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Sacra conversazione degli Ingesuati di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Sacra conversazione degli Ingesuati

Domenico Ghirlandaio: Sacra conversazione degli Ingesuati
Domenico Ghirlandaio: Sacra conversazione degli Ingesuati, 1484-86 circa, tempera su tavola, cm. 191 X 200, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Sull’opera: “Sacra conversazione degli Ingesuati” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola di quercia intorno agli anni 1484-86, misura 191 x 200 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

 In origine la presente composizione era ubicata sull’altare maggiore della chiesa degli Ingesuati (Convento di San Giusto alle Mura di Firenze), subito fuori dalle mura della città, dove venne ammirata nel 1510 anche dall’Albertini.

La pala fu eseguita in occasione della totale riorganizzazione dell’impianto decorativo della chiesa, a cui partecipò anche Pietro Perugino, fiorentino d’adozione, con tre tavole (Orazione nell’orto, Crocifissione e Pietà) attualmente custodite nella Galleria degli Uffizi.

La chiesa venne demolita durante l’assedio di Firenze del 1529. Le opere furono trasferite nel convento di San Giovanni Battista della Calza, dove furono ammirate da Giorgio Vasari sugli altari laterali. L’opera, priva di predella, si trova nella Galleria degli Uffizi dal 1853.

La struttura compositiva piramidale della tavola, una sacra conversazione, che era negli ultimi decenni del secolo ormai già ben consolidata fra gli artisti dell’ambiente fiorentino, ricorda la quella della Pala di San Marco (1438-1440 – Museo di San Marco a Firenze) di Beato Angelico (Vicchio, 1395 circa – Roma, 1455).

Anche qui, come nella Sacra conversazione di Monticelli, la scena si svolge su una terrazza con al centro il sacro gruppo su di un fastoso trono in marmo, ai cui lati appaiono quattro angeli.

La rappresentazione del dettaglio decorativo – tra cui segnaliamo il fregio con rilievi aurei arricchiti da perle (simbolo di purezza), la volta con i suoi rosoni ed i sostegni laterali a forma enormi candelieri – merita particolare attenzione.

Sul manto della Madonna spicca la stella ricamata, da sempre simbolo della grazia divina conferita alla Vergine, nonché richiamo alla cometa che servì da guida ai Magi per l’arrivo sul luogo della Natività. Anche qui il Bambino è paffuto e in atteggiamento benedicente, ma recante una sfera di cristallo su cui è piantata una croce aurea perlata, simbolo del suo dominio sul mondo.

Ai lati compaiono quattro santi disposti su piani prospettici diversi, identificabili in: l’arcangelo Michele (in piedi a sinistra), vestito con un’armatura e l’arcangelo Gabriele (in piedi a destra) con il giglio. In primo piano, inginocchiati, stanno due vescovi, di straordinaria fattura nella diversa resa dei particolari, come complessa e pianeta, la morbida barba e l’articolata struttura della tunica. Le loro identificazioni sono confermate dalle raffigurazioni sulla predella realizzata dal fratello dell’artista, David: San Zanobi e San Giusto di Volterra (da non confondere con il santo martire), titolare della chiesa.

Della pala in esame, come appena sopra accennato, esiste una predella costituita da cinque riquadri, attribuita al fratello David e – smembrata – conservata in diversi musei internazionali: il Detroit Institute of Arts, il Metropolitan Museum di New York e la National Gallery di Londra.

Qui sotto sono riportate quattro delle cinque raffigurazioni della predella:

Caduta degli angeli ribelli Detroit Institute of Arts, Detroit.

Miracolo del pane dei santi Giusto e Clemente, National Gallery di Londra.

Trasferimento del corpo di san Zanobi, Metropolitan Museum, New York.

Sposalizio della Vergine Metropolitan Museum, New York.

Arcangelo Raffaele e Tobiolo Metropolitan Museum, New York.

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