Jean-Auguste-Dominique Ingres: Venere Anadiomene
Sull’opera: “Venere anadiomene” è un dipinto autografo di Ingres realizzato con tecnica a olio su tela probabilmente nel 1808 (rielaborato nel corso degli anni fino al 1848), misura 162,8 x 92 cm. ed è custodito nel Musée Condé a Cantilly.
Sulla tela compare la scritta “J. Ingres Faciebat 1808 et 1848”, che sta ad indicare l’anno in cui fu compiuta la prima stesura e l’anno della definitiva realizzazione. Non si può certamente pensare che l’elaborazione sia avvenuta per gradi nell’arco di quarant’anni ma, verosimilmente, la data 1848 è da interpretare come a ridosso di una corposa stesura. Tuttavia ci sono stati altri interventi intermedi, uno fra i quali nel 1821 a Firenze.
L’opera fu iniziata in previsione d’un “envoi de Rome’, impostata secondo le normali regole accademiche, e rimase per il periodo 1808-48 allo stato di abbozzo, sia pure con interventi differenziati nel tempo, per essere portata a compimento (un primo compimento!), su commissione di de Pastoret (1821) e di Le Blanc (1823, seconda rifinitura).
Come ci indica la seconda data, scritta sulla tela, l’opera ebbe un’ulteriore rielaborazione – a Parigi nel 1848 – per B. Delessert. Alcuni critici parlano, impropriamente, di Fr. Reiset, al quale effettivamente la tela andò, poco dopo, entro lo stesso anno. Nel 1879 il dipinto, insieme a tutta la collezione di Reiset, pervenne a Enrico Eugenio Filippo Luigi d’Orléans duca, d’Aumale (Parigi, 1822 – Giardinello, 1897).
Si conoscono le fonti iconografiche: la più significativa è la “Venere de’ Medici” (statua greca ellenistica in marmo), con particolari delle Veneri caste (almeno nella prima stesura, come testimonia un disegno custodito nel Musée di Montauban), dove tra l’altro – secondo Alazard – potrebbero essere intervenute altre idee affini alla “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli, probabilmente ammirata da Ingres durante il suo passaggio, 1805, a Firenze.
Nel corso di questi quaranta anni l’artista modificò anche la struttura cromatica.
A proposito della trasformazione dei valori coloristici, Amaury-Duval, nel 1825, scriveva: “Le ciel était d’un ton bleuâtre plutot que bleu: toute la figure avait cet aspect si attrayant de l’ébauche, les Amnours a peine indiqués, mais charmants …” e poi continuando con, con palese amarezza: “Depuis, qu’est-il arrivé? Aujourd’hui, le ciel est d’un bleu foncé, presque noir, sur lequel Venus se détache en lumière vive, et, quand je l’ai vue pour la première fois, le passage du ton du ciel à celui de la figure était a peine sensible. M. Ingres avait-il perdu cette naïveté qu’il me vantait, lorsqu’il acheva ce tableau commencé dans sa jeunesse?”.