Cimabue: Madonna con il Bambino in trono (Uffizi)
Descrizione e Storia dell’opera
Sull’opera: “Madonna con il Bambino, in trono”, è un dipinto autografo di Cimabue realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1285-86, misura 385 x 223 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
Descrizione e stile
L’opera è conosciuta anche con il titolo di “Madonna di santa Trinità”.
La stilizzata Madonna ha una stesura cromatica tenue e delicata in un articolato ma, allo stesso tempo, gradevole disegno. I panneggi hanno un’efficacissima brillantezza aurea alla maniera bizantina che ne affievoliscono il modellato.
L’espressione è soave ed armoniosa, ed i suoi occhi, sempre rivolti verso i fedeli, hanno uno sguardo tenero ed affettuoso. Sia la Madonna che il Bambino, in atto di benedire, esprimono grande forza e vitalità. Il trono è spazioso e maestoso e gli angeli che l’attorniano conferiscono all’insieme un’atmosfera solenne, ma alcuni di essi – soprattutto quelli al lato sinistro della Vergine – lasciano trasparire dal volto segnali di angoscia e di asprezza, come pure due dei profeti in basso (quelli centrali).
Lo stato di conservazione e il restauro
Lo stato di conservazione del dipinto non è buono ed il cromatismo è alquanto spento, mentre l’ultimo profeta a destra risulta molto danneggiato. L’oro è in più parti visibilmente ritoccato. In un antico restauro al supporto ligneo fu dato la forma quadrangolare anche nella parte superiore, a cui corrispondeva l’aggiunta di due angeli. La pregiata tavola fu riportata all’originaria forma intorno alla fine del XIX secolo e sottoposta a un severo restauro nell’ultimo dopoguerra.
La storia
Dalle Vite del Vasari (1568) si ricava che committenti furono i monaci di Vallombrosa che la chiesero per l’altare maggiore della Chiesa di Santa Trinità. Nel XV secolo (intorno al 1469-70, o forse poco dopo), per essere sostituita dalla Trinità di Alessio Baldovinetti (Firenze, 1425 – Firenze, 1499), venne spostata su un altare laterale, e quindi trasferita nell’infermeria del monastero di Santa Trinità. Ad inizio Ottocento l’opera si trovava presso l’Accademia, ove vi rimase fino al 1919, anno in cui pervenne alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Per quanto riguarda l’autografia di Cimabue, generalmente gli studiosi della storia dell’arte sono concordi nell’assegnarla all’artista, a partire dal Billi e dal Vasari.