Il Serpente di bronzo nella volta della Cappella Sistina

Il Serpente di bronzo di Michelangelo Buonarroti

Michelangelo: Il Serpente di bronzo in uno dei quattro pennacchi della volta della Cappella Sistina.
Michelangelo: Il Serpente di bronzo in uno dei quattro pennacchi della volta della Cappella Sistina.

Storia precedente:

Sull’opera di Michelangelo

Il Serpente di bronzo è un affresco, realizzato da Michelangelo Buonarroti intorno al 1511-1512 in uno dei quattro pennacchi ubicati agli angoli della volta della Cappella Sistina in Vaticano. La composizione, che misura 585 × 985 cm., fu commissionata da papa Giulio II e fa quindi parte della decorazione del soffitto.

Storia

Michelangelo decise di procedere con la decorazione del soffitto iniziando dalle campate dell’ingresso, la cui porta veniva aperta per lo svolgimento delle solenni cerimonie in cappella, sempre presiedute dal papa. Nella settimana santa una processione, a cui partecipava il pontefice ed i suo seguito, si spingeva fin sopra le campate dell’altare. Il pennacchio con l’episodio del Serpente di bronzo (Numeri 21,1-9), trovandosi in prossimità dell’altare (sul lato sinistro dell’osservatore con le spalle rivolte verso l’ingresso), appartiene alle ultime composizioni realizzate sulla volta.

Descrizione

Il Serpente di bronzo è una delle quattro narrazioni del Vecchio Testamento, realizzate nei pennacchi agli angoli del soffitto della Cappella Sistina.

Gli episodi sono tutti legati alla difesa di Israele da parte di Dio. Il popolo israelita, che mormorava contro Dio e Mosè, subì l’arrivo di serpenti velenosi che incominciarono ad uccidere gli insoddisfatti. Più tardi Mosè, pentito e impietosito della forte azione d’ira verso quella popolazione, forgiò il Nehustan, un serpente di bronzo che guariva le persone morsicate dai rettili velenosi soltanto guardandolo.

L’episodio appare, al culmine del suo svolgimento, nel pennacchio sul lato destro. La scena mostra un tumulto indescrivibile di figure che si intrecciano, realizzate con un cromatismo assai espressivo e violento.

I toni caldi – predominanti nelle figure, dal giallo al rosso infuocato – contrastano delicatamente i grigi e le gamme azzurrine del fondo e degli stessi personaggi. Anche gli scorci e le torsioni delle figure sono resi con molto efficacia, mentre i volti degli stessi appaiono con espressioni di forte panico.

Al centro, in contrasto con un fondo chiarissimo dai toni grigio-azzurrini, spicca il Nehustan (il serpente di bronzo). A sinistra appaiono gli scampati alla morte che, con concitati atteggiamenti e segni diretti all’immagine salvifica, esprimono riconoscenza. Altri implorano per la salvezza di quelli morsicati dai serpenti velenosi.

La presente composizione, della quale parlò molto bene Giorgio Vasari ne “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori ”, rimase un ottimo esempio da cui trassero ispirazione alcuni pittori manieristi, fra i quali ricordiamo Giulio Romano, e lo stesso Vasari.

Da un punto di vista puramente iconologico, l’episodio in esame prefigura la crocifissione di Gesù. Infatti nel Vangelo di Giovanni si legge «come Mosè innalzò il serpente di bronzo nel deserto, così il figlio dell’uomo sarà innalzato» (3,14).

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