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Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone (Morazzone, 1573 – Piacenza, 1626)

Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone (Morazzone, 1573 – Piacenza, 1626)

Pier Francesco Mazzucchelli nacque a Morazzone (Varese) nel 1573. La sua formazione artistica si svolse a Roma presso il pittore Ventura Salimbeni (Siena, 1568 – 1613) e poi negli ambienti del Cavalier d’Arpino (Arpino, 1568 – Roma, 1640). Nella capitale il Morazzone realizzò alcune opere in Laterano e nella Basilica di San Pietro (andate perdute) ed un ciclo di affreschi nella chiesa di San Silvestro in Capite, di cui soltanto due sono arrivate ai nostri giorni.

Tornato nel 1598 nella sua terra d’origine l’artista eseguì un’importante decorazione nella cappella del Rosario in San Vittore a Varese. Poco dopo fu impegnato negli affreschi di  tre cappelle (Ecce Homo, la Condanna di Cristo e l’ Andata al Calvario) al Sacro Monte di Varallo e della cappella della Flagellazione al Sacro Monte di Varese.

In questa città il pittore ebbe l’occasione di entrare a diretto contatto con la pittura di Gaudenzio Ferrari (Valduggia, fra il 1475 e il 1480 – Milano, 1546), il cui influsso rimase un costante punto di riferimento per tutto il corso della sua carriera artistica. In tale periodo, realizzò un ciclo pittorico (olio su tela) per la chiesa parrocchiale di Arona e, quindi, collaborò insieme ad altri artisti nella realizzazione dei “Quadroni” della serie dei “Fatti della vita di San Carlo Borromeo” per il Duomo di Milano (1602-1603), in particolare su due opere con il Duchino (Ponte in Valtellina, 1560 – Milano, 1618), un pittore che aveva contatti con l’Accademia della Val di Blenio.

Più tardi (1605-1612) dipinse la “Pentecoste”, una tela che decorava il soffitto del Tribunale di Provvisione di Milano, attualmente custodita al Castello Sforzesco nella stessa città.

Tra il 1608 ed il 1613 l’attività dell’artista si spostò a Como, ove divenne molto prolifica. Qui vi realizzò la pala per la chiesa della Santissima Trinità (poi trasferita nella chiesa del Centro Cardinal Ferrari), la decorazione della volta della sagrestia dei Mansionari nel Duomo, la grande lunetta nella chiesa di San Giovanni Pedemonte in cui raffigurò “La caduta degli angeli ribelli” (attualmente nella pinacoteca civica), e le tele per l’ornamento di una cappella della chiesa di Sant’Agostino. Sempre nella stessa città dipinse il Gonfalone della Confraternita del Santissimo Sacramento e di Sant’ Abbondio in Duomo, testimoniato dal contratto curato da Giovan Pietro Odescalchi, Giovan Battista Borsieri e dal Canonico Quintilio Lucini Passalacqua. Per quest’ultimo, poco più tardi (probabilmente intorno al 1613), il Morazzone realizzò un pregiato scrittoio, attualmente conservato nel Museo del Castello Sforzesco. In questo periodo il pittore, che ormai aveva raggiunto una certa fama, fu citato anche in una poesia del famoso poeta napoletano Giovanni Battista Marino (Napoli, 1569 – Napoli, 1625).

Nel 1616 eseguì un ciclo di affreschi nella Cappella di San Carlo Borromeo nella collegiata di Borgomanero, dove è ubicata anche una sua tela con la raffigurazione di un “San Rocco”, e la Cappella della Porziuncola al Sacro Monte di Orta.

Nel 1617 realizzò la “Madonna del Rosario” per la Certosa di Pavia e il “San Carlo in Gloria” della chiesa di santa Maria della Noce a Inverigo.

Nel 1620 portò a compimento il ciclo pittorico nella Cappella della Buona Morte in San Gaudenzio a Novara.

Insieme a Giulio Cesare Procaccini ed al Cerano e realizzò il celebre “Quadro delle tre mani” (attualmente nella Pinacoteca di Brera a Milano).

Nell’ultimo periodo della sua attività artistica il Morazzone entrò negli ambienti della corte dei Savoia, per cui gli fu commissionata la decorazione di alcuni interni nel castello di Rivoli (portata a termine più tardi dall’apprendista Isidoro Bianchi) e la tela con la Provincia di Susa (oggi custodita nella Galleria Sabauda a Torino), che avrebbe dovuto far parte di un ciclo di dipinti realizzati da artisti milanesi: a tale impresa parteciparono anche Giulio Cesare Procaccini ed il Cerano.

Nel 1626, periodo del rinnovamento stilistico del Duomo di Piacenza, a cui avevano partecipato anche Ludovico Carracci e Camillo Procaccini, fu chiamato per la decorazione della cupola. A causa della morte dell’artista, avvenuto in quell’anno, il lavoro fu portato a compimento dal Guercino.

Due opere del Morazzone:

“Cristo deriso”, Collegio Corpus Christi, Valencia.

Resurrezione di Lazzaro, 1620.

Bibliografia

J. Stoppa, Il Morazzone, Milano 2003.

Il Morazzone, catalogo della mostra [Varese 1962], a cura di M. Gregori, Milano 1962.

Quintilio Lucini Passalacqua, Un mobile barocco ed altre curiosità di un erudito comasco del Seicento, a cura di Fabio Cani, Nodo Libri, Como 1989.

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