William Hogarth: Il banchetto (Soane’s Museum)
Ritorna al ciclo de “La campagna elettorale”
Sull’opera: “Il banchetto” è un dipinto autografo di William Hogarth, appartenente al ciclo di quattro tele intitolato “La campagna elettorale”, realizzato con tecnica a olio nel 1754, misura 101,5 x 127 cm. ed è custodito nel Soane’s Museum a Londra.
I candidati del partito denominato ‘Nuovo Interesse’ e i rispettivi faccendieri, identificabili dalle coccarde gialle, si sono riuniti in convivio in una locanda. Disposti attorno a due tavoli affiancati, uno rettangolare ed uno tondo, tredici convitati stanno in atteggiamenti che richiamano, in un certo qual modo, il Cenacolo leonardesco del convento di Santa Maria delle Grazie.
Iniziando da sinistra troviamo sir Commodity Taxem, il candidato più giovane (per il quale l’artista trasse ispirazione dal raffinato parlamentare Th Potter, deciso sostenitore di Pitt), che deve subire il bacio della tozza cameriera, mentre l’oste, forzando sulle loro teste per meglio avvicinarle, involontariamente da fuoco con la pipa alla candida parrucca del giovane politico, mentre una bambina gli sta sfilando l’anello dal dito.
La grossa bandiera, il cui acceso cromatismo domina sopra il già descritto gruppetto, reca il motto “Liberty and Loyalty”.
Il candidato più anziano sta dialogando (o forse soltanto passivamente ascoltandone le confidenze) con un ubriaco, dal volto pieno di graffi, che gli manda fumo della pipa negli occhi, e con un calzolaio che gli stringe la mano (azione, questa, che allude certamente al gruppo di Pietro, Giuda e Giovanni de “L’Ultima cena” del famoso refettorio milanese). Dietro di loro un tizio, abbastanza brillo, sembra che brindi alla bandiera, mentre la consorte riceve un presente elettorale (insieme ad un biglietto con chiare dichiarazioni amorose) da un ufficiale. Sempre scorrendo verso destra, segue un grasso reverendo, forse J. Cosserat dell’Exeter College di Oxford, che sembra soffrire il caldo a causa di uno scaldavivande che gli hanno messo davanti o per il pomposo pasto di cui rimangono soltanto gli avanzi. Dietro a lui, al centro della composizione, sta suonando l’orchestra ove domina l’anziana e cieca violinista Fiddlingham, famosa negli ambienti oxfordiani, che – certamente mancina – imbraccia il suo strumento con la destra. Sotto la donna, un suonatore di cornamusa che, approfittando di una pausa musicale, si gratta; sempre appartenenti al gruppo orchestrale, un contrabassista e un violinista che si chiede del vino a un conviviale, probabilmente a un nobile signore. Altri due, con davanti agli occhi una bottiglia di “Burgundy”, ridono delle smorfie d’un pupazzo che un invitato (sir J. ParnelI, nipote del poeta, che espresse all’artista il desiderio di essere ritratto, garantendo una sicura e consistente vendita di riproduzioni a Dublino) ha improvvisato avvolgendo il tovagliolo sul proprio pugno, figura essenziale per intonare la ballata “An OId Women Clothed in Grey”. Accanto all’improvvisato puparo, un certo Chalkstone, con un visibile sofferenza in volto (probabilmente a causa della gotta, come si evince dalla stampella alle sue spalle). Dietro al gruppo appena descritto si indovina, all’esterno, il tumulto dei sostenitori dell’altro partito, impennanti le scritte: “Marry and Multiply in / spite of the devil and the …” (che tradotto in italiano significa sposatevi e moltiplicatevi in barba al diavolo e al …:), un’efficace slogan atto a contrastare il ‘decreto matrimoniale’ del 1753, che di fatto abrogava le libere unioni “Liberty / and property and no excise” (libertà, diritto di proprietà e no tasse); sempre fuori, una caricatura col cartello ove si legge “No jews” (no ebrei) con la raffigurazione – probabilmente – del duca di Newcastle, che nel 1753 aveva lanciato la proposta di naturalizzare tutti gli ebrei residenti in Inghilterra. Tramite la finestra aperta la folla strepitante all’esterno lancia mattoni e sassi d’ogni calibro nella sala, ma vengono a loro volta ricambiati da getti d’acqua (o forse d’altro liquido) contenuta in un vaso da notte che un componente del ‘Nuovo Interesse’ rovescia dalla finestra. Come capotavola appare un buongustaio davanti ad un’esagerata quantità di ostriche, probabilmente il sindaco, che con lo stomaco ormai sotto pressione ha perduto conoscenza, e un barbiere che cerca di praticargli un salasso. Alle loro spalle un agente sta elargendo soldi per comprare il voto di un sarto metodista, che questi rifiuta, nonostante le incitazioni della consorte e del figlio, che gli ricordano le scarpe in pessimo stato. Il gruppo viene completato da gente armata di spade e bastoni, che sta uscendo dalla porta (forte richiamo alle raffigurazioni quattrocentesche del “Bacio di Giuda”.
In primo piano appare il segretario del partito che ha appena smesso di spuntare i voti sicuri (“‘Sure votes”) da quelli incerti (“Doubtfull”) perché ferito alla testa da un mattone lanciato da fuori. Sul pavimento, un ‘gorilla elettorale’, il pugile Teague Carter di Oxford, al quale un macellaio sta curando una ferita sulla fronte servendosi di una bevanda alcolica (forse gin).
Sotto i piedi del pugile appare una bandiera del partito opposto, sottratta ai sostenitori avversari, ove si legge: “Give us our / Eleven Days” (dateci i nostri undici giorni: un vero e proprio slogan di protesta contro la riforma del calendario del 1752, quando furono letteralmente cancellati undici giorni del mese di settembre). Un ragazzino sta mettendo a punto in un mastello un ridondante ponce, che richiama probabilmente quello approntato il 15 ottobre 1694 dentro una vasca da giardino, per conto dell’ammiraglio Russel.
Infine, nell’angolo in basso a sinistra, il quacchero Abel Squat con oggetti come guanti, cappelli, nastri e altri tipi di regali destinati alle signore, che sta leggendo – vistosamente perplesso – il biglietto con la scritta: “April 1 1754 I promise to pay to Abel Squat the Sum of Fifty pounds six months after date Value Re(ceived) Rich(ard) Slim” (1 aprile 1754 prometto di pagare a Abel Squat la somma di cinquanta sterline tra sei mesi …..).