Lorenzo Lotto:Pala della Trasfigurazione (Recanati)
Sull’opera: “La Trasfigurazione” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, un elemento della “Pala della Trasfigurazione a Recanati”, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1510-12, misura 300 x 203 cm. ed è custodito nella Pinacoteca Comunale di Recanati.
L’intero ciclo, cioè la “Pala della Trasfigurazione a Recanati”, viene citata nelle “Vite” (1568) del Vasari che l’ammirò a Recanati nella chiesa di Castelnuovo. La descrizione vasariana comprende anche la predella (purtroppo andata perduta in un periodo imprecisato) “con tre storie di figure piccole… quando Cristo mena gli apostoli al monte Tabor, quando era nell’orto e quando ascende al cielo”.
La tavola principale, quella raffigurata nella presente pagina, rimase in tale chiesa fino al 1890. Anche gli scomparti laterali andarono perduti ma vennero – con certa sicurezza – i identificati con il “Cristo che conduce gli apostoli al monte Tabor” (olio su tavola di 29 x 59 cm., Ermitage, Leningrado) e con la “Assunzione” (olio su tavola di 27 x 58 cm., Pinacoteca di Brera, Milano). A proposito di quest’ultima non si capisce perché il Vasari, riferendosi a questa, avesse parlato di “Ascensione”.
La cronologia della pala ha suscitato nell’arco dei secoli accese discussione fra gli studiosi di storia dell’arte. Il Ricci (1894) ed il Giannuzzi (“NRM” 1894) la riferivano intorno al 1526, ma il Berenson (1895), con l’approvazione di molti altri eminenti studiosi, la collocò a ridosso del soggiorno romano dell’artista, assai vicino alla realizzazione della Deposizione (pagina successiva), firmata e datata nel 1512.
Il Pallucchini accettò tale datazione con una piccola riserva, ovvero, che non fosse superato il tardo 1912 dal momento che esistono documentazioni da cui si ricava che il Lotto fosse a Bergamo già dal dicembre dello stesso anno.
LA TRASFIGURAZIONE
L’opera è firmata con la scritta “Laurentius Lotus”. Si trova nella Pinacoteca Comunale di Recanati dal 1890, quando venne restaurata dal Centenari (fonte: Zampetti nel “L. Lotto nelle Marche”, ed. 1953).
Nella seconda metà del secolo scorso subì un altro restauro, che ha rivelato l’ottima qualità della stesura pittorica. Secondo la maggior parte della critica, la tavola in esame è senza dubbio uno dei dipinti più affascinanti – ma allo stesso tempo, sconcertanti – del Lotto. Si evidenzia un forte contrasto tra lezione raffaellesca, presente in ogni parte della composizione, e la volontà di sovvertire la stessa in una patetica irruenza che trasfigura l’armonia dell’intera struttura compositiva di tipo classico, soprattutto nella spazialità che qui perde di profondità, fino a diventare rarefatta e bidimensionale.