Descrizione e storia del dipinto
Sull’opera: “Madonna con il Bambino in trono, quattro angeli e San Francesco” è un affresco di Cimabue, realizzato nel 1278-80, misura 340 x 320 cm. ed è custodito nella chiesa Inferiore di San Francesco (transetto destro), ad Assisi.
Un’opera molto dibattuta nel corso dei secoli
Partendo dalla zona bassa, a destra, il presente riquadro costituisce la prima composizione degli ornamenti della volta a botte. Secondo gli studiosi si tratta sicuramente di uno dei dipinti di Cimabue tra i più dibattuti per le grandi ‘problematiche’ che si sono mantenute nell’arco dei secoli.
L’autografia di Cimabue e i rifacimenti
Per quanto riguarda l’autografia dell’opera (quella di origine, cioè di prima stesura con relative rifiniture) gli esperti sono unanimemente d’accordo nell’attribuirla all’artista. Per ciò che investe la cronologia e lo stato generale dell’affresco, però, le accese controversie sembrano non finire più. Infatti, in seguito agli interventi eseguiti nella seconda metà del Novecento da parte dell’Istituto Centrale del Restauro, è apparso più di quanto non si pensasse, pesantemente compromesso da improprie ridipinture. Certamente è noto il restauro del pittore pisano Guglielmo Botti (nato nel 1829), elogiato dal Cavalcaselle (1864) e fermamente criticato dall”Aubert (1907) perché ne avrebbe “abbellito” un po’ troppo la stesura pittorica.
Altri interventi
Purtroppo – pare – l’affresco non subì soltanto il “rifacimento” ottocentesco di cui sopra accennato. Il direttore della Biblioteca Comunale di Assisi, padre Pasquale Palumbo, sosteneva di avere scoperto un documento (non pubblicato, e mai più ritrovato, per la prematura scomparsa del religioso) da cui si sarebbe ricavato che già nel XVI secolo il dipinto fu sottoposto ad interventi – seppur semplici ritocchi – del pittore Guido da Gubbio.
Le attribuzioni a Cimabue dal 1570 ad oggi
La prima attribuzione a Cimabue, avanzata da fra’ Ludovico da Castello, risale a circa il 1570 (fonte: Cristofani in “BU”, 1926). Al frate seguì il Ranghiasci (fonte: prefazione di C. Fea nella pubblicazione, nel 1820, di uno scritto dello studioso: “Descrizione ragionata della sagrosanta patriarcal basilica e cappella papale di S. Francesco”) e successivamente da tutti i più esperti critici. Tuttavia non mancano i diffidenti, tra i quali ricordiamo Wickhoff (1839) e Langton Douglas, quest’ultimo segnalato da Cavalcaselle e Crowe nel 1903, che vi rileva la mano di pittori della scuola senese.