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La biografia di Salvator Rosa

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Salvator Rosa nasce a Napoli intorno al 21-22 luglio del 1615 dall’avvocato Vito Antonio de Rosa.

Autoritratto, cm. 115 x 92, National Gallery di Londra.

Ancora in tenera età, viene mandato da suo padre nel convento dei padri Somaschi per essere iniziato alla carriera ecclesiastica, che avrebbe potuto servirgli, in alternativa, anche per la carriera di avvocato.

Durante questo periodo, lo zio materno, vedendo che il giovane manifesta un evidente interessamento per l’arte, gli insegna le prime rudimentali nozioni di pittura e poi lo consiglia di fare pratica in una bottega di un buon pittore.

Salvatore incomincia a frequentare la bottega di Aniello Falcone (la cui influenza si avvertirà nelle sue prime opere) e quella e di Jusepe de Ribera.

Erminia incide il nome di Tancredi, cm. 143 x 176, Galleria Estense, Modena.

A 17 anni, mentre è ancora nella fase di apprendistato da Aniello Falcone, gli muore il padre. Essendo la bottega di Falcone molto frequentata, ben presto personaggi influenti del mondo artistico riconoscono in lui un grande futuro; il pittore Lanfranco, vedendo il suo talento, gli consiglia di recarsi a Roma per qualche anno a frequentare gli ambienti più caldi della pittura.

Gli anni 1634 – 35 lo vedono interessato alla Scuola dei Bamboccianti ma ben presto rinnegherà quel linguaggio pittorico. In questo periodo, dedicandosi anche alla coreografia di alcuni spettacoli carnevaleschi, in collaborazione con Claude Lorrain e Pietro Testa, conosce ed ha alcuni scambi di opinioni tecniche con il direttore, nella figura del Bernini.

Ritornato a Napoli, Salvator Rosa, inizia a realizzare quadri con tematica e stile rinnovati e lontani da quelli dei Bamboccianti: scene di avvenimenti alquanto turbolenti che, in un certo senso anticipano il tema romantico. Avendo necessità di auto-sussistenza vende, suo malgrado, queste opere a cifre irrisorie rimanendo all’ombra dei grandi pittori napoletani del suo periodo, cioè Caracciolo, Ribera e Corenzio.

Nel 1638 viene chiamato a Roma dal cardinale Francesco Maria Brancaccio, il quale, essendo stato da poco nominato vescovo di Viterbo, lo porta con sé in quella cittadina per la realizzazione della sua prima opera sacra, nella chiesa Santa Maria della Morte. Qui Salvatore conosce il poeta Abati, con il quale stringe amicizia, che incoraggia le sue nascoste attitudini poetiche.

Nel 1639, su esplicito invito del cardinale Giancarlo de’ Medici, ritorna a Firenze per un periodo abbastanza lungo (1639 – 1647).

Insieme a pittori, letterati e poeti, promuove l’”Accademia dei Percossi”, influenzando con il suo linguaggio pittorico molti pittori della zona. Partecipano attivamente all’Accademia anche Lorenzo Lippi – come lui poeta-pittore – e, Ugo e Giulio Maffei. Il primo lo incoraggia a scrivere il poema “Il Malmantile Riacquistato”, i secondi lo portano a Volterra invitandolo a comporre alcune satire: Pittura, Musica e Poesia. Nel periodo volterriano realizza un suo autoritratto, attualmente custodito agli Uffizi di Firenze.

La Fortuna, cm. 198 x 133, J. Paul Getty Museum, Malibù.

Salvator Rosa è già un pittore molto conosciuto ed apprezzato e, avendo ormai superato l’esperienza dei Bamboccianti, la sua pittura ha delle tematiche grandiose con scene di battaglia (Battaglia eroica, Louvre di Parigi), altre con toni allegorici (La Fortuna custodito al Paul Getty Museum) ed altre con temi a carattere esoterico (“Streghe e incantesimi” Lord Spencer, Althorp House).

Oltre ad avere un vivace ed eclettico senso pittorico, che lo distingue dagli artisti del suo periodo, si esprime nella musica, nella recitazione e nella poesia.

Una nota dolente della sua vita, è la partecipazione, a Napoli, alla “Compagnia della Morte”, un’associazione nata per “uccidere” persone di nazionalità spagnola per “vendicare” la morte di un compagno. Non si conosce però il suo ruolo nell’organizzazione.

Paesaggio con soldati e cacciatori, cm. 142 x 193, Louvre, Parig

BDopo la dissoluzione della “Compagnia della Morte”, in occasione dell’arrivo degli austriaci nella città, Salvatore scappa e si rifugia a Roma.

In questo soggiorno realizza opere con nuove tematiche, alcune dal gusto prettamente classico (La morte di Socrate), altre a sfondo mitologico (Humana Fragilitas, cm. 186 x 133 custodito nel Museo Fitzwilliam di Cambridge) ed altre paesaggistiche. Morirà il 15 dicembre del 1673 a Roma ed avrà sepoltura in Santa Maria degli Angeli.

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