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Bartolomeo Cesi

Bartolomeo Cesi (Bologna, 16 agosto 1556 – Bologna, 11 luglio 1629)

Nacque da un’agiata famiglia bolognese e iniziò il suo percorso artistico nella bottega di Giovanni Francesco Bezzi conosciuto anche con l’appellativo del “Nosadella”. Aderì alla pittura del Tardo-Manierismo, come testimoniano i dipinti (1574) nella cappella Vezza in Santo Stefano a Bologna e gli affreschi a tema mitologico commissionati per il palazzo Bocchi.

Più tardi il Cesi fu influenzato dalla corrente toscana, più in linea con i suoi ideali ed assai vicina ai dettami del Concilio di Trento (Controriforma) che regolavano la rappresentazione delle immagini sacre. I consigli del cardinale Gabriele Paleotti, autore del Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582) contribuirono a rafforzare le sue nuove tendenze.

Il mutamento dell’artista si riscontra nel “San Benedetto” della chiesa di San Procolo, ove si evidenziano elementi naturalistici che si fondono con quelli di devozione cristiana.

Intorno al 1591 l’artista si recò a Roma per arricchire il suo linguaggio pittorico: Qui entrò in contatto con Scipione Pulzone che dette un ulteriore slancio alla sua pittura arricchendola con malinconici elementi religiosi, con nuovo cromatismo e con una più severa articolazione delle forme. Nello stesso periodo realizzò gli affreschi attualmente presenti alla Certosa di Maggiano,  gli affreschi nella cappella dei Bulgari bolognese e la pala dell’abside del Duomo di Siena (proveniente dalla stessa certosa di Maggiano).

Intorno al 1595 portò a compimento il trittico della “Adorazione dei Magi”, attualmente nella Basilica di San Domenico, e la “Vergine e Santi”.

Ultimo capolavoro del Cesi, con l’aiuto di Prospero Fontana (Bologna, 1512 – Bologna, 1597), è il coro della Cattedrale di Bologna e la sua cripta. In alcuni lavori  collaborò anche con Ludovico Carracci.

Alcune opere:

Calvario con la Vergine, San Giovanni Battista, San Marco e San Antonio.

Due uomini fiorentini, Uffizi, 1600.

Ciclo della Passione per la Certosa di San Girolamo di Bologna:

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