Dipinti per la Merced Calzada a Siviglia di Francisco Zurbarán
Sull’opera: “Dipinti per la Merced Calzada a Siviglia” è un ciclo pittorico di Francisco Zurbarán realizzato con tecnica a olio su tele intorno al 1629-30 (o forse più). Il complesso fu smembrato ed alcune opere andarono disperse, mentre altre si trovano presso i vari musei.
Descrizione e storia
Il presente ciclo determinò il trasferimento dell’artista, che dovette spostarsi da Llerena a Siviglia.
Il contratto, datato 23-08-1628 e stipulato con fra’ Juan de Herrera, priore del convento mercedario (poi trasformato nel Museo de Bellas Artes), prevedeva la realizzazione entro dodici mesi di ventidue tele con le storie di san Pietro Nolasco (fondatore di quell’Ordine), destinate alla decorazione del chiostro piccolo.
Poiché su una delle tele è riportata la data (1630), è verosimile pensare che il ciclo, nonostante l’impiego di aiuti, fosse stato portato a compimento in tempi più lunghi.
Ai lavori partecipò probabilmente Francisco Reyna, come lascia supporre una descrizione manoscritta [in Palomino e Ponz] delle opere del convento, datata 1732.
La tela del 1630, comunque, risultava integrata con dipinti non contemplati nel contratto, ovvero: diverse figure di dottori (undici secondo Ceàn) dell’Ordine mercedario (per Guinard da assegnare al periodo 1630-35, in cui compaiono un monaco dell’Ordine, fra’ Jeronimo Perez, fra’ Pedro Machado, fra’ Francisco Zumel, fra’ Hernando de Santiago, fra’ Pedro de Oña, un vescovo, un altro monaco mercedario), il San Serapione (1628) e alcuni martiri dello stesso ordine.
Il complesso pittorico fu smembrato prima degli eventi politici e sociali che portarono alla rivoluzione francese. Varie raffigurazioni di Dottori furono portate via da Manuel Godoy per arricchire la propria collezione a Madrid.
Alcune storie di san Pietro Nolasco furono vendute dagli stessi religiosi a persone o organizzazioni non identificabili; infine, le rimanenti tele andarono perdute in seguito alla secolarizzazione del convento, avvenuta nel 1835.
Oltre alle opere autografe di Zurbarán a noi pervenute, riferite al presente complesso pittorico ed quelle certamente documentate (di cui si si fa l’elenco qui di seguito), rimane da ricordare una Professione di san Pietro Nolasco che passò per la vendita (1860) di Lopez Cepero, mancante purtroppo di altre notizie.
Nella sopracitata descrizione del 1732 sono inoltre riportati: otto Fondatori (formato ovale) di Ordini a mezzo busto negli angoli del chiostro; un san Pietro Nolasco che visita la tomba di san Raimondo Nonnato, attribuito a Francisco Reyna.
Un’altra tela, che Guinard ipotizzava legata al San Raimondo di Peñafort.
Lo studioso si riferiva sicuramente allo stesso ciclo di quattro storie di san Pietro Nolasco custodite nella cattedrale di Siviglia, che lui stesso attribuiva a Reyna, e cioè: il “Miracolo della Vergine”, il “Miracolo della barca”, la “Morte di san Pietro Nolasco” e “San Ferdinando che consegna una statua della Vergine”.
Qui di seguito sono elencate le opere
Nella sala De Profundis
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IL BEATO SERAPI0NE, Hartford, Wadsworth Atheneum, 120 X 103, anno 1628. Sul cartiglio posto a destra si legge: “B. Serapius. Franco de Zurbaràn fabt. 1628″. In origine si trovava nella sala De Profundis (cosi chiamata perché in essa vi si esponevano i monaci defunti prima della sepoltura) a un lato della porta del refettorio. Nella parte opposta si trovava il suo pendant (opera successiva, andata perduta), anch’essa raffigurante un monaco mercedario. Probabilmente identificabile con il dipinto di ugual tema (ma con misure leggermente diverse: 115 x 92 cm.) elencato nei depositi dell’Alcazar nel 1810. Guinard ipotizzò però che tale registrazione fosse riferita ad un’altra versione, proveniente dalla Merced Descalza, le cui tele si pensa siano passate tutte all’Alcazar. L’opera, comunque, appartenne fino al 1832 a Julian Williams, console inglese a Siviglia. Più tardi passò al londinese Richard Ford, alla cui vendita – svolta nel 1836 – fu acquistato da Montagne John Cholmeley (Easton Hall, Grantham) e quindi, nel 1947, dalla collezione newyorkese Koetser, dalla quale pervenne alla sede attuale. Trattasi di uno dei più importanti dipinti della produzione giovanile di Zurbarán.
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MONACO MERCEDARIO, anno 1628 (?) Pendant del Beato Serapione: già alla fine del Settecento non risultava più in loco.
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Altro MONACO MERCEDARIO, Madrid, Rumeu de Armas-Cruzat, 68X55, anno 1628. Nel 1905 apparteneva al marchese di Casa Argudin a Madrid. Registrato da Scria come probabile pendant del Beato Serapione, con ritratto lo stesso modello.
Nella chiesa
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BUSTO DI SANTO anni 1628-30(?). Le antiche fonti parlano di due composizioni con lo stesso tema appese ai pilastri vicino l’altare: pare che non siano identificabili con nessuna delle opere note di Zurbarán.
