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Michelangelo: Tormento di sant'Antonio, intorno agli anni 1487-89, tecnica a tempera su tavola

Tormento di sant’Antonio – Michelangelo Buonarroti

Michelangelo: Tormento di sant’Antonio

Michelangelo: Tormento di sant'Antonio, intorno agli anni 1487-89,
Michelangelo: Tormento di sant’Antonio, intorno agli anni 1487-89, tecnica a tempera su tavola, Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas

Ai dipinti di Michelangelo

Sull’opera

Il Tormento di sant’Antonio è un’opera attribuita (con incertezza) a Michelangelo Buonarroti, realizzata con tecnica mista (tempera e olio) su tavola intorno al 1487-89, misura 47 x 35 cm. e custodita nel Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas.

Storia

Pare che si tratti di una riproduzione di un incisione di Martino d’Ollandia raffigurante le Tentazioni di sant’Antonio; tale ipotesi trova concordi il Condivi, il Vasari ed il Varchi.

Si pensa che Michelangelo, all’epoca del quadro, avesse avuto poco più di dodici-tredici anni di età e che l’avesse realizzato su suggerimento di Francesco Granacci, apprendista come lui nella bottega di Domenico Ghirlandaio. Il Varchi aggiunse che si trattava del primo dipinto di Michelangelo, mentre il Condivi aggiungeva che fosse stato realizzato su legno e come “oltre all’effigie del santo, c’erano molte strane forme e mostrosità di demoni”.

L’opera in esame avrebbe, forse, anche smosso l’invidia del titolare della bottega, presso cui i due adolescenti lavoravano.

Del dipinto si persero le tracce per diversi secoli, fino a quando alcuni studiosi dell’epoca moderna, già nell’Ottocento, tentarono di intercettarlo. Il primo a provarci fu G. Bianconi che si imbatté una pittura con lo stesso tema, proponendola come autografa di Michelangelo, ma che fu respinta da altri studiosi [in Gulandi, 1840].

Il Tormento di sant’Antonio in questione venne invece pubblicato nel 1861 da Clément. Lo stesso dipinto fu segnalato nel 1837 a Pisa nella collezione Scorzi, quando passò al barone Triqueti. Nel 1886 appartenne ai Lee-Child e, quindi, nel 1905 a sir Paul Harwey. Quest’ultimo, nel 1960, lo mise in vendita ad un’asta di Sotheby’s.

Tuttavia, l’autografia sostenuta da diversi critici, fra cui Montaiglon (1875), fu messa in dubbio anche da Mantz (1876) [Camesasca, pagina 85].

Si persero di nuovo le tracce fino al 13 maggio 2009, quando il dipinto ritornò prepotentemente nei dibattiti in occasione dell’acquisto da parte del Kimbell Art Museum, che finalmente lo espose al pubblico.

Descrizione

L’opera in oggetto mostra sant’Antonio Abate mentre viene trascinato in alto dai demoni. I dettagli espressivi di questi ultimi risultano attenuati rispetto a quelli della tipica tradizione nordica e, di conseguenza, a quelli di Martino d’Ollandia, dalla cui opera Michelangelo trasse la copia.

Sotto il gruppo di figure appare, in lontananza, una semplificata paesaggistica tra le quinte di due blocchi rocciosi. Trattasi di un libero apporto integrante rispetto all’incisione originale.

Il cromatismo appare fresco, fluido, deciso ed equilibrato, con la prevalenza di toni rossi spenti e verdastri di vario tono.

Lo stile, dovuto necessariamente alla fedeltà dell’incisione, risulta derivato da quello della tradizione nordica. Tuttavia si evidenziano in alcuni particolari, come nella testa di sant’Antonio, influenze ghirlandaiesche.

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