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Biografia e pittura di Botticelli
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Biografia e stile di Sandro Botticelli
Il S. Sebastiano e la filosofia neoplatonica
Nel 1472 il Botticelli aderì – insieme a Filippino Lippi, suo amico e figlio del suo primo maestro Filippo – alla confraternita della Compagnia di San Luca di Firenze.
A questo periodo viene riferito il San Sebastiano – 1473, tempera su tavola, 195×100 cm., attualmente a Berlino, Gemäldegalerie – già in Santa Maria Maggiore.
Nella composizione si evidenzia ancora l’avvicinamento del Botticelli alla filosofia dell’Accademia neoplatonica, iniziato già dal periodo della Fortezza [Santi, citazione pagina 85].
Nella cerchia dei circoli culturali fiorentini, frequentati anche dalla famiglia Medici, con la forte presenza di Agnolo Poliziano e Marsilio Ficino, la realtà quotidiana era intesa come principalmente integrata da due grandi principi: il divino e la materia inerte.
L’uomo deteneva così un rango privilegiato perché attraverso l’intelligenza e la ragione era arrivato alla contemplazione del divino. Tuttavia, se guidato soltanto dai propri istinti materiali, sarebbe anche potuto cadere verso livelli più bassi della sua condizione.
Botticelli nel San Sebastiano non si limitò ad enfatizzare la bellezza corporea ma volle elevare la figura del santo a mezz’aria, allontanandola così dalla mondanità. Inoltre la fece risaltare con una forte luminosità sullo sfondo avvicinandola al cielo e alla trascendenza.
Le Storie di Giuditta
Nelle Storie di Giuditta – un dittico del 1472, composto da due tavolette dipinte a tempera, probabilmente unite in origine – il Botticelli rappresentò un ulteriore esempio della lezione dei suoi maestri (Filippo Lippi, Antonio del Pollaiolo, Andrea del Verrocchio).
Nel primo riquadro (Scoperta del cadavere di Oloferne), infatti, si evidenzia il linguaggio del Pollaiolo nell’accesa energia dei toni cromatici, nell’incisiva modellazione dei personaggi e nel forza espressionistica dell’intero contesto.
La drammaticità e la violenza che si respira nella scena della scoperta del cadavere di Oloferne, che caratterizzano in pieno la prima tavoletta, sono totalmente assenti nella seconda dove un’idilliaco scenario, assai più vicino allo stile “lippesco”, racconta il Ritorno di Giuditta a Betulia. Qui le due immagini che vengono rappresentate appaiono serene ed inserite in una delicata paesaggistica, dove camminano a passi lenti ed incerti.
Per gli studiosi di Storia dell’arte non si tratta comunque della solita citazione del Botticelli dato che l’assai movimentato panneggio delle due figure testimonia un senso di ansia e nervosismo, lontano dal Lippi, come pure la malinconica espressione di Giuditta, che tiene la spada come avesse in mano una semplice bacchetta di legno.
Il dittico venne donato da un certo Rodolfo Sirigatti alla moglie del granduca di Toscana Francesco I de’ Medici, Bianca Cappello (Borghini, 1584).
L’opera rimase proprietà della famiglia de’ Medici e passò quindi al figlio Antonio, principe di Capiscano. Dal 1632 si trova esposta agli Uffizi di Firenze.
Uno stile ormai, quello del Botticelli, consolidato
Nel decennio Settanta-Ottanta il linguaggio pittorico del maestro si mostra ormai del tutto delineato. La sua produzione artistica si integra più tardi con temi filosofici e umanistici richiesti da importanti committenti, compresi quelli della famiglia Medici. Si apre così la stagione dei suoi grandi capolavori [Santi, citazione a pagina 9].
Biografia e pittura di Botticelli continua nella pagina successiva con “Vita artistica di Botticelli: la filosofia neoplatonica”
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