dalle zone limitrofe, la situazione cambia aspetto, soprattutto nel padovano, con il suo capoluogo che aveva tenuto a soggiorno Giotto per gli affreschi della Cappella dell’Arena, l’espressione più alta dell’artista.
Nel Quattrocento, mentre è in corso la forte espansione della Serenissima, Padova vive un periodo artistico di grande vitalità e per la presenza di eccezionali personaggi toscani come Filippo Lippi e Donatello, diventa la più prolifera officina rinascimentale del settentrione italiano. Le opere scultoree di Donatello – tra queste il Monumento equestre al Gattamelata e l’altare in bronzo nella basilica del Santo – condizionano radicalmente il clima artistico della Padania.
Un primo contributo arriva dallo Squarcione, che con la sua “boutique fantastica”, rappresenta una caratteristica interpretazione della formalità toscana, conferendo una più alta importanza artistica alle città di Padova e Venezia, abbondantemente testimoniata dalle opere giovanili del Mantegna e di altri grandi esponenti come Carlo Crivelli, Niccolò Pizzolo, Dario da Treviso, Gregorio Schiavone, Bartolomeo Vivarini, Marco Zoppo: un’interpretazione che si esprime forzando irrealisticamente il dato prospettico e plastico rinascimentale, nell’intenso archeologismo e nella stesura del colore puro, considerato elemento prezioso.
Tuttavia il vero pioniere della pittura moderna veneziana risulta essere Giovanni Bellini, che si distingue dal Mantegna, e che iniziò il suo percorso artistico con le lezioni di Piero della Francesca (opere di Rimini e di Ferrara) sulla luminosità e sulla prospettiva.
La spinta del Bellini nello sviluppo della pittura veneziana, è decisiva. Non è così per la parte costiera adriatica e il relativo entroterra, dove la tradizione squarcionesca, oltre che essere rielaborata e sublimata dal Mantegna e non venire sovrastata dall’opera dei muranesi, assume importanti estensioni con il Crivelli e il Vivarini.
Intanto il Giambellino (Giovanni Bellini) attua una sintesi nella forma e nel cromatismo, nello spazio figurabile, che sarà consegnata alla cultura artistica universale, come importante variante della pittura rinascimentale.
Gli ultimi decenni del Quattrocento sono per Venezia un periodo di altissimo livello, con la presenza di personalità come il Carpaccio, il Cima, Antonello da Messina, e per l’alto numero di minori come – tanto per elencarne alcuni – Alvise Vivarini, Lazzaro Bastiani, Benedetto Diana, Bartolomeo Montagna, Vincenzo Catena, il Buonconsiglio, il Basaiti, Pier Matteo Pennacchi, ognuno con una propria caratteristica, ma universalmente orientata verso la luminosità ed il cromatismo.
Alcuni esponenti del primo Rinascimento
(fonti delle ricerche: “L’arte italiana” di Mario Salmi).
Venezia resiste in modo particolare alle influenze rinascimentali, rimanendo a lungo “gotica“. Gentile da Fabriano nutre gli epigoni del goticismo veneziano.
Jacopo Bellini
Jacopo Bellini (probabili date, 1424-1470), nonostante le lezioni di Gentile da Fabriano, si allontana dal fascino caldo e notturno della pittura bizantina imperante a Venezia.
Il suo cromatismo si trasforma, da decorativo a costruttivo, riempiendosi di una quieta e delicata umanità, come testimoniano le sue Madonne attualmente custodite nei musei del Louvre di Parigi, Accademia di Venezia, Lovere, Galleria Tadini, Uffizi di Firenze, collezione Strauss a New York.
Gentile Bellini
Gentile Bellini (1429-1507), figlio di Jacopo e fratello di Giovanni il Giambellino, si forma nella bottega paterna e subisce gli influssi del Mantegna.
Egli concretizza il suo mondo nel cromatismo attraverso un fondamento prospettico, realizzando pitture con vedute veneziane, mutevoli nel gioco della luminosità nei canali accuratamente studiati.
Un acuto osservatore che approda con successo anche al ritratto. Tuttavia rimane ancorato agli schemi paterni che gli impediscono una composizione più libera e decisa.
Lazzaro Bastiani
Lazzaro Bastiani (c. 1430-1512) allievo del Vivarini, si avvicina a Gentile Bellini, adottando lo stesso schema compositivo, come testimonia la “Donazione della reliquia della Croce” le cui figure rispettano il parallelismo con l’asse della composizione.
Vittore Carpaccio
Tra questi spicca un allievo del Gentile, Vittore Carpaccio (c. 1455-1526), che seguendo la lezione del suo maestro, riesce a superarlo nell’armonica articolazione delle figure nell’ambiente, e nel cromatismo, integrato con gli influssi della pittura del Giambellino, fratello di Gentile.
Antonello da Messina
Antonello da Messina (1430-1479), sebbene di origine siciliana, si introduce con facilità nella pittura veneta nonostante la sua formazione fiamminga, scelta quasi per obbligo poiché l’ambiente meridionale era saturo di cultura catalana, di esponenti di spicco tra i quali Colantonio, e minori come Angiolillo Arcuccio.
La sua preoccupazione e la sua ricerca si orienta verso una perfetta prospettiva, una conquista degli spazi, un certo senso “classico” della forma, e una attenta disciplina geometrica nella volumetria. Antonello lascia a Venezia un grande influsso. Iacobello (figlio di Antonello da Messina) ed Antonello da Saliba, provano con insuccesso a portare la lezione di Antonello da Messina nell’Italia meridionale.
Alvise Vivarini
Alvise Vivarini (1446-1505) si arricchisce di delicatezze, grazie agli influssi belliniani (Madonna del Redentore) ed acquisisce monumentalità grazie a quelli antonelliani (pale di Berlino e dei Frari a Venezia).
