Piero della Francesca: Madonna del parto
Sull’opera: “Madonna del parto” è un affresco autografo di Piero della Francesca, realizzato intorno al decennio 1455 – 1465, misura 260 x 203 cm. ed è custodito nella Cappella del Cimitero di Monterchi (Arezzo).
La tematica di questo affresco risulta alquanto rara nella storia dell’arte italiana, contrariamente alla pittura spagnola nella quale si incontra spesso la “Virgen de la Esperanza” con il bambino in grembo.
In un’opera in rilievo di Bartolomeo Buon (eseguita intorno al 1450, custodita al Victoria and Albert Museum di Londra), si riscontrano insieme, sia motivi della “Madonna della Misericordia” che quelli della “Virgen de la Esperanza”.
Il dipinto, che costituiva la simulazione dell’abside della cappelletta, venne accuratamente distaccato dall’originale supporto nel 1911.
Qualche anno dopo fu sottoposto a un accurato restauro e, dal 1919 al 1925, fu sistemato nella Pinacoteca di Sansepolcro, quindi fece ritorno alla sede di origine. Qui incominciò ad essere venerato a tal punto dalle donne in stato interessante, che un sindaco di Monterchi non volle prendersi la responsabilità di concederlo ad un’importante rassegna fiorentina del 1954, in previsione di probabili reazioni popolari se, durante l’assenza, fosse capitato qualche grave contrattempo relativo al parto.
Per quanto riguarda l’autografia, questa venne accolta all’unanimità dagli studiosi di Storia dell’arte con le sole perplessità del Berenson (1897) e di Adolfo Venturi (1911), i quali l’attribuirono a Lorentino d’Arezzo.
Effettivamente, paragonando il presente dipinto con tutti gli altri realizzati dall’artista, si evidenziano in esso le nette profilature delle forme, mai così palesate. Intanto, molti studiosi – tra i quali alcuni sostenitori dell’autografia – non escludono sporadiche collaborazioni nella stesura di alcune parti secondarie.
Sta di fatto che l’aureola della Vergine incinta, indica ancora una volta la netta specularità , già espressa da Piero in altre raffigurazioni, tra le quali i santi “Sebastiano e Giovanni Battista”.
Per la cronologia, l’ipotesi più veritiera potrebbe essere quella avanzata dal Longhi, secondo il quale si dovrebbe aggirare intorno al quinquennio 1450-55, periodo in cui il pittore realizzò degli affreschi aretini.