Nel Chiostro piccolo
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VISIONE DELLA GERUSALEMME CELESTE, Madrid, Museo del Prado, 179 X 223, anno 1629. La tela fu venduta dagli stessi frati a Lopez Cepero che più tardi (1821) !a cedette a Ferdinando VII. Guinard evidenziò come la strutturazione dell’angelo, “robusto ragazzo, un po’ rustico”, si stesse affinando nella produzione successiva del pittore.
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APPARIZIONE DI SAN PIETRO CROCIFISSO A SAN PIETRO NOLASCO, Madrid, Museo del Prado, 179 X 223, anno 1629, firmato e datato in basso al centro: “FRANCISCVS DE ZVRBARAN / FACIEBAT 1629”. Le vicende dstoriche sono le stesse della VISIONE.
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SAN PIETRO NOLASCO CON TRE GENTILUOMINI, (conosciuto anche come il Ritrovamento dell’immagine della Vergine del Puig), Dallas, Stewart (notizia del 1970), 171 X 212, anno 1630. L’opera si trovava, nel 1838, nella Galene espagnole del Louvre. Passò alla collezione Drax di Londra tramite la vendita delle collezioni di Luigi Filippo avvenuta nel 1853 e quindi, nel 1935, alla collezione Seligmann a New York. Nel 1944 approdò alla International Studio Art Corporation della stessa città, dal quale pervenne a Stewart.
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RITROVAMENTO DELL’IMMAGINE DELLA VERGINE DEL PUIG, Cincinnati, Art Museum, 164 X 208, anno 1630. Firmato e datato in basso a sinistra con la scritta “FRANco DE ZURBA[RAN] FAT./1630″. Sarebbe stata tagliata una fascia di 15 cm nella parte superiore e 7,5 cm. per ogni lato [Soria]. Apparteneva a Luigi Filippo, alla cui vendita, svoltasi nel 1853, fu acquistato da Pearce. Alla vendita di quest’ultimo (1872) passò a Myers. Nel 1915 apparve alla vendita Crews (1915) dalla quale passò a Sulley che ne fece dono nel 1917 all’Art Museum di Cincinnati.
Nella Sala de Laminas
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SAN JERÓNIMO CARMELL, Siviglia, Museo Provincial de Bellas Artes, 194 X 110, anno 1630. La tela reca la scritta: “S. CARMELO OBISPO DE TE/RVEL”. Pendant del prossimo dipinto, con cui pervenne nel 1836 nell’attuale museo. L’appartenenza delle due tele al ciclo della Merced Calzada fu dimostrata Guinard [“AEA” 1947].
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SAN JERÓNIMO CARMELL, Madrid, Chiesa di santa Barbara, 211 x 124, anno 1630 (si veda la precedente opera).
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SAN PEDRO PASQUAL, Siviglia, Museo Provincial de Bellas Artes, 194 X 110, anno 1630. In alto sulla destra si legge: “SAN PASQUAL / OBISPO DE JAEN” (si vedano le due opere precedenti).
Nella Biblioteca
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MONACO MERCEDARI0, Madrid, Academia de San Fernando, 204 X 122, anno 1633. L’opera apparteneva certamente sicuramente, con le prossime quattro tele qui elencate, al ciclo Merced Calzada. Tutti e cinque i dipinti vennero requisiti durante l’invasione francese dal ministro Godoy a suo personale beneficio. Pervennero all’Academiade san Fernando nel 1816.
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FRA’ JERONIMO PEREZ, Madrid, Academia de San Fernando, 204 X 122, anno 1633. In alto a destra si legge “M[aestr]o F[ray] GERONIMO PEREZ”.
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FRA’ FRANCISCO ZUMEL, Madrid, Academia de San Fernando, 204 X 122, anno 1633. In alto a destra si legge “M[aestr]o F[ray] FRANCISCO ZUMEL”.
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FRA’ PEDRO MACHADO, Madrid, Academia de San Fernando, 204 X 122, anno 1633. In alto a destra si legge “M[aestr]o F[ray] PEDRO MACHADO”.
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FRA’ HERNANDO DE SANTIAGO, Madrid, Academia de San Fernando, 204 X 122, anno 1633. In alto a destra si legge: “M[aestro] FR[AY] FERMANDO DE S[AN]TIAGO DE ORO VERA EFIGIE”.
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FRA’ PEDRO DE ONA. Siviglia, Ayuntamiento, 200 X 116, anno 1633. In alto a destra si legge: “D[on] F[ray] PEDRO DE ONA / OBISPO DE GAETA”. Concordemente ritenuto appartenere al ciclo in esame. Lo scoprì il marchese di Lozoya nel 1951 nel convento delle monache mercedarie a Siviglia. Pervenne tramite acquisto al municipio locale e quindi al Museo de Bellas Artes fino al 1959, anno in cui entrò nell’attuale sede.
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VESCOVO MERCEDARIO, Pau, Musée des Beaux-Arts, 190 X 115, anno 1633. II riferimento al ciclo lo ipotizzarono Soria e Guinard. In precedenza faceva parte della collezione La Caze e dal 1872 si trova nel museo attuale. Sul dorso di un libro sul tavolo si legge: “Biblia Sacra”. Molteplici sono le ridipinture, in parte rimosse nel corso del restauro del Louvre nel 1955.
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MONACO MERCEDARIO, anno 1630-35. In precedenza apparteneva alla collezione del marchese de Martorell. L’opera fu pubblicata da Mayer [“ZBK” 1927-28]. L’identificazione di appartenenza al ciclo in esame l’avanzò Guinard, che giudicava l’opera interessante anche se di differente qualità pittorica, probabilmente a causa di un improprio restauro.