Bartolomeo Montagna e Giovanni Buonconsiglio
Altri due artisti che sentono molto la pittura di Antonello da Messina e del Giambellino, sono Bartolomeo Montagna (1450-1523) e Giovanni Buonconsiglio, quest’ultimo meglio conosciuto come il Marescalco.
La loro pittura, rispetto a quella dei due maestri, risulta essere di costruttiva rudezza.
Giambellino
Il Giambellino ha uno spirito sensitivo e melanconico allo stesso tempo, con il quale riesce a non farsi influenzare ed a conservare il suo schietto stile veneziano, nonostante i contatti con Antonello da Messina (forse perché conosciuto quando la sua formazione è ormai consolidata).
Cima da Conegliano ed altri
Cima da Conegliano (c. 1459-1517), probabilmente di formazione vivariana si avvicina al Giambellino, per la brillantezza del suo cromatismo e per la stessa serenità d’animo, sensitiva e melanconica.
Fra i seguaci della pittura del Giambellino spiccano, oltre al Cima, Vincenzo Catena, Francesco Bissolo, ed altri fuori della regione veneta, quali Andrea Previtali, Lattanzio da Rimini, Niccolò Rondinelli, Cristoforo Caselli meglio conosciuto come il Temperello.
Boccaccino
Il Boccaccino (1467/68-1525), un pittore di origine cremonese, di formazione veneta sotto il Vivarini ed in contatto con il Costa, è attivo soprattutto a Venezia, ma non trascura la cattedrale di Cremona dove realizza gli affreschi alla nave Maggiore con tematiche da stampe dureriane.
Gli influssi della pittura tedesca colpiscono anche pittori come Bartolomeo Veneto, Jacopo de Barbari, Benedetto Diana e Marco Marziale. Di questi, Jacopo de Barbari, viaggiando in Germania, ha contatti diretti con il Dürer, il quale gli è amico e principale ispiratore.
Vincenzo Foppa
In Lombardia Vincenzo Foppa (c. 1427-1515), riesce a superare i residui del Tardogotico testimoniati dalla Madonna Berenson, cercando di “nutrirsi” dai veneti e dai toscani.
La sua specialità è la luministica illusionista, creata attraverso le gamme grigie ed attinta dalla pittura fiamminga, espressa però con una naturalezza tutta italiana. Questa luministica diventa ancora più netta nei suoi affreschi.
Ambrogio da Fossano detto il Borgognone
Ambrogio da Fossano detto il Borgognone (c.1450/53-1523), dall’animo mite e pacato, dall’indole mistica e monocorde, passa tutta la sua vita a dipingere pale d’altare, piccoli quadri e grandi affreschi, avvicinandosi molto al luminismo del Foppa.
Ha avuto un periodo di contatti con il genio Leonardo, della cui grandezza non si è minimamente reso conto.
Donato da Montofano
Donato da Montofano realizza, alle Grazie, l’affresco di una crocifissione nella parete posteriore al cenacolo di Leonardo.
Bartolomeo Suardi detto il Bramantino
Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (1460-1530?/1536?), nonostante si inoltri per oltre tre decenni nel Cinquecento, è considerato un pittore del primo rinascimento.
Artista dall’animo sensitivo e geniale, sente molto la pittura del Foppa, delle officine ferraresi e soprattutto quella del Bramante (Donato di Angelo di Pascuccio, 1444 – Roma, 1514).
Altri pittori lombardi
Pittori minori lombardi sono Martino ed Alberto Piazza, attivi a Lodi loro città natale, le cui opere, pur evidenziando influenze milanesi, sono spesso integrate dalla pittura di Raffaello e Perugino, nonché del Boccaccino.
Vincenzo Civerchio (c. 1470-1544), attivo anche a Brescia oltre che a Lodi, intraprende la strada del Foppa, impiegando i nuovi concetti del genio Leonardo e Romanino.
Maestro dell’Annunciazione del Louvre
Il Maestro dell’Annunciazione del Louvre, di origine piemontese, è l’autore di un trittico (Louvre, Parigi), dove il supporto mediano raffigura appunto una Annunciazione.
La sua pittura, dalle figure di stampo foppesco e dalla paesaggistica di accurata impostazione fiamminga, esprime un senso di profonda delicatezza.
Altri pittori che sentono intensamente il Foppa sono Giovanni Massone e Luca Baudo, mentre Pierfrancesco Sacchi da Pavia si ispira al Bergognone.
Martino Spanzotti e Defendente Ferrari e Girolamo Gionenone
Martino Spanzotti (probabili date, 1480-1524), che è attivo a Vercelli ed a Casale, è influenzato dalla pittura del Foppa, ma integra le sue opere con un fare molto più delicato.
Defendente Ferrari (508-535) ha la sua formazione base con Martino Spanzotti, ma inserisce nelle sue tele gli effetti luministici della pittura nordica, testimoniata nelle pale d’altare, dove figure allungate si trovano fra gracili edifici.
Stessa cosa si può dire di Girolamo Gionenone (c.1480-1557), che opera a Vercelli, ma le sue pale sono di più disinvolta ed ariosa fattura.
Macrino d’Alba
Infine Macrino d’Alba (c.1470-1528) che rende ancor più fredda, acre e metallica la pittura del Foppa, e non accontentandosi intraprende un viaggio per saziare la sua fame eclettica.
Parte perciò per l’Italia centrale ed attinge direttamente dalle grandi fonti della rinascita: contatta direttamente il Pinturicchio, il Perugino, il Signorelli, Filippo Lippi e riporta sulle sue pale d’altare tali insegnamenti